Caro direttore, ancora una volta, Benedetto XVI si è dimostrato un gigante scrivendo la lettera ai fedeli della diocesi di Monaco, di cui è stato pastore per alcuni anni. Solo un santo cattolico può usare parole così infinitamente alte scrivendo di gratitudine, di famiglia, di vita, di morte, di peccato, di perdono, cioè delle cose sacre di questa nostra misteriosa esistenza. E, innanzi tutto, in mezzo a questa melma creata dal peggio del “mondo” (penetrato anche dentro la Chiesa), è riuscito a parlare di gratitudine nei confronti del grande popolo che è stato con lui.
Anche di fronte alle tragedie della vita, il santo cristiano riesce a parlare di gratitudine. Una cosa immensa e incredibile. Ed ha parlato di “famiglia”, della “piccola famiglia nel Monastero ‘Mater Ecclesiae la cui comunione di vita in ore liete e difficili mi dà quella solidità interiore che mi sostiene”. Parole di un santo dedicato unicamente a servire la vigna del Signore, che ogni famiglia dovrebbe leggere e rileggere.
E poi ha scritto di peccato: solo un santo cattolico può ricordare, in questo mondo di presuntuosi pronti solo ad auto incensarsi, che in ognuno di noi esiste la possibilità del peccato, tanto è vero che la liturgia della Chiesa pone la confessione dei peccati all’inizio di ogni Santa Messa. E solo un santo cattolico può arrivare a chiedere perdono per peccati non commessi personalmente: arriva a tanto perché ha presente che misteriosamente esiste la comunione dei santi (peccatori) tra tutti noi.
Esiste quel peccato originale che ci accomuna al peccato di Adamo e ci rende corresponsabili di tutto il bene, ma anche di tutto il male che avviene nel mondo. Siamo misteriosamente corresponsabili di ogni peccato che viene commesso dentro il corpo della Chiesa e questo rende veramente seria la nostra vita.
Solo un santo cattolico può parlare senza nascondimenti ma anche con grande serenità e fede del tema della morte, quando scrive che “ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita”, a cui Benedetto XVI si presenterà, comunque, “con animo lieto” perché “mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano”. Vertice inaudito della positività di un’intera vita, che gli “consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.
Penso che dobbiamo meditare a fondo la lettera di papa Benedetto, perché essa costituisce un grandioso compendio dei drammi che la vita ci riserva. Anche nei momenti più bui, il cristiano sa che non deve temere, perché il Figlio dell’Uomo c’è e c’è per sempre.
GRAZIE, Benedetto!
Fonte: Peppino Zola |Tempi.it