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LETTURE/ Putin, la libertà dell’Ucraina e la “risposta” di Grossman

Un pellegrinaggio per la pace. Il gesto apparentemente più lontano rispetto a quanto accade in Ucraina. La risposta di Vasilij Grossman

Caro direttore,
di fronte al nuovo shock mondiale causato dalla guerra, si vedono diversi atteggiamenti assunti da intellettuali, esperti e gente comune.

C’è, innanzitutto, chi identifica Putin e la Russia in genere con il “male”, o con una delle sue tante figure, secondo la tendenza manichea a separare i buoni dai cattivi e a concepire la storia come il campo della lotta tra il principio delle tenebre e quello della luce. Si tratta di una tendenza, per così dire, vissuta dagli uomini di ogni tempo e basata sulla pretesa egocentrica di essere i ministri del vero, che confina “gli altri” nel cono d’ombra della falsità e radicale menzogna. A costoro, bisognerebbe ricordare la lezione di Hannah Arendt, che, pensando di vedere in Eichmann la personificazione del male, si trovò, invece, di fronte a un banale burocrate: “quanto più lo si ascoltava, tanto più era evidente che la sua incapacità di esprimersi era strettamente legata a un’incapacità di pensare, cioè di pensare dal punto di vista di qualcun altro […]. Malgrado gli sforzi del Pubblico Ministero, chiunque poteva vedere che quest’uomo non era un mostro, ma era difficile non sospettare che fosse un buffone”.

Vi è, poi, la posizione apparentemente contraria di chi – spesso politici o docenti universitari che hanno preso il posto dei virologi – sostiene che la realtà è molto più complessa, perché la storia insegnerebbe che, fin dal principe Vladimir il Grande, Ucraina e Russia sarebbero una sola terra, inscindibile l’una dall’altra, nonostante le vituperate velleità occidentali e, segnatamente, americane. A costoro bisognerebbe ricordare che sul territorio ucraino ci sono i carri armati russi, non della Nato e invadere un’altra nazione, parimenti sovrana, massacrando uomini, donne e bambini non può giustificarsi per il rifiuto, da parte di chi è invaso, di arrendersi all’invasore. È una variante razionalistica del manicheismo, volta a forzare la realtà in una unità speculativa superiore, quasi una sorta di “nottola di Minerva”, per giustificare ogni ordine storico con le esigenze della  “comprensione”.

Quale posizione può essere corretta? Domenica scorsa, per questa situazione, sono andato al santuario di Oropa a pregare la Madonna. Ho visto tanta gente muoversi con la stessa mia intenzione, individualmente o collettivamente. Ho visto il primo pellegrinaggio di una comunità locale in presenza, dopo due anni di pandemia. Nel saluto di accoglienza, il rettore del santuario ha detto che simili gesti possono essere vissuti superficialmente, un po’ borghesemente, pensando che è facile pregare quando altrove cadono le bombe è la gente muore. Invece, è vero il contrario: proprio quando si pensa di non avere bisogno di simili gesti – ha osservato – il seme della guerra mette radici dentro di noi e si riversa violentemente sugli altri. Queste parole sono state molto preziose per me, al pari delle tante scintille di umanità, lette in storie impensabili di accoglienza da parte della gente dei paesi confinanti e di ogni angolo in Europa verso gli oltre due milioni di profughi.

Concludo con le parole del breve ed intenso racconto di Vasilij Grossman, composto dopo aver visto il quadro della Madonna Sistina di Raffaello, prima del ritorno dell’opera a Dresda, nel 1955. Metterebbe conto riportarlo per intero, ma, non potendo, cito solo la conclusione: “Lei [la Madonna] ha vissuto la nostra vita, con noi. E giudicateci dunque, noi, tutti gli uomini, con la Madonna e suo figlio. Noi fra poco ce ne andremo i nostri capelli essendo già bianchi. Ma lei, questa giovane madre, lei andrà incontro al suo destino portando suo figlio fra le braccia e con un’altra generazione di uomini vedrà una luce potente e accecante: la prima esplosione di una bomba superpotente all’idrogeno, con cui si annuncia l’inizio di una nuova guerra, totale. Cosa possiamo dire noi, gli uomini dell’epoca del fascismo, davanti al tribunale del passato e del futuro? Non abbiamo alcuna giustificazione. E diremo: non c’è mai stato un tempo duro come il nostro, eppure non abbiamo lasciato che morisse ciò che di umano c’è nell’uomo. Guardando partire la Madonna Sistina, noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola, e che non c’è niente al di sopra di ciò che di umano c’è nell’uomo. Ed è questo che vivrà in eterno, e vincerà”.

Fonte: Gian Luca Barbero | IlSussidiario.it

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