Uno strumento prezioso per assicurare la crescita personale e lo sviluppo della società. Intervista con il banchiere Giuseppe Ghisolfi
Il cuneese Giuseppe Ghisolfi è “l’eroico pioniere dell’educazione finanziaria e al risparmio”, come lo ha definito il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli. Egli è vicepresidente e tesoriere del Gruppo Europeo delle Casse di Risparmio ESBG e Consigliere di amministrazione dell’Istituto Mondiale WSBI, unico rappresentante per l’Italia. Ha trascorso 41 anni alla Cassa di risparmio di Fossano (21 da presidente); ha insegnato presso le scuole medie; e anche diretto il Tg4 di Telecupole, l’emittente di Cavallermaggiore.
Per i tipi di Aragno ha pubblicato Manuale di educazione finanziaria, Banchieri e Lessico finanziario. I lettori di Tempi lo avevano già conosciuto grazie a questa intervista. Ha un motto molto efficace: “Se non ti occupi di economia, lei si occupa di te”. Un perfetto esergo per questo lavoro.
Dottor Ghisolfi, partiamo dalla domanda delle domande, almeno per lo scopo di questa intervista, che cosa è l’educazione finanziaria?
Per capirlo, partiamo dalla definizione che ne dà l’Ocse: “È quel processo mediante il quale i consumatori/investitori migliorano le proprie cognizioni riguardo a prodotti, concetti e rischi in campo finanziario e, grazie a informazioni, istruzione e/o consigli imparziali, sviluppano le abilità e la fiducia nei propri mezzi necessarie ad acquisire maggiore consapevolezza delle opportunità̀ e dei rischi finanziari, a fare scelte informate, a sapere dove rivolgersi per assistenza e a prendere altre iniziative e caci per migliorare il loro benessere finanziario” (Recommendation on Principles and Good Practices for Financial Education and Awareness, 2005).
Un processo che fa emergere non pochi strumenti per affrontare bene le conseguenze della grande recessione iniziata nel 2008 e di quella recente causata dall’emergenza sanitaria. In entrambi i casi, la conseguenza sociale è stata un aumento del numero di persone in povertà assoluta. In particolare tra i bambini e le loro famiglie: ormai dal 2011, le persone di minore età sono la fascia più colpita e vulnerabile.
Nel 2020, in Italia la povertà assoluta ha raggiunto il livello più elevato dal 2005, toccando poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4%); invece quelle toccate dalla povertà relativa sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019, quando c’era stato un miglioramento). Come ha rilevato l’Istat nel giugno scorso.
Non a caso la prof.ssa Annamaria Lusardi, direttrice del Comitato per la programmazione e il coordinamento dell’attività di educazione finanziaria*, di recente ha asserito: «La pandemia ci ha dimostrato che avere conoscenze di base di economia e finanza ci può aiutare a “navigare” più agevolmente nel mondo intorno a noi, in particolare nei momenti di difficoltà. Per citare solo tre esempi: per prima cosa, abbiamo capito che conoscere l’ABC della finanza ci aiuta non solo a trovare le informazioni di cui abbiamo bisogno, ma anche a filtrarle, a contestualizzarle e quindi ad utilizzarle al meglio. In quest’ultimo anno, i governi e il settore privato hanno fornito informazioni e sostegni economici per affrontare la pandemia, ed è stato importante conoscerli per poterne usufruire in modo appropriato. Secondo, in una pandemia è estremamente importante essere consapevoli dei rischi per poterli gestire. Terzo, gestire i nostri risparmi diventa ancora più difficile in periodi nei quali i mercati sono volatili e i tassi di interesse sono molto bassi. È sempre il momento giusto per introdurre l’educazione finanziaria nei piani didattici, anzi siamo già in ritardo, perché il mondo intorno a noi sta cambiando velocemente e i giovani hanno bisogno di queste competenze per affrontare meglio il loro futuro. La crisi generata dalla pandemia ha poi accelerato questa consapevolezza […]».
In quale momento e contesto storici si colloca la sua nascita?
Il primo programma di educazione finanziaria fu introdotto in alcune scuole americane a partire dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento, con l’obiettivo di fornire ai cittadini le nozioni finanziare di base su reddito, risparmio, tasse, mutui, assicurazioni e pensione.
Nel corso degli anni Sessanta l’educazione finanziaria si diffuse, divenendo obbligatoria in alcuni Stati d’America a seguito di due fenomeni: il programma promosso dalla presidenza Johnson (1963-1969) definito Great Society, di sostegno all’educazione, sanità pubblica, lotta alla povertà, sviluppo delle aree depresse.
Ma in Italia arrivò prima, attraverso la cultura del risparmio. Torniamo indietro nel tempo, fermandoci all’ottobre 1924, quando, in occasione del I Congresso Internazionale del Risparmio svoltosi in Italia, a Milano, le Casse di Risparmio di 26 Paesi si proposero di studiare gli Istituti e i mezzi per la raccolta e la tutela del risparmio. Così nacque anche la “Giornata del Risparmio”, che col passare del tempo è diventata mondiale; celebrata ogni 31 ottobre da un evento che Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio, organizza a Roma da oltre novant’anni, per esaltare e promuovere le valenze etiche del risparmio quale strumento di crescita individuale e collettiva.
Però, malgrado ciò, c’è ancora da lavorare. Perché i numeri italiani in fatto di educazione finanziaria sono ancora molto bassi. Solo il 30% degli individui in Italia è dotato di alfabetizzazione finanziaria, con enormi disparità di genere, ruolo professionale e distribuzione territoriale. E i numeri sono molto bassi anche tra gli studenti. Secondo l’ultima indagine Ocse Pisa* del 2018, la percentuale di studenti italiani in grado di risolvere i compiti più complessi (top performer Livello 5) è meno della metà di quella registrata a livello medio Ocse (4,5% vs 10,5%), mentre circa uno studente su cinque non possiede le competenze minime necessarie per prendere decisioni finanziarie responsabili e ben informate.
Qual è stato il suo iter legislativo in Italia?
Dobbiamo considerare la legge sulla “Buona Scuola” (n. 107 del 13 luglio 2015), il decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 (convertito poi in legge n. 15 del 17 febbraio 2017) che ha portato all’istituzione del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, e la legge n. 92 del 20 agosto 2019 recante “Introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica”.
In particolare, all’interno della legge del 2017 si trova l’art. 24 bis, il quale stabilisce le “Disposizioni generali concernenti l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale”, volte a prevedere misure ed interventi intesi a sviluppare l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
Mentre la legge n. 107 del 13 luglio 2015 inserisce l’educazione finanziaria nelle disposizioni sul potenziamento dell’offerta formativa e delle attività progettuali che le istituzioni scolastiche realizzano: l’art. 1, comma 7, lett. d), prevede il “potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all’autoimprenditorialità”; e la lett. e) dello stesso comma contempla lo “sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali”.
La legge del 2019 pone al centro la conoscenza del dettato costituzionale, i principali trattati nazionali e internazionali, le disposizioni che richiamano l’Agenda 2030 dell’Onu e lo sviluppo sostenibile. In essa non viene citata espressamente l’educazione finanziaria. Tuttavia, se è vero che oggi l’assetto democratico richiede che i suoi membri dispongano paritariamente degli elementi per affrontare in piena consapevolezza le relazioni economiche, finanziarie e sociali, allora l’educazione finanziaria rinforza la cittadinanza attiva.
Per questo, lo scorso 14 luglio, in Senato è stato avviato l’esame di un progetto legislativo volto al riconoscimento di una autonoma dignità dell’educazione finanziaria nel contesto di quella civica generale; allo scopo di prevedere un piano di alfabetizzazione economico finanziaria nelle scuole di ogni ordine e grado, indirizzato agli alunni e alle loro famiglie, quindi anche agli adulti. La proposta è stata originata dal disegno di legge numero 2307 firmato dal Senatore Mauro Maria Marino.
L’educazione finanziaria offre importanti aiuti per il raggiungimento degli scopi contenuti nell’Agenda 2030 dell’Onu?
Certo! Partiamo dal considerare, ad esempio, gli obiettivi 1 e 8, dai 17 dell’agenda in questione. Come già si è visto nelle risposte precedenti, il processo che l’educazione finanziaria avvia è in grado di “garantire che tutti gli uomini e le donne, in particolare i poveri e i vulnerabili, abbiano uguali diritti alle risorse economiche, così come all’accesso ai servizi di base, alla proprietà e controllo sulla terra e ad altre forme di proprietà, all’eredità, alle risorse naturali, ad appropriate tecnologie e a nuovi servizi finanziari, tra cui la microfinanza (riferendomi al comma 1.4 del primo obiettivo); e di “rafforzare la resilienza dei poveri e di chi vive in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione e la vulnerabilità ad eventi estremi legati al clima e ad altri shock economici, sociali e ambientali e alle catastrofi” (comma 1.5). L’educazione finanziaria è anche efficace nel contrastare (e qui mi riferisco a tutte le parti dell’obiettivo 8) gli sprechi, a promuovere la libertà economica, “le politiche per lo sviluppo delle attività produttive, per la creazione di lavoro dignitoso, l’imprenditorialità, la creatività e l’innovazione; e a incoraggiare la formazione e la crescita delle micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai servizi finanziari, slegando la crescita economica dal degrado ambientale”.
Progetti quali “Cura i tuoi soldi” e “Risparmiamo il pianeta” confermano quanto appena scritto. Il primo è un progetto curato dalla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio, in collaborazione con varie associazioni di consumatori (tra cui Codacons), allo scopo di aiutare le persone a prendersi cura delle proprie risorse economiche, controllando le spese, evitando gli sprechi e gli indebitamenti etc.
Invece, il secondo è un programma didattico rivolto alle scuole di ogni ordine e grado, lanciato in occasione di Expo Milano 2015, che articola contenuti relativi allo sviluppo e all’economia sostenibili, con particolare riferimento alle risorse naturali, al cibo, alle filiere alimentari e all’economia dei paesi. Esso è realizzato da Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn) in collaborazione con la Fondazione per l’Educazione finanziaria e al Risparmio (Feduf).
Ma non solo questo, giacché l’educazione finanziaria illumina sulle diverse metodologie applicabili per rendere la finanza più etica. Metodologie in grado di far crescere investitori responsabili e virtuosi. Si pensi agli ESG**, che sono ben legati ai 17 scopi ONU; essi integrando i dati economico-finanziari con quelli comportamentali dell’impresa secondo criteri legati alla cura dell’ambiente del sociale e al buon governo, permettono di selezionare i titoli sui quali non investire, postando l’attenzione sulle aziende meritorie. Oppure, al metodo best-in-class, il quale consiste nell’identificare un elenco selezionato tra le migliori società, che per settore o in senso generale risultano ai primi posti delle classifiche ESG, realizzando un costante e progressivo miglioramento del portafoglio investito; o all’engagement, con il quale gli investitori si impegnano ad attivare un dialogo nelle società, in cui possiedono una partecipazione di minoranza, attraverso l’esercizio del voto nelle assemblee, al fine di conseguire dei miglioramenti nei comportamenti degli amministratori riguardo alle questioni sociali, ambientali e di governance.
Quindi, se l’educazione finanziaria non viene declinata in maniera tecnicistica e né assistenzialistica, è in grado di aiutare le persone a non diventare solo bravi risparmiatori, bensì anche e soprattutto attori capaci di influenzare positivamente l’intera società. Base importante per lo sviluppo delle famiglie, dei territori e delle nazioni di cui fanno parte.
Quali sono i suoi pilastri?
Anzitutto la società naturale per eccellenza, ossia la famiglia, fondata sul matrimonio e l’educazione dei figli (come ricordano gli artt. 29 e 30 della Costituzione). È il luogo educativo principale, nel quale noi uomini sperimentiamo la gratuità e la solidarietà, frutti dell’amore gratuito e libero tra mamma e papà. Di conseguenza, ci educano alle scelte virtuose, le quali ci aiutano ad avere cura di noi stessi e degli altri, dei patrimoni affidateci, dell’ambiente circostante, e così via; in nome del primato della generosità, antidoto contro le conseguenze dell’egoismo edonistico, come il consumismo, tra le cause principali di sprechi, inquinamento e infelicità, oggi.
Il secondo pilastro include la scuola di ogni ordine e grado, e l’università. In questo periodo storico, caratterizzato da un grande flusso di informazioni, hanno il compito, sempre più fondamentale, di superare il semplice livello nozionistico, supportando i ragazzi nella selezione delle informazioni utili, stabilendo le connessioni tra materie e soggetti, e indicando le implicazioni con la realtà, per giungere al livello più profondo e complesso della conoscenza. E nel caso specifico dell’economia, devono ricordare che essa è una scienza sociale, salvandola dall’astrazione tipica delle scienze dure come la matematica.
Il terzo pilastro raggruppa istituzioni, fondazioni, pubbliche e private, associazioni, che possiamo chiamare senza problemi “corpi intermedi”. Tra queste vi sono sicuramente le banche, il Museo del Risparmio di Torino, l’Accademia di Educazione Finanziaria (di cui sono presidente), le stesse FEDUF e ABI, le principali associazioni di categoria dell’industria finanziaria italiana, come ANASF (Associazione Nazionale Promotor. Finanziari), Assogestioni (Associazione italiana delle società di gestione del risparmio, le SGR), ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA). E al riguardo delle SGR, si consideri che esse possono fornire (insieme ad altri soggetti), oltre al “servizio di gestione collettiva del risparmio”, un importante servizio di consulenza in materia di investimenti, gestione portafogli.
Orbene questi tre pilastri possono dare avvio a una grande alleanza, la quale trova il proprio centro nel princìpio di sussidiarietà. In questo modo sarà più semplice coinvolgere, con iniziative e programmi ad hoc, il più gran numero possibile di donne e uomini (dai più piccoli ai più grandi), e delle imprese, a tutti i livelli del vivere civile, locale nazionale e internazionale; usare efficacemente, e insegnare a farlo, tutti gli strumenti a disposizione, compresi i new media e quelli tradizionali; e a non lasciare sole le persone di fronte alle sfide. odierne, economiche e non.
Lei ha prefato un libro dedicato al 130esimo anniversario della DSC (Cattolici uniti: Il nostro progetto per benedire un’Italia nuova. La politica è dottrina sociale, a cura di Ivano Tonoli, Erminio Brambilla, Alessandro Zorgniotti). Qual è il contributo che la Chiesa può assicurare all’educazione finanziaria?
Esso è inestimabile, come dimostrano la DSC stessa e documenti a essa legati quali l’”Oeconomicae et pecuniariae quaestiones” (OPQ), elaborato dalla Congregazione per la dottrina della fede e dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ed approvato da Papa Francesco il 6 gennaio 2018, allo scopo di offrire alcune “considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario”; “proprio per liberare ogni ambito dell’agire umano da quel disordine che così frequentemente lo affligge, riconoscendo fra i suoi compiti primari anche quello di richiamare a tutti, con umile certezza, alcuni chiari principi etici”.
E la Chiesa ci aiuta a capire bene anche il princìpio di sussidiarietà, che ho citato nella risposta precedente. Giacché esso è uno dei 4 princìpi fondamentali della DSC; gli altri sono: il bene comune, la solidarietà e il più importante, la dignità della persona, al cui servizio si pongono gli altri tre (cfr. Compendio DSC, n.204). Princìpio per il quale «tutte le società di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto (“subsidium”) – quindi di sostegno, promozione, sviluppo – rispetto alle minori» (Ibidem, n. 186).
Perciò, la sussidiarietà costituisce la “logistica” dei “corpi sociali intermedi”, i quali vanno dalla famiglia al comune, passando per scuole, parrocchie, comunità religiose, associazioni, banche etc; e permette «adeguatamente di svolgere le funzioni che loro competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali di livello superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine, dignità propria e spazio vitale» (Ibidem, n. 186)
Quali soddisfazioni le ha donato l’attività divulgativa?
Guardi, sono davvero molte, ma dato che non voglio abusare dello spazio concessomi, mi soffermerei in particolare su tre di queste. Magari gli dedicherò un libro ad hoc… chissà…
Mi onora grandemente, quando dopo anni e anni di incontri coi ragazzi delle scuole (diverse migliaia, in vent’anni), sentirmi chiamare ancora maestro, che è la professione che esercitavo prima di diventare banchiere, presso le scuole medie. Un appellativo che dimostra che sto compiendo il mio dovere nei confronti delle giovani generazioni.
Poi c’è la soddisfazione di assistere allo sviluppo economico e morale di un Paese come l’Albania, sulla strada dell’integrazione europea. Con alcuni amici, tra cui la famiglia Ferrero dell’omonima grande azienda e il giornalista Alessandro Zorgniotti, sto contribuendo alla cooperazione tra il Piemonte del Sud, ove si trovano Fossano, Saluzzo e Alba, e il Paese dell’aquila bicipite, attraverso progetti di educazione alimentare e finanziaria. E posso assicurare che l’educazione finanziaria è uno strumento prezioso il tessuto imprenditoriale albanese, caratterizzato per il 90% da micro e medio-piccole imprese nei settori del turismo, dell’artigianato, dell’alimentare e dei servizi professionali.
Ma ancora più importante, e mi permetta commovente, è stato quando, nel 2015, ho tenuto una lezione per gli studenti della Scuola Superiore per Geometri dell’Istituto di pena San Michele di Alessandria. I commenti. dedicatemi in seguito, rappresentano per me importanti riconoscimenti: “La più bella lezione di vita mai assistita”; “Una persona da prendere come esempio magari io non avrò questa fortuna dottoressa ma mio figlio spero di sì”. Segni che fanno sperare che l’educazione in generale, quella finanziaria in specie, serviranno al reinserimento loro e alla serenità dei loro cari.
Fonte: Daniele Barale | Tempi.it