Sopra La Notizia

La grande battaglia sui diritti umani spiegata da Mary Ann Glendon e Peter Berkowitz

L’ex ambasciatrice Usa in Vaticano e il giurista ex membro del Dipartimento di Stato fanno parte della Commissione sui diritti inalienabili voluta da Trump e bocciata da Biden. Intervista

Nel luglio 2019 l’amministrazione Trump istituiva una Commissione sui Diritti Inalienabili. La commissione – presieduta dall’eminente giurista e accademica Mary Ann Glendon – comprendeva accademici, filosofi, attivisti e doveva offrire al governo americano consigli e raccomandazioni nel campo dei diritti umani a livello internazionale.

In particolare alla commissione veniva richiesto di riflettere sull’attuale discorso sui diritti umani e di rilevare se tale discorso si fosse allontanato o meno da quei principi fondanti la nazione americana che sono la legge naturale e i diritti naturali. Date queste premesse non stupisce che nell’era dei nuovi diritti, delle identità fluide e della cultura woke questa iniziativa non è stata ricevuta positivamente dal mainstream statunitense e d’oltre oceano.

La commissione è stata fortemente criticata dai democratici e da ong come Human Rights Watch – una delle più influenti organizzazioni non governative nel campo dei diritti umani. Il mandato della commissione, colpevole di essere stata creata sotto Trump, è stato revocato dall’amministrazione Biden e l’attuale Segretario di Stato Blinken ha rigettato con parole dure il rapporto prodotto. Di fronte a ciò c’è da chiedersi se la riflessione sui diritti umani sia destinata a essere ostaggio delle tensioni politiche, perdendo quel carattere fondamentale e universale riconosciuto a tali diritti nel secondo dopo guerra a seguito di una profonda riflessione sugli orrori sperimentati in quell’epoca.

Ci siamo confrontati con Mary Ann Glendon, presidente della commissione e docente di diritto presso l’Università di Harvard, esperta di diritti umani e diritto comparato ed ex ambasciatrice di Washington presso la Santa Sede, e Peter Berkowitz, Segretario Esecutivo della Commissione e Tad and Dianne Taube Senior Fellow alla Hoover Institution della Università di Stanford.

Perché durante l’amministrazione Trump il governo degli Stati Uniti sentì il bisogno di creare una commissione sui diritti inalienabili, e qual era il suo mandato specifico?

Berkowitz: L’allora Segretario di Stato Mike Pompeo creò la commissione convinto che la difesa dei diritti umani fosse una caratteristica essenziale della democrazia in America. A questo si deve aggiungere una certa preoccupazione verso l’attuale confusione sulla natura e sullo scopo dei diritti, la politicizzazione e la burocratizzazione delle organizzazioni internazionali sui diritti umani, e i dubbi riguardo il ruolo dei diritti umani in una politica estera americana responsabile.

Il mandato della commissione era pertanto quello di offrire un parere sul ruolo dei diritti umani nella politica estera degli Stati Uniti: se servissero gli interessi americani, se riflettessero gli ideali americani e rispettassero gli obblighi internazionali che gli Stati Uniti avevano assunto. Tale parere doveva essere fondato sui principi dei padri fondatori degli Stati Uniti, sulla tradizione costituzionale americana e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Diversi errori hanno compromesso la discussione sui diritti umani negli Stati Uniti. Critici sia della sinistra che della destra vedono il movimento dei diritti umani come uno strumento per promuovere una falsa idea di universalità. Nella sinistra alcuni sostengono che i diritti umani sono niente più che un mezzo per promuovere l’imperialismo occidentale e il colonialismo. Altri nella destra sostengono che la funzione essenziale dei diritti umani sia quella di minare la sovranità nazionale e di imporre obiettivi politici progressisti.

Alcuni attivisti dei diritti umani pongono erroneamente sullo stesso piano quei diritti inalienabili che si presentano come principi pre-politici universali e oggettivi – e in quanto tali criteri fondamentali che dovrebbero guidare il diritto e la politica – con accordi internazionali realizzati da attori politici nel tentativo di fissare e proteggere tali diritti. Altri ancora confondono la distinzione tra i diritti rivendicati da questo o quel gruppo e i diritti umani che in quanto tali appartengono a tutte le persone a prescindere dal gruppo con cui un individuo si identifica.

In questo senso la critica di Kenneth Roth alla commissione è un esempio significativo di questa confusione. Egli accusa la commissione di promuovere «una versione dogmatica della libertà religiosa allo scopo di giustificare restrizioni della libertà riproduttiva e dei diritti delle persone LGBT» senza portare alcuna evidenza a sostegno di tale critica. Il rapporto della commissione esplora le radici profonde della libertà religiosa secondo la tradizione costituzionale americana e rintraccia la sua profonda relazione con l’idea di libertà religiosa contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Il rapporto afferma che la libertà religiosa è ciò che i padri fondatori americani chiamarono un diritto inalienabile – che oggi è più comunemente chiamato diritto umano – cioè un diritto che è inerente a tutte le persone. Pertanto il rapporto chiarisce che proprio in quanto persone, tutti coloro che appartengono alla comunità LGBT condividono tali fondamentali e indispensabili tutele. Per quanto poi riguarda la libertà riproduttiva, la commissione nota che negli Stati Uniti accade spesso che entrambe le parti di questo difficile dibattito (pro life e pro choice) esprimano le loro rivendicazioni in termini di diritti fondamentali, mostrando la centralità di tali diritti nella tradizione costituzionale americana nonostante il profondo disaccordo sulla corretta interpretazione e applicazione di questi principi.

Il nuovo Segretario di Stato di Biden, Antony Blinken, ha rigettato il rapporto finale della commissione definendolo fazioso e affermando che non ci sono diritti più importanti di altri: «I diritti umani sono uguali e non gerarchici». Ci potete aiutare a comprendere questa critica?

Glendon: Quando si parla di gerarchia dei diritti non si sta usando un termine appartenente al linguaggio giuridico proprio del diritto internazionale. Come abbiamo sottolineato nel rapporto della commissione, il diritto internazionale riconosce importanti distinzioni tra i vari diritti di cui alcuni – inclusi quelli fondamentali come il divieto di tortura o di lavoro forzato, e il diritto a godere della libertà di pensiero, coscienza e religione – sono designati come non derogabili (il che significa che non possono essere sospesi anche in periodi di emergenza nazionale). Con le sue affermazioni il Segretario di Stato Blinken sembra quindi scontrarsi con i fondamenti dello stesso diritto internazionale. Quando i funzionari di un governo o i difensori dei diritti umani ignorano distinzioni giuridiche che sono ben consolidate, non è difficile pensare che tali principi fondamentali del diritto non facciano parte della loro agenda politica. Questo accade spesso quando i diritti stabiliti confliggono con le rivendicazioni di nuovi diritti che non hanno ancora ricevuto riconoscimento attraverso processi democratici ordinari nei loro paesi o nel diritto internazionale.

Il problema è che certi atteggiamenti dell’establishment internazionalista si scontrano con gli elementi fondamentali del grande progetto dei diritti umani del secondo dopo guerra. Per esempio, la tendenza diffusa a selezionare diritti riconosciuti nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo privilegiandone alcuni e ignorandone altri contraddice il principio di indivisibilità e interdipendenza di quei diritti. Inoltre, ci sono tentativi di riconoscere come diritti fondamentali idee problematiche, come il diritto all’aborto, che non suscitano un consenso internazionale e che gli autori della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo saggiamente lasciarono alla decisione di ciascuna nazione. Infine, c’è un tipo di internazionalismo che tende a collocarsi al di sopra degli stati sovrani e della società civile, formulando i propri obiettivi principalmente secondo propri concetti di diritti umani, e spesso trattando il diritto sovranazionale come uno strumento per ottenere risultati che sono stati rigettati dai processi politici democratici nazionali.

Perché tornare ai principi come quelli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è così importante?

Berkowitz: Ritornare ai principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e della Dichiarazione di Indipendenza americana è stato necessario a causa della diffusa confusione che permea il discorso sui diritti umani – in parte originata dagli sforzi degli attivisti a trasformare i diritti umani in uno strumento per la promozione di agende politiche faziose, in parte nata da coloro che hanno confuso gli eccessi degli attivisti con rivendicazioni giuridiche fondamentali di diritti umani.

Una politica estera responsabile dovrebbe essere capace di integrare principi e politiche. I principi identificano criteri, obiettivi e scopi. Essi chiariscono questioni fondamentali: ciò che è vietato, permesso, e richiesto.

Un esempio dell’integrazione di principi e politiche è la decisione dell’ex Segretario di Stato Pompeo di rilasciare una decisione (determination) ufficiale del Dipartimento di Stato nel gennaio 2021 che riconosce la Repubblica Popolare Cinese, sotto la direzione del partito comunista, colpevole di crimini contro l’umanità e genocidio a scapito degli Uiguri del nord est della Cina. Questa decisione, riaffermata anche dal nuovo Segretario di Stato Blinken, incarna l’autorevolezza degli Stati Uniti dell’era successiva al secondo dopo guerra nel riconoscere le responsabilità degli autori dei più atroci abusi dei diritti umani. In aggiunta, l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo aveva promosso la libertà religiosa sia durante l’annuale riunione ministeriale su questo tema organizzata dal Dipartimento di Stato, sia nei suoi interventi internazionali e in ambito diplomatico. Queste iniziative hanno promosso i diritti umani e servito gli interessi a lungo termine degli Stati Uniti promuovendo un mondo più stabile e sicuro.

Malgrado negli scorsi decenni si sia assistito ad un moltiplicarsi di strumenti e meccanismi a tutela dei diritti umani, la commissione ha riconosciuto che “l’ambizioso progetto dei diritti umani del secolo passato è in crisi”. Cosa è andato storto?

Glendon: Ciò che è andato storto con il grande progetto dei diritti umani del secondo dopo guerra è una storia triste. Oggi c’è un crescente disaccordo riguardo la natura e lo scopo dei diritti fondamentali, una delusione rispetto al comportamento di certe istituzioni internazionali e la preoccupazione che la proliferazione dei diritti e delle rivendicazioni giuridiche stia avendo un effetto inibente sul compromesso e sulla capacità decisionale. Alcuni potenti paesi autoritari stanno apertamente rigettando il consenso postbellico, mentre le democrazie liberali spesso subordinano i diritti umani ad altri interessi nelle loro politiche estere. Allo stesso tempo nuovi rischi per la libertà umana e la dignità stanno emergendo attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie. In altre parole, i diritti umani sono fraintesi da molti, manipolati da altri, e ignorati dai loro peggiori violatori. Ciò che l’oblio non ha cancellato, è stato consumato dall’opportunismo. Questa è la ragione per cui è urgente per gli amici dei diritti umani mantenere viva e allo stesso tempo rafforzare la comprensione del perché e del come proteggere la dignità e libertà umana di tutti ovunque.

Allo stesso tempo noi non dovremmo mai dimenticare che i principi fondamentali della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani continuano ad esercitare una forza positiva, e che decine di milioni di uomini e donne nel mondo – che soffrono le più grandi violazioni dei diritti umani – cercano ancora nelle democrazie liberali autorevolezza, speranza, aiuto e incoraggiamento. Ecco perché la conclusione principale della commissione è stata che gli Stati Uniti hanno una speciale responsabilità nel sostenere i diritti fondamentali nella politica estera con la stessa energia e spirito con cui hanno sostenuto il progetto dei diritti umani 75 anni fa.

Pensate che la crisi del progetto dei diritti umani più che essere una crisi globale sia una crisi del mondo occidentale? Alcuni paesi non riconoscono più l’occidente né come promotore né come leader affidabile nel campo dei diritti umani perché tenterebbe di imporre una visione di tali diritti che non rispetta la loro cultura e tradizioni. Come gli Stati Uniti possono riguadagnare la loro autorevolezza?

Berkowitz: Certamente sì. Sempre di più forze dell’occidente criticano l’idea di principi universali ritenendo tali principi fondanti delle democrazie liberali fonte di instabilità e ingiustizia nel mondo.

Oggi l’idea di principi universali è attaccata da gruppi sia di destra che di sinistra. Nella sinistra, le critiche derivano da diverse posizioni: i fautori del postmodernismo credono che le rivendicazioni di una verità universale siano sempre espressione degli appetiti, interessi o dei pregiudizi costruiti socialmente; i sostenitori del multiculturalismo insistono che la moralità e la verità sono relative alla cultura; e coloro che promuovono politiche dell’identità credono che le rivendicazioni di giustizia sociale si basino su identità fluide in continuo divenire. Mentre nella destra, i promotori del “conservatorismo nazionale” credono che rivendicazioni universalistiche compromettano l’integrità e l’unicità delle tradizioni nazionali.

La visione migliore, incarnata nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è che i diritti e le libertà fondamentali proteggono le diverse culture, l’integrità dell’identità, e il ragionevole pluralismo delle tradizioni nazionali. Il rapporto della Commissione mostra che i diritti umani sono un elemento della democrazia liberale in America e che, nonostante tutti i limiti e difetti della nostra nazione, per gli Stati Uniti abbracciare i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stata un’espressione della migliore tradizione costituzionale americana. Pertanto, il modo in cui gli Stati Uniti possono sostenere questi diritti è incoraggiando altre persone e nazioni a guardare alle proprie tradizioni per trovare le risorse morali, filosofiche e religiose per affermare i diritti umani inerenti a tutte le persone.

Ma con il pretesto di promuovere i diritti umani, alcune iniziative diplomatiche di ispirazione occidentale, così come alcune organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative, hanno tentato di imporre norme progressiste come se fossero principi universali. Il rapporto della Commissione sui Diritti Inalienabili suggerisce che gli Stati Uniti possono riguadagnare autorevolezza solo ritornando ad una comprensione rigorosa ma forte dei diritti umani racchiusi nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tale comprensione congiunge per esempio la dignità dell’individuo con la tutela della famiglia come “unità naturale e fondamentale della società” e stabilisce criteri che tutelano i molti e vari modi in cui persone e nazioni differenti cercano di realizzare la nostra comune umanità.

La commissione e il suo rapporto finale hanno ricevuto molte critiche a causa del loro collegamento con l’amministrazione Trump. Come risponderebbe a queste critiche? E nonostante il mandato della commissione sia stato revocato dall’amministrazione Biden vedete un possibile sviluppo del vostro lavoro?

Glendon: Assolutamente sì. Quando l’ex Segretario di Stato Pompeo creò una Commissione sui diritti inalienabili, sottolineò che noi avremmo dovuto lavorare a livello dei principi e puntare alla produzione di un documento che avrebbe avuto un valore duraturo per i policy-maker e i diplomatici americani. Noi speriamo e auspichiamo che le conclusioni e le analisi del rapporto siano a lungo utili per i policy-maker di entrambi i partiti politici. Allo stesso tempo è stato gratificante vedere che all’estero c’è stato un considerevole interesse per il rapporto. Fino ad oggi membri della Commissione sono intervenuti ad eventi dedicati al suo documento finale tenutisi a Bruxelles, Ginevra, Jakarta, in Polonia, e alle Nazioni Unite, oltre ad altre conferenze programmate nel 2022. L’internazionale democratica centrista (un’organizzazione politica internazionale che include rappresentanti politici di 73 paesi, principalmente europei e latino americani) ha adottato una risoluzione cha ha approvato il rapporto, menzionando in particolare la sua “riaffermazione dello spirito e della sostanza dei diritti umani fondamentali”. Gerakan Pemuda Ansor, un’organizzazione indipendente con sede in Indonesia che comprende 5 milioni di giovani mussulmani ha “abbracciato senza riserve il rapporto della Commissione sui diritti inalienabili”.

Certamente nell’attuale clima politico è triste, e allo stesso tempo non sorprende, vedere che il rapporto di una commissione indipendente di esperti non sia stato letto appropriatamente in alcuni ambienti. Tuttavia questo documento non è stato scritto per il momento attuale; il suo scopo è quello di essere utile a lungo termine. Siamo sicuri che una volta letto e compreso – come lo è stato in molte parti del mondo – il rapporto aiuterà a sviluppare una corretta promozione dei diritti umani nella politica estera americana.

Inoltre si deve sperare che il nostro rapporto possa ispirare fiducia nell’idea di una commissione indipendente. I membri della commissione avevano diversi punti di vista diversi su molte questioni controverse del momento, inclusa l’agenda politica dell’amministrazione Trump. Bisogna anche dire che l’amministrazione allora al governo non ha tentato di interferire in alcun modo con il nostro lavoro. Ciò che univa il nostro gruppo politicamente e religiosamente diverso era la convinzione che gli Stati Uniti devono continuare a promuovere la causa dei diritti umani nella politica estera. In quanto accademici e attivisti con una lunga carriera dedicata ai diritti umani a livello nazionale e internazionale, nel compiere il nostro servizio pubblico eravamo uniti dalla ferma convinzione che non ci saremo lasciati scoraggiare dal timore delle critiche. In fondo si trattava di rispondere alla vecchia domanda “Se non noi, chi? Se non ora, quando?”

Fonte: Maddalena Giungi | Tempi.it

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia