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Perché contro Ratzinger?

Ancora sugli attacchi a Ratzinger dopo il post di Pappalardo. Gli Appunti del Papa emerito sulla crisi nella Chiesa dopo il 68 forse all’origine di questo nuovo attacco. La soluzione sta nel chiedere il perdono alle vittime senza mai rinunciare alla bellezza integrale del messaggio cristiano. L’articolo uscirà su Tempi (febbraio 2022).

Benedetto XVI è stato un Papa inviso al mondo “mondano” che non ha mai smesso di suscitare attacchi contro di lui. Ma sembra che la sua “scomodità” continui anche dopo il suo ritiro. Diversamente sarebbe inspiegabile il modo in cui è stato coinvolto nella vicenda relativa ai casi di pedofilia nella storia della Chiesa tedesca dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, per presunti casi di scarsa attenzione nei confronti di quattro episodi di pedofilia quando è stato arcivescovo di Monaco di Baviera dal 1977 al 1982.

Molti hanno cercato una risposta a questo accanimento contro un pastore che vive ritirato come un certosino, di oltre novant’anni, mite come è sempre stato, che non ha mai usato la sua profonda cultura per deridere o umiliare gli avversari suoi e della Chiesa, ma ha sempre cercato un dialogo paziente, certamente rivolto alla ricerca della verità e quindi mai irenistico, ma sempre corretto, educato, senza forzature ideologiche. Alcuni hanno creduto di trovare in “questo tirare in ballo Ratzinger” un vero e proprio attacco alla Chiesa proveniente dal “mondo” e favorito all’interno del mondo cattolico da alcuni pastori come quelli che stanno portando avanti il Sinodo della Chiesa tedesca, che credono come l’unica risposta possibile agli attacchi del mondo sia quella di ignorarli o addirittura di farli propri almeno in parte, così pensando di “ritagliare” alla Chiesa uno spazio di sopravvivenza in un mondo ostile.

Non è una novità. Le cosiddette “eresie bianche” che scelgono di rimanere nella Chiesa per “cambiarla” dall’interno, di fatto per “mondanizzarla”, hanno già provato questa strategia. Lo fece il giansenismo nel XVIII secolo e soprattutto il modernismo, all’inizio del XX secolo. Cedere qualcosa, non dire tutta la verità per rimanere vivi, o almeno per provarci. Di fatto, si trattava e si tratta di una mancanza di speranza, quella teologale, ma anche quella umana, che nelle situazioni più drammatiche e difficili non dimentica la vicinanza della Provvidenza.

Ratzinger non è mai stato così. La sua vita e la sua straordinaria produzione dottrinale, ma soprattutto il suo magistero pontificio sono a dimostrare come ha sempre cercato di coniugare riforme e continuità per rendere sempre più accessibile all’uomo contemporaneo l’unica Verità che salva. Questa posizione lo portò a sancire definitivamente, con tutta l’autorità del Magistero petrino, nel celebre discorso alla curia romana del 22 dicembre 2005, che la lotta attorno al Concilio Vaticano II doveva finire perché l’unica lettura veramente cattolica è quella della «l’“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa». E questo perché «L’ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare» come disse nello stesso discorso.

Nella stessa prospettiva ha sempre cercato di non sottovalutare la portata enorme dello scandalo della pedofilia clericale. Quest’ultimo è un peccato che grida vendetta al Cielo soprattutto perché commesso da chi approfitta dell’abito clericale per circuire bambini che si fidano del sacerdote. Ratzinger è stato colui che ha impresso alla Chiesa un atteggiamento di attenzione speciale e di richiesta di perdono nei confronti delle vittime degli abusi clericali e delle loro famiglie, invitando la Chiesa a chiedere perdono per i delitti commessi dai suoi figli. Così fa un buon padre, che non volge lo sguardo dall’altra parte quando i suoi figli compiono dei delitti.

Nello stesso modo, il buon padre non può accettare che il “mondo” si approfitti di questi comportamenti infami per accusare tutta la Chiesa e per invitarla a cambiamenti radicali nella direzione del “pensiero mondano”. Così ha fatto per esempio Gad Lerner il 26 gennaio sul Fatto quotidiano, ma così purtroppo vorrebbe che la Chiesa facesse anche una porzione di pastori, come quelli che guidano il Sinodo della Chiesa tedesca.

Nel 2019 l’allora già emerito Benedetto XVI scrisse un testo dopo l’incontro di Papa Francesco con i responsabili delle conferenze episcopali del mondo per riflettere sulla crisi della fede e della Chiesa in seguito alla diffusione delle notizie degli abusi commessi da chierici su minori. Questi Appunti (cfr. Cristianità, n. 397/2019) fanno stato della genesi di come la pedofilia divenne un fenomeno accettato e praticato nel contesto di una rivoluzione culturale, il Sessantotto, che aveva nella componente sessuale un aspetto importante. Questa rivoluzione penetrò nel corpo della Chiesa (non solo certo, ma anche), in particolare nei seminari, e attaccò la teologia morale fondata sul diritto naturale. Le conseguenze sono state devastanti anche per colpa di molti pastori che non vollero vedere e contrastare questa deriva relativistica. Ma la Chiesa non può essere ridotta agli scandali e ai peccati dei suoi figli, ribadisce con forza Ratzinger nei suoi Appunti, perché la fedeltà e l’amore per la gloria di Dio di tanti fedeli è sempre rimasta e continua a essere presente nella vita della Chiesa stessa.

Proprio in seguito a questa posizione, caratterizzata dall’et-et, cioè dallo sforzo di combattere tutti gli errori che sconvolgono la Chiesa, cioè di non rispondere a un errore ideologico con l’errore opposto, come appunto nel caso dell’interpretazione del Concilio, Papa Ratzinger è sempre stato attaccato dal “mondo”, sia come Prefetto della Congregazione della dottrina della fede, sia come Pontefice e poi come emerito. Chi avesse la pazienza di leggere il capitolo La demondanizzazione della biografia di Benedetto XVI scritta da Peter Seewald (Garzanti 2020) scoprirà come il sistema dei media orchestrò il proprio attacco al Papa e quanto era già allora difficile il rapporto di Ratzinger con la Chiesa tedesca, dalla quale proveniva e che conosceva molto bene.

Pertanto, anche in questo caso, et-et: i cattolici chiedano perdono alle vittime per i delitti dei loro confratelli, come ci insegnò san Giovanni Paolo II nel grande Giubileo del 2000, ma non accettino mai la pressione del “mondo mondano”, che vuole la trasformazione della Chiesa perché sa che il corpo di Cristo è l’unico ostacolo al suicidio del mondo occidentale. E amando la Chiesa si ricordino di non dividerla, portando obbedienza al Magistero perenne della Chiesa Cattolica, come insegna lo stesso Ratzinger che conclude i suoi Appunti ringraziando Papa Francesco «per tutto quello che fa per mostrarci di continuo la luce di Dio che anche oggi non è tramontata. Grazie, Santo Padre!».

Fonte:  Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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