Chissà, forse è stata un po’ della sua passata, e ormai lontana, esperienza laica di bancario a guidarlo nell’organizzazione di quella che è diventata oggi la Caritas spezzina sotto la sua direzione: una poderosa macchina della solidarietà al servizio degli ultimi. Di certo quell’esperienza, poi coniugata con la vocazione sacerdotale, maturata nel 2011 con l’ordinazione, ha consentito a don Luca Palei, oggi quarantunenne prete di prima linea alla guida della parrocchia dei Santi Giovanni e Agostino, oltre che responsabile della Pastorale giovanile della Diocesi, di raggiungere risultati straordinari.

Documentati innanzitutto dai numeri: 100 dipendenti attivi nell’organizzazione, 21mila persone aiutate ogni anno nei loro bisogni materiali e psicologici, mille pasti forniti ogni giorno in provincia a chi non ha i soldi per mettere insieme il pranzo con la cena. Senza contare la ramificata rete assistenziale, erogata anche dalle molte cooperative presenti sul territorio, sul versante dell’ospitalità, della fornitura di alimenti e vestiario, dei servizi legali, del microcredito e molto altro.

Don Luca, il sondaggio promosso da ’La Nazione’ online lo ha eletto, un po’ a sorpresa, personaggio dell’anno, tributandole più voti che a campioni dello sport, esponenti del mondo artistico e culturale, Dante Alighieri compreso. Che effetto le fa?
“Quando me lo hanno detto sono rimasto allibito, la cosa mi fa comunque piacere, soprattutto per le tante persone che collaborano con me e hanno contribuito penso in modo determinante a ottenere questo riconoscimento. E’ su di loro che vanno accesi i riflettori, del resto siamo un’unica grande famiglia impegnata lungo uno stesso cammino”.

Ventunomila assistiti sono davvero tanti. Cosa offre loro la Caritas?
“Cerchiamo di dare, nei limiti delle nostre possibilità, quello di cui quelle persone hanno più bisogno: un posto dove dormire e mangiare, forniture alimentari attraverso gli Empori della solidarietà, servizi scolastici, ma anche ascolto, supporto legale, consulenza, con un particolare impegno per i minori, come nel caso della Casa sulla roccia, alla Chiappa, dove accogliamo una dozzina di ragazzi dagli undici anni in su, nella forma di una comunità educativa assistenziale, dove gli operatori vivono con gli ospiti. Un’area importante è quella delle strutture dedicate all’accoglienza, attraverso progetti di inclusione delle famiglie e dei senza dimora, come la comunità dell’Orto di via Brugnato a Fossamastra. E poi ci sono le strutture sparse nella Diocesi: ex canoniche, appartamenti, case affittate e messe a disposizione, anche grazie ad accordi con i Comuni. Importante punto di riferimento anche i Cas, centri di accoglienza straordinaria, quello della Cittadella e i due di Santo Stefano”.

Le iniziative in corso?
“Dopo la recente apertura, contiamo di trasferire a breve il dormitorio della Locanda del Samaritano nell’ala est della Cittadella della pace, dopo che saranno completati i lavori necessari”.

Quanto ha pesato la pandemia sulle condizioni di vita delle fasce sociali più deboli?
“Moltissimo. Per dire: in tempo di emergenza abbiano erogato tredicimila buoni spesa con le tessere a punti”.

Ha avuto, ultimamente, testimonianze di gratitudine per quello che fate?
“Eccome. Una mi ha particolarmente commosso. A Natale ho ricevuto un cesto dagli ospiti del dormitorio, cioè da quelli che avrebbero diritto più degli altri a ricevere regali del genere. Quel gesto mi ha fatto piangere, e ha dato a me e ai miei collaboratori (fra loro ci sono anche gli anziani genitori di don Luca, Roberto e Maura, ancora attivissimi, ndr. ) uno stimolo in più alla speranza, al di là della fatica che ciascuno di noi affronta. Magari, come mi è capitato, quando si tratta di alzarsi in piena notte per andare a dare assistenza a qualcuno per la strada”.

Da dove arrivano le risorse per svolgere la vostra missione?
“Dall’8 per mille, in primo luogo. Poi ci sono i contributi dello Stato e quelli per i migranti che, va detto, sono oggetto di contabilità separate. Oltre al sostegno che arriva da enti, aziende e privati. Fra questi ultimi ci sono anche benefattori molto generosi e anonimi”.

Fonte: FRANCO ANTOLA | LaNazione.it