Il Teknival Space Travel, il rave party abusivo che si tiene da giorni tra Toscana e Lazio, e la documentazione del fallimento educativo dell’Occidente benestante
Un ragazzo morto annegato, forse un secondo ma non ancora accertato, due stupri, alcuni giovani ricoverati in coma etilico, un positivo al Covid (quindi possibile focolaio di contagi perché nessuno indossa mascherine e rispetta distanze di sicurezza), cani morti abbandonati al sole. Sarebbero stati uccisi a bastonate dai partecipanti stessi al rave.
Ma anche un parto, la nascita di una bambina. Sembra lo scenario di un film apocalittico, o una di quelle serie televisive con protagonisti gli zombie. È invece il modo di “divertirsi” dei ragazzi di oggi. È il rave party abusivo, cioè fuorilegge come sempre nella tradizione di questi eventi, che si sta tenendo da giorni al confine tra Lazio e Toscana, nel viterbese, sulle rive del lago di Mezzano.
Sono arrivati in migliaia da mezza Europa (almeno 8mila persone), con l’usuale tam tam dei social per darsi appuntamento in modo che le autorità non ne siano a conoscenza (viene da chiedersi che cosa facciano gli addetti delle forze di sicurezza addetti a monitorare i social proprio per scoprire azioni legate al terrorismo, alla criminalità etc.).
I rave party sono momenti di “libertà selvaggia”: tende, sacchi a pelo, nudità, sesso libero e soprattutto droghe, tante droghe a disposizione. È probabile che Gianluca Santiago, 24 anni, che si è tuffato nel lago e non ne è più riemerso avesse fatto il pieno di queste sostanze. Così come l’altro giovane che sarebbe morto di infarto, ma non se ne ha certezza, tanto è il caos delirante dell’evento.
Durante un rave party la musica industrial e techno, un ripetitivo bum-bum-bum senza alcuna melodia, risuona a volumi inascoltabili, violentissimi, 24 ore su 24. Nonostante la morte, il rave party è proseguito tranquillamente. Si legge su Repubblica di una famigliola olandese, padre, madre e figlio di 3 anni che informati da un giornalista della notizia della morte del ragazzo, hanno alzato le spalle e si sono diretti verso il camper che vende salsiccia. “Due acidi, una botta di ketamina. Non so neanche da quanto sto qui”, fa un tipo alto e corpulento al vicino. Che risponde così: “L’altra volta sono tornato a casa come un cane. Stavolta faccio il bravo”.
Tutt’intorno al devastante scenario, turisti in fuga dagli agriturismi. Le forze dell’ordine si limitano a stare agli ingressi impedendo nuovi arrivi, ma non possono allontanare le migliaia di zombie che qui si aggirano. “Sarebbe troppo pericoloso”, dicono, “ci vorrebbe un esercito per mandarli via”. Inutile dire che il proprietario dei terreni è furioso per questa sorta di “esproprio proletario”.
Il rave party illegale sta provocando gravissimi danni all’ambiente e all’agricoltura. Fagiani, cormorani, caprioli, animali solitamente tenuti liberi al pascolo, un intero ecosistema che rischia di essere pesantemente danneggiato.
Tutto questo per cosa? Per la cultura dello sballo per lo sballo e a farsi benedire ogni presupposto ideologico che era alla base di tutto. I rave party nascono con il concetto di “festa libera” dove l’ingresso e le esibizioni sono gratuite, e come ideologia dell’occupazione di spazi privati. Così era in America a fine anni 80 dove i giovani occupavano per una notte spazi industriali abbandonati. Creare insomma una zona libera da influenze economiche, divieti, dai tempi della società civile, in cui la musica (musica?) può andare avanti per interi giorni, una zona ottenuta mediante la pratica dell’occupazione e regolata attraverso la possibilità di accedervi liberamente. L’organizzazione di questi eventi non riconosce, e spesso contesta, la legalità come limite applicabile alla propria possibilità di articolazione e le forme di socialità offerte e comunemente imposte. Ma la motivazione più palese è sempre più diventata l’uso massiccio e libero, per pochi euro, di sostanze stupefacenti e alcolici per arrivare a un livello di stordimento totale. Non c’è nulla di bello, di sano, di rilassante, di piacevole, nello stare per giorni nello sporco, con la testa stordita da musica che è solo rumore, a godere di rapporti sessuali nella polvere e nel fango, stuprare, ammazzare gli animali. A questo siamo arrivati predicando la libertà assoluta. Davanti a una società che imbruttisce l’essere umano con i ritmi forsennati del lavoro, le metropoli anonime-dormitorio, siamo capaci di rispondere solo con altrettanto imbruttimento.
Se si pensa alle immagini dei campi profughi sparsi nel mondo, dove la gente fuggita di casa dalle guerre, dalle violenze, vive nelle stesse condizioni per disperazione e non per qualche giorno di rimbambimento, appare evidente come il mondo occidentale è ormai depositario del nulla assoluto, dove i figli della nostra società ricreano quelle condizioni per annebbiarsi il cervello. Non pensare, ridursi a zombie, annichilirsi, confessare in modo inconscio il proprio essere zero è la cultura che abbiamo lasciato ai nostri figli. “Che orrore” dice qualcuno di loro mentre si allontana in anticipo dall’inferno del lago di Mezzano. Come sono lontani i giorni di cinquant’anni fa dove, a Woodstock, si festeggiavano tre giorni pace & amore all’insegna, quella sì, della bella musica. A Woodstock c’erano quasi un milione di persone. Non morì nessuno e nessun cane fu bastonato a morte. C’era fango sì, ma si rideva e si gioiva. Chi ha ucciso la bellezza?
Fonte: Paolo VITALIS | IlSussidiario.net