Nei due anni di pandemia il sito archeologico è stato ripensato. L’archeologo Marcello Fidanzio: «Ora è possibile camminare fin sotto le grotte dove sono stati trovati i manoscritti»
Aspettare è la loro specialità: sono lì da millenni e due anni sono passati davvero in uno soffio. Così, mentre la pandemia rallentava tutto il mondo, i siti archeologici israeliani, svuotati di turisti, hanno saputo riorganizzarsi, vivendo un’accelerazione di procedure e lavori che ha prodotto molte novità. Marcello Fidanzio, direttore dell’Istituto di Cultura e Archeologia delle Terre Bibliche della Facoltà di Teologia di Lugano (FTL), è appena arrivato al sito di Qumran, nel pressi del Mar Morto: lì è ospitata la collezione di circa 950 manoscritti – in ebraico, aramaico e greco – che preservano letteratura religiosa giudaica al volgere dell’era, in uso al tempo di Gesù. «Il centro di visita, che da sempre attira migliaia di visitatori, è stato completamente ripensato – spiega l’archeologo dal Kibbutz Kalya, che si trova di fronte al sito –: i lavori permetteranno una presentazione più chiara degli spazi e una loro più adeguata comprensione. In particolare, l’area del grande cimitero è ora restaurata e chiaramente leggibile anche da un occhio inesperto».
Ma l’aspetto più rilevante riguarda il “sentiero dei rotoli”. «Ora è possibile camminare fin sotto le grotte dove sono stati trovati i manoscritti – spiega Fidanzio -. Il percorso si sviluppa per un chilometro e mezzo dalle rovine fino alla grotta 11Q, passando sotto le grotte 1Q e 2Q. Qui 75 anni fa è iniziata la storia moderna delle grandi scoperte di Qumran con i sette rotoli trovati nella prima grotta». Il loro ottimo stato di conservazione ci permette di leggere, per esempio, l’intero testo di Isaia, scritto nel I sec. a.C.: 66 capitoli su una striscia di pelle lunga oltre sette metri. «Un manoscritto elegante, che gli studiosi definiscono un’“edizione di lusso”, ma sorprendente se si considera che è scritto in una lingua “dialettale”, tanto da essere definito un testo “volgare”, del popolo, segno della vitalità nell’interazione con questi testi».
Novità anche più a Nord, a Magdala. Qui da alcuni anni il lavoro dei Legionari di Cristo ha realizzato un centro che permette ai visitatori di conoscere una sinagoga del I secolo e altri oggetti della cultura ebraica nella città che ha dato il nome alla Maddalena. È successo tutto per caso. «Poco tempo fa, alcuni lavori stradali hanno richiesto uno scavo di emergenza. Ed è venuta alla luce una seconda sinagoga dello stesso periodo – spiega Fidanzio –. È la prima volta che si trovano due sinagoghe del tempo di Gesù nello stesso centro urbano». Non sono poche le domande che ora accenderanno i dibattiti degli studiosi, ma intanto è possibile vedere la nuova struttura, che ha la stessa pianta di quella scoperta anni fa. «È uno spazio quadrato, con gradoni su tutti i lati, che mette coloro che vi entrano uno di fronte all’altro, favorendo così l’incontro e l’attività di formazione. Ma anche la discussione animata, come nel caso di un processo o di una decisione importante per la comunità. Tutte cose che avvenivano nelle sinagoghe nel I secolo», sottolinea l’esperto. «Annesso alla sala principale – continua – c’è un locale intonacato, con una mensola: potrebbe essere il luogo dove si tenevano i rotoli».
Sempre a Magdala, è stata annunciata la riapertura del primo sito archeologico scavato dai padri francescani: «Grazie a una collaborazione con la diocesi di Vicenza e alla disponibilità di molti volontari – conclude Fidanzio –, sarà possibile ritornare alla piazza, alla strada, vedere gli ancoraggi del porto scavati di recente, le terme. In una parola, tutto quanto rendeva Magdala un centro importante sul lago di Galilea, famoso per la lavorazione del pesce e la produzione del garum: una poltiglia, per noi immangiabile, che serviva come condimento, e che arrivava fino a Roma». Ora è possibile fare il percorso al contrario: da Roma alla Galilea, o a Qumran: Israele da inizio dicembre ha riaperto le porte e, assorbita l’ondata di Omicron, si sta riattrezzando per accogliere turisti e visitatori. Anche senza garum.
Fonte:Barbara UGLIETTI | Avvenire.it