Usati per promuovere una mostra sulla blasfemia co-promossa dall’assessora alla Cultura e ospitata al Pan, di proprietà del Comune. Rimossi dopo le proteste delle famiglie sui social
Esplicite che più esplicite non si può. Bestemmie “en plein air”, scritte a caratteri cubitali su manifesti affissi sui tabelloni pubblicitari del Comune di Napoli. A fianco e di fronte a scuole, chiese, supermercati, farmacie. Insomma: senza alcuna possibilità di tenervi lontano lo sguardo, manco a volerlo. Alcune associate a immagini e personaggi della Disney. Altre con colori che richiamano i partiti e la campagna elettorale.
Di mattino, quando sono apparse, i più hanno pensato a una provocazione contro la politica cittadina. Poi, pian piano, si è capito che l’affissione seriale di bestemmie era la “campagna promozionale” di una mostra ospitata al Pan (Palazzo delle arti di Napoli di proprietà del Comune) e intitolata “Ceci n’est pas un blasphème”. Nulla di carbonaro, insomma. Anzi la mostra, si legge sul sito del Pan, si svolge con il patrocinio morale del Comune e “in collaborazione con l’assessorato all’Istruzione, alla cultura e al turismo di Napoli”. Di più, l’assessorato è “co-promotore”. Organizzata da Emanuela Marmo, si legge ancora sul sito del Comune di Napoli e del Pan, la mostra “è un inno alle libertà di espressione per il tramite della satira anticlericale e antireligiosa. I contenuti sono volutamente forti e possono risultare provocatori nei confronti di chi nutre sensibilità religiosa”.
Travolta dalle polemiche social e dalla furia di genitori e persone “normali” che si sono imbattute nei manifesti, l’assessora titolare delle deleghe, Annamaria Palmieri, ne ha ordinato la rimozione perché “abusivi”. Un abusivismo che l’assessora poi dovrà meglio spiegare, dato che i manifesti erano, per la maggior parte, posti su tabelloni che in alto portano lo stemma del Comune di Napoli. Spazi riservati insomma ad eventi istituzionali promossi dall’amministrazione. La versione che fanno uscire da Palazzo San Giacomo è che l’evento è sì co-promosso dalla Giunta, ma quei prodotti pubblicitari, esplicitamente blasfemi, non erano stati autorizzati. Anche Emanuela Marmo, curatrice dell’evento, nel tradizionale gioco dello scaricabarile che si apre in queste circostanze, dice che i manifesti sono responsabilità di alcuni tra gli “artisti subvertiser” ospitati dalla mostra, una loro “iniziativa spontanea e autonoma”. Insomma, né l’organizzatrice della manifestazione né l’assessore co-promotrice sapevano nulla di qualcosa che certo non sfugge agli occhi.
Autorizzato e rivendicato è invece tutto il resto, un vero e proprio “Festival della blasfemia” cui il Comune ha messo a disposizione un intero piano del Pan dal 17 al 30 settembre. “Bisogna distinguere tra morale e moralismo”, prova a difendersi Palmieri mentre le polemiche continuano a salire di intensità. La specificazione poi dell’assessora, “venga solo chi è adulto e consapevole”, sa anche di beffa per chi ha mostrato disappunto. “La gente dovrebbe ribellarsi ad altri tipi di manifesti”, rilancia invece Marmo in quello che sembra essere una marcia indietro solo a metà, e comunque a beffa ampiamente consumata.
Tra coloro che hanno denunciato il fattaccio, il consigliere comunale del Pd Federico Arienzo, tra i primi sui social a chiedere la rimozione dei manifesti e a raccontare il disagio vissuto da padre che si imbatte in contenuti del genere mentre accompagna la figlia di 6 anni a scuola. E la rete politica di ispirazione cattolica PER le Persone e la Comunità, che ha definito il tappezzamento blasfemo della città come l'”ultimo mesto regalo” di De Magistris alla città. La polemica cade infatti nei giorni di “fine impero” del sindaco uscente. Giorni in cui, evidentemente, cadono gli ultimi freni inibitori della fu ‘rivoluzione arancione’.
Fonte: Marco Iasevoli | Avvenire.it