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Chiediamo che finisca l’epidemia dell’odio

Qualche giorno fa ho fatto un’intervista al parroco di Santa Maria in Portico in Campitelli, e ho scoperto un’altra delle meraviglie sconosciute di Roma. Mea culpa. Ci passo spesso davanti correndo quando faccio “il giro del centro”, ma sono sempre impresentabile, sudata, ben che vada (spesso in pantaloncini e canottiera) e poi non ci si ferma mai correndo, se non in caso di decesso, proprio o altrui (una volta ho rialzato una vecchietta caduta, una volta un motociclista, ma appena arrivato qualcun altro mi sono volatilizzata).

 

Insomma, era un sacco che volevo entrare a vedere le meraviglie che sbirciavo dalla porta. Finalmente una settimana fa l’ho fatto, e ho scoperto che si tratta di un capolavoro barocco, c’è praticamente l’altare della Confessione di San Pietro in scala. Al centro, un’icona miracolosa della madonna, molto antica, alla quale la città si era affidata per l’epidemia di peste del 1656. Il Papa Alessandro VII incaricò di costruire la nuova chiesa, sul luogo di una più antica, l’allievo del Bernini, che incastonò la piccola immagine in un tripudio di oro e luce e decorazioni.

Il primo pensiero è stato: perché non costruiamo più simili capolavori? Mi è anche balenato il fuggevole pensiero di trascinare gli amici in un’impresa pazza: facciamo anche noi un voto e costruiamo anche noi una chiesa. Mi sono subito vista la mia amica Monica partire lancia in resta, quella è pericolosa quindi glielo dico subito: no, Monica, non ce la possiamo fare stavolta.

Però mentre osservavo i particolari minuti dell’altare, gli angeli, i fasci di luce realizzati col legno, la cura dei particolari, ho pensato che oggi anche noi possiamo provare a costruire un’altra cattedrale. E anche noi possiamo fare un voto. Chiediamo a Dio che ci guarisca. Non dal virus. Ma dalla perdita di fede e di comunione che la gestione dell’emergenza sta lasciando sul campo. Da quando conosco un po’ il mondo cattolico non ho mai visto tante e così laceranti spaccature, e questa cosa mi addolora. Non possiamo permettere che il demonio ci divida così. “Vi riconosceranno da come vi amerete”, dice ai suoi Gesù, ed è davvero possibile, lo vorrei gridare, volersi bene anche se la si pensa diversamente sulle questioni sanitarie e giuridiche. Ma diversamente proprio tanto. È possibile.

Diverse persone mi hanno chiesto perché non scrivo più spesso sul blog. Perché davvero non c’è quasi più nessun argomento che non susciti una polemica, che non divida, che non ci faccia litigare. Non ho paura a dire quello che penso, ma deve essere uno a uno, guardandosi in faccia o almeno scrivendosi personalmente. Non è che non voglia espormi, ma non voglio esporre la divisione, non in rete. Abbiamo un po’ tutti cambiato la nostra vita, e ognuno ha portato la sua parte di fatica. Chi non ha sofferto direttamente, ha sofferto vedendo qualcuno che soffriva. Forse molti di noi hanno ferite aperte, nervi scoperti. Chi ha combattuto in prima linea, e lo sta ancora facendo, è stanco morto. Non si può parlare di certe cose, secondo me, se non abbracciandosi prima, o guardandosi negli occhi, dicendo: tu per me vali più di quello che pensi su questa cosa. C’è da dire che ho visto nascere anche nuove amicizie, una complicità e una solidarietà con persone nuove, e questo ovviamente va benissimo, basta che non sia una alleanza “contro”.

In generale io penso che avremo una visione chiara solo fra qualche tempo, forse. Per il momento, per me, nessuna affermazione è un assoluto, solo Cristo lo è. E quello che lui ci chiede, di questo sono sicura, non è tenere una certa condotta o un’altra, ma cercare di amarci. Almeno di volerci bene. Di sopportarci, forse. Va beh, dai, facciamo che ci chiede almeno di non odiarci, di non parlare male gli uni degli altri.

Non mi riesce facile (l’unico motivo per cui vorrei vedere Sanremo, se mai qualcuno mi lasciasse l’unico telecomando di casa, sarebbe “fare il taglia e cuci”, criticare, uno dei miei sport preferiti), ma qualche volta l’ho sperimentato. Quando cominci ad amare il nemico ti si rompe qualcosa dentro, si viene come liberati da un incantesimo. Una specie di calcolo renale che si scioglie, un calore che si diffonde. E’ inspiegabile, bisogna solo provarlo. Ovviamente quando dico amare il nemico non intendo che improvvisamente il capo che ti vessa da anni, il parente che ti odia, il vicino che ti fa i dispetti ti diventino veramente cari. Intendo che metti in pratica le tre regole (io le chiamo di Padre Emidio, perché me le insegnò lui in un momento particolarmente difficile al lavoro): 1) non parlare mai male di quella persona 2) prega per lei 3) appena puoi fai dei gesti concreti in suo favore. Quando si comincia, si avverte inizialmente una resistenza fortissima, ma poi piano piano davvero si sciolgono i nodi, le catene si rompono, il divisore perde potere su di noi. Rimane la fatica, ma con una dolcezza nuova.

E torno alla cattedrale di cui dicevo all’inizio (no, Monica, non partire con la raccolta fondi). Mi piacerebbe se qualcuno di noi prendesse l’impegno di costruire nella sua vita, con i gesti, le parole, le preghiere, una cattedrale, come quelle di una volta. Magari non come la chiesa barocca che citavo, ma come una medioevale. Mi viene in mente il duomo di Modena, con dei particolari mozzafiato scolpiti lassù, in alto, dietro la colonna, in un punto che bisogna far fatica a vedere. Lo stesso per il Duomo di Orvieto, che mentre veniva costruito aveva fuori il dottore della Chiesa, Tommaso d’Aquino, che da sotto la tenda verificava con tutti gli altri che ogni particolare, anche il meno evidente, fosse teologicamente corretto. Facciamo un ex voto: chiediamo che finisca l’epidemia dell’odio, in cambio noi costruiremo opere d’arte nelle nostre vite, ma nei particolari, anche in quelli più minuti che nessuno vede, in cui cerchiamo di non sparlare, criticare, arrabbiarci, ma neppure lasciarci sopraffare dallo scoramento, dall’amarezza, dalla tristezza, perché anche quello è fare il gioco del demonio. Un atto di amore cambia la storia più di una cattedrale, che un giorno crollerà, mentre i gesti e le parole risuoneranno nell’eternità.

Fonte: CostanzaMirianoblog.com

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