De Kerckhove a “Nostalgia di futuro”: «L’informazione può generare nuova coesione sociale, ma deve capire come il mondo è cambiato»
“NewsMedia4Good” è il tema della 13ª edizione di Nostalgia di Futuro, l’evento in programma domani alle ore 15 a Roma presso la sede della Fieg, organizzato da Osservatorio TuttiMedia, solo network europeo che riunisce i media e le aziende attente alla transizione digitale della comunicazione. Di NewsMedia4Good, dopo l’introduzione di Franco Siddi (Presidente TuttiMedia) discuteranno Derrick de Kerckhove (consigliere scientifico di Tutti-Media e docente al Polimi), Paolo Liguori (Mediaset), Paolo Benanti (Pontificia Università Gregoriana di Roma), Carlo Branzaglia (Scuola Postgraduate IED Milano) e Costanza Sciubba Caniglia (Harvard University).
Un successivo panel con Maria Pia Rossignaud (vicepresidente TuttiMedia e direttrice MediaDuemila), Luigi Rancilio (Avvenire), Angelo Mazzetti (Facebook), Tommaso Di Noia (Politecnico di Bari) e Pierguido Iezzi (Swascan), avrà al centro il Metaverso e la comunicazione aumentata.
L’evento sarà anche trasmesso in diretta streaming dal sito di Media Duemila (www.media2000. it).
«Oggi quando sono uscito dalla Stazione Termini ho sentito il clamore dei no vax: era la perfetta rappresentazione dell’attuale caos informazionale che nega scienza, autorità e le strutture protettrici del significato. Il linguaggio non serve più a creare coesione sociale. Si deve fare qualcosa». Questo “qualcosa” è NewsMedia4Good, movimento fondato dall’Osservatorio Tutti-Media che verrà presentato domani a Roma nella 13ª edizione di Nostalgia di Futuro. «Siamo passati dalle speranza della disintermediazione al caos dovuto alla mediazione delle macchine» si legge nel manifesto del progetto. «La cultura alfabetica, aumentata dalla stampa, è stata l’architettura di carattere gerarchico della comunicazione, o almeno di quella occidentale – spiega De Kerckhove, sociologo, tra i massimi esperti di nuovi media e direttore scientifico di Osservatorio TuttiMedia e di Media Duemila –. Oggi siamo in un sistema fondato sull’al- goritmo, che elimina l’uomo. L’algoritmo fa scelte, indirizza gusti, dice come votare… Ma il codice binario non ha bisogno di senso, solo di ordine. Dalla scomparsa del valore del significato deriva il caos attuale. Serve allora un movimento per riformare le strutture di coesione sociale e rovesciare l’attuale crisi epistemologica per ritrovare una comunicazione basata su qualcosa di completamente nuovo».
NewsMedia4Good intende far capire che “abbiamo bisogno di una nuova etica comprensiva della dimensione algoritmica” in cui “l’intero sistema dei media sia una priorità”. Su quali basi costruirla?
La struttura culturale occidentale si basava sui principi della fisica classica. Io invece propongo come base la fisica quantistica, i cui principi sono incertezza, dubbio, l’entanglement, ossia l’incrocio, la sovrapposizione. La fisica classica ha creato categorie e dato il permesso di sfruttare la natura. Noi abbiamo bisogno di essere congiunti, incrociati con il tutto. Occorre rifondare totalmente il nostro modo di comportarci. Chi può orientare a questa rifondazione? I media, che sono ancora i depositari della fiducia pubblica. Dobbiamo chiedere ai media di ripensare il proprio ruolo, rinunciando a moralismo e sensazionalismo, e produrre coesione sociale.
Questo non dovrebbe essere già il loro compito? Il problema non è solo che non viene applicato, ma soprattutto il sistema non è sostenuto su una visione più profonda della situazione attuale. La mediasfera ora è una tormenta di migliaia di risposte che non hanno più nulla a che fare le une con le altre. Serve quello che io chiamo entangled journalism, il “giornalismo incrociato”: una nuova narrazione del globale, dell’ambiente totale.
Ormai sono molto diffuse le notizie scritte direttamente da bot. Questo fatto come investe la dimensione deontologica del giornalismo, nella quale la responsabilità è centrale?
La macchina non ha coscienza, non conosce il senso di quello che produce. Pensiamo ai traduttori automatici disponibili online: la macchina non conosce la lingua ma si basa sulla comparazione di vari modelli. Il prodotto sono sequenze di segni privi di significato per la macchina. Non possiamo chiedere alla macchina una coscienza politica e deontologica. Può averla solo l’uomo che verifica la notizia. È il compito del giornalista. Il grande problema è che l’algoritmo è più informato del giornalista, del medico, del consulente finanziario, del militare, del pubblico amministratore… Sembra che superi le competenze umane. Dobbiamo negoziare un accordo, una riconciliazione tra macchina e uomo.
Sembra che si confidi nell’intelligenza artificiale come in un oracolo.
Qualche giorno fa ho posto tre domande circa problemi etici sul gemello digitale a GPT-3, un superalgoritmo. Ho ricevuto tre risposte di una intelligenza fenomenale. GPT-3 dispone di 175 miliardi di parametri di machine learning e una mole sconfinata di informazioni su cui lavorare. Andiamo verso una situazione in cui potremo chiedere qualunque cosa. Gli oracoli antichi si fondavano su una conoscenza intuitiva del mondo. Le risposte dei nuovi oracoli si basano scientificamente e sono capaci di dire con precisione cosa accadrà nei prossimi tre anni. Nella rete c’è tutta l’informazione del mondo. Ecco perché è necessario sapere come gestire questa conoscenza. Abbiamo data analytics che possono prendere il posto dell’intelligenza. Siamo in un rapporto intimissimo tra persona e macchina. Dobbiamo chiederci quale mondo può sostenere questa ibridazione.
Oggi si parla di antropocene. Non siamo piuttosto in un “digitocene”?
Siamo oltre il digitale. Seguo il tema da tempi pionieristici e posso dire senza ombra di dubbio che oggi è per la meccanica quantistica ciò che è stato per il digitale tra 1990 e 1995. Avremo un quantum computing sempre più evoluto. Dobbiamo prepararci, a partire da una attenzione dei mezzi di informazione completamente nuova. Ripensare la notizia, ripensare il ruolo del giornalista, le strutture della coesione sociale. È cio che intende fare NewsMedia4Good, che raccoglie tutti i gli ambienti, dalla stampa a Google.
Un linguaggio che ignora il significato e riduce il mondo a funzione produce un mondo privo di etica?
L’etica oggi è debolissima. Sono venute meno le scansioni classiche di etica della vergogna e della colpevolezza. La prima è l’orientamento della responsabilità verso l’altro: è l’etica confuciana, il cui referente è la comunità più che l’individuo. L’etica della colpevolezza, individuale, è l’etica cristiana. Questa, incontrando il mondo greco, ha creato un’eccezione, perché la scrittura greca diversamente da quella ebraica, che è una scrittura condivisa, ha favorito l’appropriazione a livello personale del linguaggio. Il cristianesimo ha spostato il senso di responsabilità verso il sé, la scrittura e la lettura personale nel silenzio hanno creato l’individuo. Oggi con l’educazione debole si perde l’abitudine alla lettura su carta, interagiamo mediante schermi, perdiamo il controllo del contenuto personale. Siamo costantemente tracciati, e la privacy è un dono della lettura e della cultura. Tutto oggi invece è portato all’esterno: la nostra memoria è sul telefonino. Siamo usciti dal binomio vergogna e colpevolezza: abbiamo l’ansia. Un’ansia gigantesca. Il fenomeno no vax è una rivolta istintiva contro l’ansia.
In che modo ansia e algoritmo si incontrano?
In questo contesto di transizione ci sono figure come Orbán, Trump, Johnson e gli altri populisti che approfittano dell’efficacia sociale di dichiarazioni prive di referenti: e la perdita del referente fa parte del caos. Dicono ciò che la gente vuole sentire. L’algoritmo individua in quali echo chamberdisseminare. Nella tua “camera d’eco” hai deciso, emozionalmente e intellettualmente, quale sia la verità e accogli solo ciò che conferma ciò che pensi già. Tutti abbiamo una echo chamber, dobbiamo esserne coscienti: ma possiamo almeno allargarla. Il ruolo del giornalista e della parola pubblica è sempre più importante per resistere a questa erosione. Il mondo oggi è molto più misterioso, la nostra realtà più fragile e incerta. Ma anche più articolata. Una guerra inizia quando la struttura del mondo si semplifica. Se resta complessa, resiste di più.
Fonte: Alessandro BELTRAMI | Avvenire.it
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