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Neve, la neonata preistorica che fu sepolta con devozione e premura
— 17 Dicembre 2021— pubblicato da Redazione. —
Ritrovata in una grotta ligure, Neve visse solo 40 giorni ma fu sepolta con cura e adornata di perle. Una testimonianza preziosa sul valore della vita già in epoca primitiva.
Il nostro presepe vivo – Un bambino avvolto in fasce
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce
Luca 2, 13
Neve, sepolta tra le perle
L’hanno chiamata Neve e visse 10 mila anni fa per appena 40 giorni. Questo fagottino è venuto alla luce in una grotta ligure ed è la più antica sepoltura di una neonata in Europa. Non è tutto. Questa sepoltura ha lasciato stupiti gli studiosi, era infatti circondata da un corredo di ciondoli e perline. Più precisamente: oltre 60 perline in conchiglie forate, quattro ciondoli, sempre forati, ricavati da frammenti di bivalvi e un artiglio di gufo reale.
Qualcuno si diede molto da fare per seppellire con ogni premura questa bimba.
Le prime tracce di questa scoperta risalgono al 2017, ma solo in questi giorni gli studiosi hanno documentato per intero l’evento clamoroso che è questo ritrovamento. Ci lascia non solo una testimonianza della premura con cui già l’uomo del Mesolitico trattava i defunti, ma del pieno titolo di persona che spettava ai neonati.
Spiega Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna:
“Questa scoperta permette di indagare un eccezionale rito funerario della prima fase del Mesolitico, un’epoca di cui sono note poche sepolture, e testimonia come tutti i membri della comunità, anche neonate, erano riconosciuti come persone a pieno titolo e godevano in apparenza di un trattamento egualitario”.
Una neonata in una grotta della Liguria
Una neonata deposta in grotta, non c’è storia più natalizia.
Ci troviamo in Liguria, in provincia di Savona. Arma Veirana è una cavità nota da tempo agli abitanti della val Neva (da qui il nome dato alla neonata). Si trova lontana dalla costa e non è di facile accesso, per questo non è mai stata oggetto di indagini archeologiche programmate. Un team internazionale a direzione italiana ha però esplorato questa grotta profonda una quarantina di metri e dalla curiosa sommità a capanna portando alla luce questa scoperta incredibile.
La cronaca di questo eccezionale ritrovamento ci fa fare un passo oltre l’archeologia. I nostri antenati ci hanno lasciato un messaggio premuroso: anche la vita più piccola e fragile va custodita con ogni premura. Il valore grande della sua piccola persona è testimoniato dalla devozione e cura anche nella sepoltura.
La piccola – che gli studiosi hanno soprannominato “Neve” – è vissuta circa 10.000 anni fa, durante la prima fase del Mesolitico, un periodo che ha segnato probabilmente grandi cambiamenti sociali nelle popolazioni umane, legati agli adattamenti dovuti alla fine dell’ultima era glaciale.
Questo accadde 10 mila anni fa. Finita la glaciazione lo sviluppo della coscienza e sensibilità umana fecero un salto in profondità. Le usanze funerarie sono indizio inequivocabile di cosa un popolo pensi della vita, del mistero dell’essere. Di fronte a una piccola bambina morta, il massimo della premura fu renderla bella e adorna nella sua tomba in una grotta.
E non si può non pensare che già nel cuore dei nostri antentati ci fosse l’attesa inconsapevole di Qualcuno che venisse a prendersi cura di ogni vita. Quel qualcuno che – come Neve – 8 mila anni dopo nacque in una grotta a Betlemme.
Piccoli segni di vita
A scoprirla e studiarla un gruppo di ricerca internazionale – coordinato dagli italiani Stefano Benazzi, dell’Università di Bologna, Fabio Negrino, dell’Università di Genova, Marco Peresani, dell’Università di Ferrara, e il supporto del Sincrotrone Elettra di Trieste – il cui lavoro è stato pubblicato su Scientific Reports.
Siamo fieri di questa impresa a firma italiana. Il lavoro per portare alla luce i resti di Neve è stato svolto con strumenti piccolissimi, presi in prestito dai dentisti. Il corpicino della neonata andava dissepolto con attenzione, facendosi letteralmente piccoli. E anche questo è un indizio su come guardare questa neonata. Cosa è emerso dagli studi sul suo corpo?
Le analisi indicano che al momento della morte, Neve aveva tra 40 e 50 giorni, che la madre si cibava di carni e che forse a causa di alcuni stress fisiologici la crescita dei denti del feto si era interrotta uno o due mesi prima del parto.
E’ vissuta pochissimo, probabilmente aveva dei problemi già prima del parto. Eppure, dopo 10 mila è ancora sotto i nostri occhi a dirci qualcosa. Se ci facciamo piccoli, possiamo guardare Neve e accorgerci che il presepe era già un desiderio scritto nel cuore nei nostri avi più lontani. Un bimbo che nasce è un dono. La vita comincia come qualcosa di piccolo e fragile. A noi spetta di custodirlo in fasce.
Progresso?
Le perline e i ciondoli che abbelliscono il corpicino della bimba sono anche un segno paradossale. Non tutta la storia rientra nello schema del progresso. Non è detto che il passato sia stato superato da qualcosa di migliore nel presente.
Rispetto alla premura dimostrata a Neve dagli uomini primitivi, noi non ci siamo molto evoluti. Anzi. Verrebbe da dire che in qualche caso siamo regrediti al punto da far sparire prima della nascita le piccole vite fragili come Neve. Voltarci indietro può farci bene.
La comunità umana che visse in Liguria nel Mesolitico ci ricorda il nostro posto. Avvolgere in fasce, lo ripeto perché suona clamoroso nella sua piccolezza. Facciamoci accoglienti come la stoffa calda di fronte alla vita che viene.
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