Il conservatorismo deve instaurare un rapporto serio e costruttivo con i cattolici. Innanzitutto riscoprendo il magistero sociale di papa Francesco
La riflessione aperta da Tempi sulla questione del conservatorismo in Italia risulta più che mai interessante ed opportuna nell’attuale fragile contesto politico italiano.
Ciò, non solo perché il tema è stato posto, con forza, all’attenzione del dibattito politico da Fratelli d’Italia, primo partito del centro destra, ma soprattutto perché è tema strategico per ricentrare il centrodestra e l’intero sistema politico. Parliamo, infatti, di una ridefinizione coerente, approfondita e di ampia visione dell’identità politica e culturale di quello che fino ad oggi si è, spesso riduttivamente, autodefinito come “polo moderato”.
La cultura conservatrice in Italia
Negli interventi pubblicati finora sono emersi molti spunti apprezzabili ed anche alcune perplessità. Tra quest’ultime emerge, in primo luogo, la difficoltà di costruire un partito conservatore in un Paese, sostanzialmente privo di una tradizione politica conservatrice. Osservazione difficile da contestare. Tuttavia, se scaviamo un po’ più a fondo, constateremo che, malgrado questo “vuoto politico”, l’Italia ha una grande tradizione di cultura conservatrice. Basti pensare a De Maistre, Gioberti, Rosmini, Manzoni e poi, andando avanti nel tempo, a Croce ad Einaudi e, ancora, più vicini a noi, a Del Noce, a Cotta e a Morra.
Ma non c’è solo questo: c’è molto di più, perché ad essere conservatrici, nel profondo delle loro radici, sono la cultura e l’identità del nostro popolo. Un popolo la cui cultura e la cui identità sono state permeate e forgiate, nei millenni, dalla fede cristiana, dalla sua tradizione e dai suoi valori. Un nocciolo duro che l’individualismo della società consumistica assieme alla laicizzazione ed all’egemonia mediatico-politica del “pensiero unico” ha potuto oscurare, mistificare e ferire ma non ha potuto cancellare. E questo è un grande retroterra per chi voglia intraprendere un cammino politico difficile e rischioso ma anche affascinante, di grande prospettiva e di grande respiro: costruire una forza politica in grado di risvegliare e conservare il meglio che il popolo italiano possa esprimere della sua tradizione, delle sue attitudini, delle sue realizzazioni, della sua cultura. Una impostazione che è ben tratteggiata da una bella frase del compositore Gustav Mahler usata anche da papa Francesco: «Tradizione è conservare il fuoco, non adorare le ceneri».
Date queste premesse diventa evidente quanto sia essenziale, per il successo del progetto conservatore instaurare un rapporto serio e costruttivo con il cattolicesimo italiano.
Magistero cattolico, papa Francesco e tradizione
Sul punto è però necessario avere le idee molto chiare. Bisogna mettere bene a fuoco che un rapporto serio e profondo si può costruire solo ponendosi, sgombri di pregiudizi, in attento ascolto del Magistero, soprattutto quello sociale, di papa Francesco. Bisogna sempre tener presente che il “primato di Pietro” è “la pietra d’angolo” su cui si fonda la Chiesa cattolica.
Bisogna respingere con convinzione l’immagine fuorviante dell’attuale Pontificato come arrendevole rinunciatario e pseudoprogressista. Un’immagine che il sistema mediatico del pensiero unico ha artificiosamente costruito, intorno all’attuale Pontefice, con sistematiche omissioni e sostanziali censure. Una manipolazione avallata, peraltro, dal controcanto di una “destra” cattolico-tradizionalista miope che spesso confonde il formale con l’essenziale e viceversa; e dalle fughe in avanti di una “sinistra” catto-progressista che facilmente sposa posizioni “post-cattoliche”.
Le letture tutte politiche degli eventi interni alla Chiesa risultano, infatti, sempre fuorvianti. Ben lo spiegò papa Benedetto XVI nel suo discorso di commiato al clero romano, alla vigilia delle sue dimissioni definitive, parlando delle interpretazioni, giornalistiche e/o ideologiche, del Concilio Vaticano II.
Considerazioni valide anche per l’immagine distorta che la sinistra globalista ed i suoi media hanno tentato, da sempre, di cucire addosso a papa Francesco.
Sul Pontificato di papa Bergoglio le cose stanno, infatti, molto diversamente, dall’immagine costruita dai media del potere e del pensiero unico.
Basti pensare ai suoi sistematici richiami alla piena continuità del suo Magistero, con quelli di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI ed alla sistematica riscoperta delle pagine più scomode, ma sempre più profetiche, della Dottrina sociale della Chiesa. Come quelle di Pio XI nell’enciclica Quadragesimo anno del 1931 con l‘aperta condanna dell’«imperialismo internazionale del denaro». Pagine lontane ma capaci di leggere, in modo impressionante e attualissimo, ancor’oggi i tempi di crisi economico finanziaria che stiamo vivendo.
Basti pensare alle numerose prese di posizioni di papa Francesco di esplicita condanna della pratica dell’aborto; delle «colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia», che «colonizzano il popolo con un idea che cambia e vuole cambiare una mentalità o una struttura»; della globalizzazione: «c’è un’insidia che percorre il mondo. È quella della “globalizzazione dell’uniformazione egemonica”, caratterizzata dal “pensiero unico”, attraverso la quale… non si esita a rinnegare le proprie tradizioni e la propria identità». Né si può non citare, infine, il forte richiamo di papa Francesco al dovere di conservare e difendere la Patria, la sovranità e l’identità dei popoli pur rifiutando ogni strumentalizzazione ideologica di questi grandi valori.
Ma c’è un punto sul quale va richiamata l’attenzione. È quello del rapporto tra globalizzazione ideologica e globalizzazione economico-finanziaria: un punto assolutamente discriminante se si vuole avere l’approccio giusto col Magistero sociale di papa Francesco e si intende costruire un solido rapporto con il cattolicesimo italiano e non solo.
Papa Francesco e la globalizzazione
Papa Francesco individua i pericoli politici più gravi del nostro tempo nell’uniformità, nella globalizzazione e nelle colonizzazioni ideologiche. E commenta: «Qui si vede all’opera una ideologia nefasta… Al centro di tutto questo si trova l’ideologia dell’idolo del “dio denaro” che dirige tutto». Una frase molto chiara che ci ribadisce come per il Magistero sociale della Chiesa la battaglia culturale contro la globalizzazione ideologica sia un tutt’uno con la battaglia politico-sociale per il “bene comune” contro la globalizzazione economica e finanziaria che sottomette e impoverisce i popoli.
Le due globalizzazioni non sono nient’altro che le due facce della stessa medaglia. Pensare che le linee di frattura tra sinistra globalista e conservatorismo nazionale attraversino esclusivamente il campo dello scontro, solo su alcuni valori identitari di carattere etico sarebbe una scelta riduttiva. Perché ci sono molti altri valori identitari di carattere socio-economico, a cominciare dalla dignità del lavoro, che oggi sono sotto attacco da parte della globalizzazione-finanziaria. Valori che vanno invece conservati e difesi.
Non farlo risulterebbe più che riduttivo: anche nella prospettiva di instaurare un rapporto serio e costruttivo con i cattolici. Significherebbe, infatti, collocarsi nel “cono d’ombra” del tradizionalismo cattolico di destra ponendosi in sostanziale dissonanza col Magistero dell’attuale pontefice, oltre che con la realtà delle cose. L’idea che la differenza tra conservatori e progressisti non riguardi più l’economia ma invece solo la cultura – prevalentemente in Europa per via del “pilota automatico” imposto dai trattati – rischia di essere fuorviante. Rischia di oscurare la natura totalitaria e organica dell’attacco globalista che è contro tutto l’uomo nella sua interezza sia valoriale che sociale ed economica. Che punta a destrutturare l’intero ordine naturale, sia aggredendo i valori identitari di carattere etico e culturale sia i valori identitari di carattere economico e socio-politico. La riduzione della persona ad individuo-monade sradicato da ogni legame sociale, ridotto esclusivamente a consumatore alla mercé del potere economico-finanziario e la riduzione del popolo in massa informe senza valori e senza tradizioni facilmente manipolabile e condizionabile sono, infatti, l’obbiettivo finale del complessivo attacco globalista.
La sinistra globalista, e in particolare il Pd in Italia, sono assolutamente subalterni ed allineati alle posizioni ed agli interessi dei poteri finanziari globali che dominano l’economia mondiale ed il sistema dei mass-media. Un movimento nazional-conservatore illuminato non può certo condividere una tale subordinazione: men che meno in nome del “pilota automatico” impostoci da un’Unione Europea filo-globalista e tecnocratica.
Anche perché, peraltro, questo stesso sistema ormai comincia a far acqua da tutte le parti e dovrà, prima o poi, essere riformato. Basti pensare che addirittura Draghi e Macron – sostanzialmente due banchieri “prestati” alla politica – stanno lavorando alla riforma del patto di stabilità: uno dei meccanismi economici più iniqui tra i tanti che gravano sui popoli europei. E se lo fanno è solo perché sanno bene che la situazione, così come è attualmente, non potrà reggere a lungo.
In questo contesto storico una forte proposta politica conservatrice, nazionale e riformista può giocare un grande ruolo non solo in Italia, ma, senza dubbio, anche in Europa quando esploderanno tutte le contraddizioni del Ppe e dei suoi alleati. Forze politiche che, in questi ultimi anni, sono risultate più che mai pervie e subalterne all’iniziativa globalista sia sul campo etico-culturale che su quello socioeconomico e finanziario.
L’autore di questo articolo è analista politico e saggista. Collabora con diverse testate cattoliche fra cui «Studi cattolici» e «Avvenire». Tra i fondatori del Mcl, ha diretto l’Ufficio Lavoro della DC ed è stato consigliere di amministrazione de «Il Sabato» e della Fondazione Pastore. Fino al 2015 è stato Coordinatore del Comitato scientifico della Fondazione Europa Popolare. Autore con Gianni Baget Bozzo del volume “Giuseppe Dossetti, la Costituzione come ideologia politica” (Ares) e con Andrea Tornielli di “Il denaro non governa. Politica, economia e ambiente nel pensiero sociale di papa Francesco” (Piemme).
Fonte: Pier Paolo Saleri | Tempi.it