“Fede e ragione nel terzo millennio” si intitola il nuovo saggio del vescovo della diocesi Faenza-Modigliana. Già segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il presule è tra i più autorevoli esperti di Dottrina sociale della Chiesa. A Interris.it monsignor Toso illustra i temi del libro in uscita. “No vax, ddl Zan e proposte di legge in materia di eutanasia mostrano i profili critici della laicità nella cultura italiana, che diventano luogo di ricostruzione del rapporto fede e ragione nel terzo millennio- spiega il vescovo-. Dopo le polemiche degli ultimi giorni l’Unione Europea ha ritirato le Linee guida sulla comunicazione esterna e interna contenenti la raccomandazione di non utilizzare nomi tipici di una religione (come ‘Maria’ e ‘Giovanni’) e di non usare l’espressione ‘Buon Natale’. Si tratta di un ulteriore segnale di un atteggiamento e di una cultura che non aiutano il cammino dei popoli europei verso una laicità che rispetti le differenze”.
Fede e ragione nel terzo millennio
“Solo una nuova cultura politica consentirà di instaurare un progetto di trasformazione della società e di ravvivare i mondi vitali- osserva monsignor Toso-. Sarà possibile stare in politica da cristiani, se si sarà sorretti da un nuovo movimento sociale e culturale. Da una spiritualità, che maturerà coltivando una formazione non solo delle coscienze in sé. Ma delle coscienze incarnate, situate storicamente, impegnate in un’azione costruttrice della società. Il che potrà avvenire, promovendo un discernimento incessante nelle aggregazioni, nelle associazioni e nei movimenti cattolici o ad ispirazione cristiana”. Perciò, prosegue il presule “si rifletta sul fatto che papa Francesco, in vista del cambiamento della politica e della rifondazione della democrazia a livello mondiale, pare contare di più sulla missione storica di movimenti popolari che non sugli attuali partiti”. Afferma il vescovo: “Nel novembre 2016 incontrando i movimenti popolari, il Pontefice il ha incoraggiati a rafforzarsi. Vincendo il rischio sia di farsi incasellare dall’attuale sistema socio-economico, sia di lasciarsi corrompere”.
Impegno politico dei cattolici
Ne deriva, secondo monsignor Toso, la necessità di “risemantizzare la laicità“. Aggiunge il presule: “L’impegno politico dei cattolici si attua come risposta ad una vocazione umana e cristiana alla politica. Per servire il bene comune. Per dare risposte coerenti e durature alle attese dei cittadini. Vivendo, giorno dopo giorno, quell’amore pieno di verità, ‘caritas in veritate‘, che Cristo dona ad ogni credente tramite il suo Spirito. L’azione politica del cristiano, in quanto azione di un credente, deve soddisfare alcune esigenze fondamentali. Tra le quali l’amore cristiano. La coerenza con la fede professata. Il rigore morale. La capacità di discernere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il necessario dal superfluo. Un’esistenza virtuosa. La capacità di esprimere un giudizio culturale in sintonia con la tradizione e le sue fonti. La competenza professionale. E, non ultima, la ‘passione’ per il bene comune“.
Al servizio del bene comune
“Ma il credente, che desidera dedicarsi al servizio del bene comune (nella politica e mediante la politica), non può ignorare che ciò esige la canalizzazione di correnti di opinione– evidenzia il vescovo Toso-. Al fine di convogliarle nelle istituzioni pubbliche, di promuovere norme. E, possibilmente, di governare o partecipare ai governi in accordo con esse. Se l’appartenenza e il senso di comunione ecclesiale risultano capitali per l’impegno sociale e politico dei cristiani, è importante tenere presenti luoghi e tempi per il loro accompagnamento. Per l’alimentazione della loro fede. Per il discernimento dei loro impegni e delle loro scelte. Per sostenere la loro ‘buona battaglia’. Una rinnovata, esigente e coerente presenza dei cattolici nella vita pubblica non può infatti ridursi ai loro concreti impegni politici. Una via da percorrere previamente è senz’altro la formazione delle loro guide spirituali. Ossia i vescovi e i sacerdoti, i formatori sociali. Assieme alla
rinascita (su basi nuove, adatte ai tempi, alle mille città del nostro Paese e capaci di rete) delle scuole di formazione sociopolitiche. Imperniate sulla Dottrina o Insegnamento sociale della Chiesa.
Vincere l’irrilevanza
“L’irrilevanza dei credenti in politica è spesso causata dal fatto che si appiattiscono su un concetto depotenziato di laicità. Quale quello promosso dalle correnti culturali neoindividualistiche e neoutilitaristiche, chiuse alla trascendenza– puntualizza monsignor Toso- Per vincere questa irrilevanza è imprescindibile la risemantizzazione della stessa laicità. I credenti potranno riprendere incisività e rilevanza culturale ed operativa, qualora recuperino un sano concetto di laicità. Fondato cioè sulla legge morale naturale. La laicità dello Stato non si struttura su un’indifferenza etica generalizzata. Bensì soltanto su piattaforme di beni-valori condivisi da tutti, che ricevono linfa dalla legge morale naturale. A sua volta alimentata dalle tradizioni e dalle comunità religiose”. Inoltre, sottolinea il presule “la risemantizzazione della laicità di uno Stato democratico, in particolare, presuppone una sostanziale fiducia nella persona umana. Nella sua ragione (capace di conoscere il vero e il bene, ma anche fallibile). Nella coscienza morale. Negli ethos delle società civili fecondati dalle comunità religiose.
Esistenza e trascendenza
“Assistiamo al fenomeno moderno e postmoderno della desemantizzazione progressiva della laicità. A causa dell’affermarsi di una cultura sempre più secolarizzata sconfinante nel secolarismo. Come è stato sollecitato ripetutamente da Benedetto XVI- sostiene il vescovo Toso-. Quindi risulta indispensabile un impegno pluriarticolato. Volto alla riscoperta di una ragione integrale. E alla diffusione di un ethos aperto alla Trascendenza. Nonché alla realizzazione di una nuova evangelizzazione. Questa appare indispensabile non solo in ordine al compito primario di annunciare Cristo salvatore in una società multietnica e multireligiosa. Ma anche per la liberazione e l’umanizzazione delle culture e degli ethos, che sono a fondamento degli ordinamenti giuridici e della laicità dello Stato”.
La ragione morale
“Lo Stato laico di diritto, a fronte del primato della persona e della società civile, non può considerarsi fonte della verità e della morale in base ad una propria dottrina o ideologia– chiarisce monsignor Toso-. Esso riceve dall’esterno, dalla società civile pluralista ed armonicamente convergente, l’indispensabile misura di conoscenza e di verità circa il bene dell’uomo e dei gruppi. Non la riceve da una pura conoscenza razionale, da curare e proteggere mediante una filosofia totalmente indipendente dal contesto storico. In quanto non esiste una pura evidenza razionale. Avulsa dalla storia”. Conclude il presule: “La ragione metafisica e morale agisce solo in un contesto storico, dipende da esso. Ma allo stesso tempo lo supera. In breve, lo Stato trae il suo sostegno da preesistenti tradizioni culturali e religiose e non da una ragione nuda. Lo riceve da una ragione che matura all’interno di pratiche e di istituzioni a lei favorevoli. Nella forma storica delle fedi religiose che tengono vivo il senso etico dell’esistenza e della sua trascendenza”.
Fonte: Giacomo GALEAZZI | InTerris.it