«Ho ucciso più di 100 persone e non ho nessun problema ad ammetterlo». Lette così, potrebbero sembrare la parole d’uno spietato serial killer e, in un certo senso, lo sono. Sì, perché Wim van Dijk psicologo di 78 anni residente a Den Bosch, Paesi Bassi, sostiene davvero d’aver dato la morte a così tante persone, mietendo un numero di vittime impressionante, degno dei peggiori criminali. Il punto è che la sua non è una confessione, ma un vanto: va fiero della sua opera. La rivendica. Per inquadrare bene la vicenda, serve però un passo indietro.
Martedì scorso l’anziano psicologo era stato fermato dalla polizia nell’ambito di una indagine sul suicidio assistito illegale, avviata da mesi e che, ad agosto, aveva già portato all’arresto di Alex S., ventottenne accusato d’aver fornito a dozzine di persone, almeno sei delle quali sono poi morte, del «Middel X», un conservante letale (uccide in 30, massimo 60 secondi) e che si presenta sotto forma di polvere bianca, ben noto ai grossisti di prodotti chimici.
Subito rilasciato, anche se naturalmente controllato dalla magistratura, Wim van Dijk non solo non s’è fatto prendere dal panico, ma ha vuotato il sacco pubblicamente. L’ha fatto dialogando col giornale Volkskrant, sulle cui colonne ha rivendicato l’uccisione di oltre 100 persone pur sapendo che ciò avrà conseguenze. «Sono molto ben consapevole delle conseguenze della mia storia, ma non mi interessa», ha dichiarato, subito aggiungendo: «Non mi importa molto se mi arrestano o mi mettono in prigione. Anzi, voglio che succeda qualcosa, che la magistratura agisca».
Lo psicologo evidentemente provoca, parlando da militante radicale e, in effetti, lo è. Da quando, nel 2013, gli è morta la moglie, che era affetta da demenza, egli guida la Coöperatie Laatste Wil, un gruppo di pressione in favore del suicidio assistito; la stessa attorno a cui gravitava Alex S. Piccolo particolare: nei Paesi Bassi sia l’eutanasia sia il suicidio assistito sono legali, per giunta da quasi 20 anni. E sono sempre in aumento: i 1.882 casi del 2002, lo scorso anno erano saliti a 6.938, facendo segnare una crescita di quasi il 270%.
Il fatto che quasi 20 persone al giorno – per lo più malati di cancro, che potrebbero campare qualche tempo – decidano di farla finita ancora non basta ai tifosi dell’autodeterminazione assoluta. Questo perché costoro ravvisano nel protocollo di legge – che prevede la presenza di un medico e che costui agisca in osservanza di alcuni criteri – una limitazione della libertà individuale. In altre parole, c’è chi vuole che sia riconosciuto il diritto ad una morte assistita senza se e senza ma, a conferma d’una deriva drammatica eppure, in realtà, molto istruttiva.
Veri o meno che siano i 100 omicidi che Wim van Dijk rivendica, infatti, la sua battaglia e quella del suo gruppo sono lì a dimostrare, anzi a confermare, un fenomeno assai noto ai bioeticisti e che passa sotto il nome di china scivolosa. Due parole che, in realtà, descrivono un concetto semplice, vale a dire che non si può scherzare col fuoco perché, allorquando si decide di legiferare sulla “dolce morte”, non è più finita. In sintesi, consenti al malato terminale di essere ucciso? Bene, anzi no, perché nel giro di poco la stessa richiesta verrà avanzata dal malato non terminale, quindi dal malato che potrebbe benissimo curarsi, dal depresso, eccetera. Questo è ciò che non la teoria ma l’esperienza insegna. Motivo per cui, per venire a noi, sarebbe bene che i nostri parlamentari, prima di accingersi ad esaminare un disegno di legge sul suicidio assistito – cosa che dovrebbe avvenire a breve alla Camera – ci pensino bene.
Il tragico esempio dei Paesi Bassi è lì a dimostrare, con la forza dei fatti, che non c’è legislazione eutanasica che tenga, perché ci sarà sempre qualcuno che vuole maggiore libertà di essere ucciso e di farla finita. Anche volendo ragionare nella più laica delle ottiche possibili, conviene davvero prendere questa strada? Ci si rifletta bene.
Fonte: Giuliano GUZZO | LaNuovaBQ.it