Intervista a Lucio Caracciolo, direttore di Limes: «Mosca vuole mantenere Kiev a bagnomaria. Minacciando l’intervento ha evidenziato le faglie del fronte europeo ottenendo una vittoria. Ma può ancora perdere la partita»
Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di Limes, è esperto di temi della geopolitica russa. Con lui abbiamo dialogato sulla crisi che coinvolge Russia, Ucraina, Stati Uniti e paesi europei.
Lei ha scritto che se i russi entrassero con i carri armati a Kiev, per loro sarebbe un suicidio politico, perché otterrebbero l’opposto di quello che vogliono. Cioè compatterebbero la Nato, perderebbero la faccia a livello internazionale, scatenerebbero una serie di sanzioni pesanti nei loro confronti. E io aggiungo che si impaluderebbero in una situazione di logoramento come gli americani in Vietnam o in Iraq. Perché secondo lei invece gli americani e gran parte dei media occidentali hanno trasmesso l’impressione di una guerra imminente, e la gente ci ha creduto e continua a crederci?
Una prima spiegazione è l’insipienza tattica, la seconda spiegazione è la disinformazione russa e la terza spiegazione è che qualcuno di questi spera veramente che i russi si rovinino invadendo Kiev.
L’affermazione che molti stanno facendo secondo cui Putin ha vinto senza sparare un colpo si specchia perfettamente nella dichiarazione del cancelliere tedesco Scholz: «Per gli Europei è chiaro che una durevole sicurezza non può essere ottenuta contro la Russia, ma solo con la Russia». Scholz sta dicendo quello che gli americani pensano ma non possono dire ad alta voce, oppure segnala una divisione all’interno della coalizione occidentale?
Una via di mezzo, nel senso che probabilmente lui ha avuto via libera dagli americani per dire le cose che ha detto per smorzare in qualche modo la tensione; comunque sia, gli americani un canale di dialogo con i russi lo hanno aperto. Allo stesso tempo Scholz non parla per gli europei, ma per una parte. Parla per la Germania, e in modi diversi su questa linea ci siamo noi italiani, i francesi e gli spagnoli. Certamente non è la linea della Polonia o dei baltici.
Il summit della Nato che prometteva a Ucraina e Georgia di accogliere la loro domanda di adesione alla Nato si è tenuto a Bucarest nel lontano 2008. Sono passati 14 anni, ma di Ucraina e Georgia nella Nato non c’è nemmeno l’ombra. Questo fa pensare che i motivi per cui la Russia ha alzato la tensione con le manovre militari alle frontiere con l’Ucraina siano ben altri. Quali?
Fino a un certo punto. È vero che dal 2008 ad oggi non si è fatto quasi nulla, e che non c’è all’ordine del giorno l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Però la questione è aperta e i russi vogliono chiuderla. Come la chiudono? Io credo che dal loro punto di vista la chiudono mantenendo l’Ucraina a bagnomaria. Il rischio però è che in questa operazione di alta acrobazia l’Ucraina finisca per disintegrarsi completamente, perda altri pezzi dopo la Crimea e il Donbass. È interessante che americani, britannici, olandesi e altri abbiano spostato le ambasciate a Leopoli, nell’Ucraina occidentale, dove è più forte il sentimento nazionalista, una regione che non ha mai avuto molto a che fare con la Russia.
Perché Putin ha scelto proprio questo momento per giocare la sua partita? Perché giudica l’amministrazione Usa debole, e quindi incline a cedere alle sue richieste, o per ragioni di ordine interno alla Russia?
Bisognerebbe chiederlo a Putin, ma io direi le due cose insieme. È chiaro dal suo punto di vista che in generale una fase in cui l’amministrazione americana e gli Stati Uniti sono così deboli doveva essere sfruttata, e lo ha fatto. Poi c’è il fattore interno: il sostegno dell’opinione pubblica russa c’è. Le scelte di Putin rappresentano anche un modo per riaffermare il suo ruolo e forse per dirci che si candiderà ancora nel 2024.
Lei ha scritto che uno degli obiettivi della manovra russa è di destabilizzare l’Ucraina. Perché Mosca avrebbe bisogno di destabilizzare l’Ucraina? Il controllo russo sulla Crimea appare saldo e come si diceva sopra l’ingresso dell’Ucraina nella Nato resta un miraggio.
Però nel frattempo è successo che nel 2014 gli americani si sono presi Kiev, ed è per questo che i russi si sono ripresi la Crimea. E Kiev è più rilevante della Crimea. Quindi il fatto che anche senza Crimea l’Ucraina possa un giorno entrare nella Nato, oppure senza entrare nella Nato accogliere armamenti e installazioni militari americane, questo ai russi non va giù. Poi non dobbiamo dimenticare che la partita va ben oltre l’Ucraina, riguarda l’assetto di sicurezza paneuropeo che i russi vorrebbero concordare con gli americani, e comunque, almeno su alcuni aspetti, americani e russi parrebbero disposti a negoziare; anzi, stanno negoziando.
Putin può ancora perdere la partita? Immaginiamo che gli Usa e la Nato non facciano nessuna mossa: non aprono le porte all’Ucraina, come hanno fatto finora, e nemmeno aprono un canale con Mosca per discutere l’assetto della sicurezza in Europa. Questo non sarebbe una sconfitta per Putin, sia che decidesse di ritirare le truppe sia che decidesse di attaccare?
La Russia può certamente perdere ancora la partita sia per errori suoi sia perché gli americani potrebbero in qualche modo metterla all’angolo. Di fatto comunque in questa fase americani e russi hanno ripreso a negoziare e il fronte cosiddetto europeo ha evidenziato le sue faglie. Sotto questo profilo Putin ha ottenuto un successo, ma la differenza di fondo, in questa partita, è che per Putin si tratta di una questione di vita o di morte, perché un’Ucraina nella Nato sarebbe la fine sua e del suo regime, ma probabilmente anche la fine della Russia come Stato. Per l’America è una questione relativamente rilevante: in questo momento gli americani hanno altre priorità.
La Cina?
No, la priorità dell’America oggi è l’America. Rimettere un minimo di ordine interno in tutto quello che è successo negli ultimi anni. Tutto il resto viene dopo.
Quindi torniamo al ragionamento di prima: Putin ha rilevato il momento di debolezza interna americana, ed è per questo che si è mosso.
A partire dalla sua propria posizione di debolezza. La Russia è sempre sul crinale che può precipitarla nel disastro. Però quando è sul crinale di solito la Russia dà il meglio di sé. Non sarà facile tenere a bada le sue aspirazioni.
Fonte: Rodolfo Casadei | Tempi.it