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La scienza in soccorso dei più fragili. Una testimonianza solidale di studio per il bene comune

La scienza per il bene comune.Anche se la mia età non mi permette di andare tanto oltre, sono certo di lasciare qualcosa di utile a chi vuole raccogliere il messaggio“, spiega a Interris.it il professor Randolfo Frattesi, 74 anni, in prima linea negli studi che uniscono fisica e medicina

La vocazione solidale della scienza. Il matematico Randolfo Frattesi studia le applicazioni della fisica alla medicina della mente. Docente in pensione di matematica e direttore del Museo diocesano di Jesi, è in prima linea nell’esplorare le neuroscienze. Un settore in cui la fisica entra sempre più nella medicina. Superati i settant’anni il professor Frattesi è tornato all’università di Camerino. E ora è in marcia verso la seconda laurea. Per comprendere meglio suo figlio autistico Natan. E contribuire alla lotta a malattie oggi incurabili. Come il Parkinson, Alzheimer e l’autismo.

La scienza per il bene comune

“L’adeguatezza della diagnosi è fondamentale per arrivare alla giusta terapia- sottolinea il professor Frattesi-. Quando studiavo matematica ho dato l’esame di Meccanica Quantistica. Nel colloquio, che ha durato almeno due ore, non mi ricordo quante volte ho riempito la lavagna. Per poi cancellarla e riempirla di nuovo in modo da dimostrare l’atomo di idrogeno. Partendo dall’Equazione di Schrödinger. Ora la materia si chiama Teoria dei Campi Quantistici. E studia il famoso Modello Standard. Che, ancora in forma incompleta cerca di interpretare il binomio materia energia. Attraverso le forze che legano le particelle nucleari e sub nucleari”.scienzaPrendendo come esempio la Teoria dei Campi Quantistici, come è cambiato nel tempo il suo cammino di studi?
“Gli scienziati, tutti Premi Nobel, autori di questa teoria sono partiti con il loro studio, negli anni ’60 e negli anni ’70. E quando io ero iscritto, quella volta, all’Università di Camerino (Unicam), ancora non era programma di studio. Il Modello Standard è diventato famoso quando nel 2012 è stato scoperto il bosone detto di Higgs. Una felice predizione di questi, che è uno degli autori della teoria stessa. Il professore di questa disciplina è anche insegnante di Cosmologia. Insieme all’insegnante di Relatività Generale (materia frutto dalla fondamentale intuizione di Einstein sulla legge che regola la gravitazione dell’intero universo) sono i relatori della mia tesi di laurea”.Qual è l’obiettivo delle sue ricerche scientifiche?
“Nel mio percorso è determinante la materia intitolata ‘Argomento della Materia Condensata’. La facoltà di Fisica, come molte altre facoltà alla fine degli studi, permette di aumentare i crediti formativi con la libera scelta di uno stage. Io quale direttore del Museo Diocesano e dell’Ufficio Beni Culturali della diocesi di Jesi ho pensato di concludere il mio iter di studi con la fisica nell’arte. Non potevo fare lo stage nel museo che dirigo perché non posso essere tutor di me stesso. Quindi sarei stato accolto a braccia aperte nel nutrito museo della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, il cui direttore ringrazio sinceramente. Ma tutto ciò non avrebbe avuto senso. Ecco perché, con l’aiuto del professore responsabile dei piani di studio, ho scelto al posto dello stage l’esame di Argomento della Materia Condensata”.Perché?
“Mi interessava lo studio di quei materiali. Usati in tutti campi. Dalla cosmetica, via, via fino alla medicina. Tra l’altro all’ateneo di Camerino il docente della materia è uno dei massimi conoscitori di questi materiali. E ha pubblicato numerosi articoli scientifici a livello internazionale sul grafene. Riguardo alla mia tesi di laurea, è indicativo che dello studio dell’autismo attraverso la fisica si stanno occupando tutte le università del mondo. Tra gli studiosi ci sono diversi premi Nobel. E anche alcuni professori dell’Università di Camerino (Unicam) approfondiscono questo argomento pubblicando accurate relazioni su riviste specializzate. E’ mia intenzione poter dimostrare la connessione tra l’universo intelligente e il cervello umano”.scienzaIn che modo?
“Attraverso, per quanto possibile, la geometria frattale. Ma non finisce qui. Questo è solo l’inizio. Vorrei trovare collaboratori da cui trarre ulteriore entusiasmo per andare avanti nel realizzare questo mio proponimento. Neurologici, neuropsichiatri, biologi, matematici, fisici. Professionalità e competenze in pensione. O giovani che si avviano alla ricerca. Mi si potrebbe obiettare: ‘Dici che ci provano scienziati da tutto e tu cosa pretendi di fare?’. Ma la storia della scienza ci insegna che le grandi scoperte derivano proprio da quel ‘quid’. Dall’intuizione improvvisa. Dalla lampadina che si accende improvvisa nella mente di individui spesso sconosciuti”.A chi si riferisce?
“A quell’impiegato dell’ufficio brevetti di Berna che ha pensato all’uomo che galleggia dentro un ascensore che precipita nel vuoto. O quel signore assopito sotto un albero a cui cadde una mela sulla testa. Nella mia condizione non è difficile mettersi nella situazione di quel bambino, che con una mossa a scacchi, tentata contro ogni logica, è capace di vincere la partita contro un super computer. Contro un ostacolo impossibile da superare anche per i più illuminati campioni di questo gioco. Pensando a ciò sono sempre più determinato nel mio intento. Anche se la mia ‘tenera’ età non mi permette di andare tanto oltre, sono certo di lasciare qualcosa di utile e produttivo a chi vorrà raccogliere il messaggio”.

Fonte: Giacomo Galeazzi | InTerris.it

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