Vale la pena tornare a manifestare in piazza per la vita a quarant’anni dalla legge 40 sull’interruzione volontaria di gravidanza? La risposta è sì, per gli stessi identici motivi che hanno mosso i tanti che in questi oltre quattro decenni hanno animato la rete di accoglienza e sostegno per le donne con gravidanze difficili e si sono battuti in tutte le sedi per far riconoscere i veri diritti delle mamme e del nascituro.
In realtà, a ben guardare, il contesto storico-socio-antropologico che stiamo vivendo oggi ne offre molte di più di ragioni per celebrare la cultura della vita, tramite una grande manifestazione che lanci un messaggio ad una società ripiegata su se stessa, sopraffatta da due anni di pandemia che ha “privatizzato” ulteriormente le sofferenza e le fragilità, indebolita da un inverno demografico che sembra ineludibile e ingannata da una cultura dell’autodeterminazione che si traduce nella solitudine dei soggetti più deboli.
Il covid ci ha costretto davanti agli schermi dei nostri dispositivi mentre arrivavano notizie di morte, ha bloccato ogni afflato più vitale della parte più sana del tessuto sociale italiano. Nel mondo sei milioni di persone hanno perso la vita per il virus proveniente da Whuan, ma solo nel 2021, nel silenzio generale dei media, l’aborto ha ucciso 73 milioni di bimbi, negando loro il diritto alla vita. 139 bimbi al minuto.
Questa primavera diventa quindi un’autentica occasione di rinascita e con un impeto di gioia, rimasto in gola per troppo tempo a causa delle limitazioni Covid. Con questo spirito oltre 100 organizzazioni porteranno nelle strade di Roma, sabato 21 maggio, decine di migliaia di mamme, papà, nonni, ragazzi e bambini. La lista è lunghissima ma per comprendere l’entità dell’evento vale la pena citare i grandi movimenti protagonisti delle piazze più recenti, come il Family Day e Pro Vita e Famiglia, e realtà dalla diffusione capillare e radicate nell’mondo cattolico come l’Associazione Medici Cattolici Italiani, l’Associazione Meter onlus e l’Associazione Famiglie Numerose. Sarà una festa che prederà forma con un corteo che partirà alle ore 14 da piazza della Repubblica (a due passi dalla Stazione Termini) per arrivare a piazza San Giovanni. Tutto si concluderà alle ore 18 non prima del concerto della rock band “The Sun” e delle testimonianze dal palco di persone e famiglia che hanno scelto la vita e sono stare ripagate con grazie immense. L’organizzazione ha creato un sito dedicato alla manifestazione per (manifestazioneperlavita.it) avere tutte le informazioni sull’ospitalità e trasporti. Già si contano decine di pullman da tutta Italia. Famiglie, volontari e attivisti che lavorano per la vita tutti i giorni a riflettori spenti e senza protagonismi vogliono tornare e contarsi.
Riconoscersi e donarsi in una manifestazione pubblica permette anche di raccogliere nuova linfa vitale per le sfide che sono sul tappeto. Significa mandare un messaggio al mondo della politica: c’è un popolo che non si arrende alla cultura della morte. Tra le mille ragioni per calcare le strade della capitale ci sono le proposte mortifere che giacciono in parlamento sulla legalizzazione del suicidio assistito (anche per i malati non terminali) e delle droghe cosiddette “leggere”; ci sono le decisioni dei tribunali che stabiliscono la possibilità vendita di pillole abortive alle minorenni anche senza prescrizione; le nuove linee di indirizzo ministeriali che consentono l’aborto farmacologico fino alla nona settimana, senza ricovero ospedaliero. Le leggi e i soldi vanno in una sola direzione mentre, lo ribadiamo, cresce l’abbandono terapeutico di anziani, disabili e malati e l’Italia scende al minimo storico di nascite.
Invertire la rotta e incidere con una rivoluzione che sia anzitutto culturale è ancora possibile, se persino negli Stati Uniti la Corte Suprema ha messo in discussione la sentenza che dà la possibilità di abortire fino a quando il bimbo non può sopravvivere autonomamente fuori dal feto. Oggi c’è una nuova consapevolezza, nessuno in scienza e coscienza può più dire che si tratta di un grumo di cellule, che ci sono vite che non sono degne di essere vissute e che una donna deve essere lasciata sola in una scelta drammatica.
Fonte: Marco GUERRA | InTerris.it