Due rapporti delle Nazioni unite analizzano le tendenze sociali e tecnologiche di lungo termine. Dalla mobilità elettrica alle energie rinnovabili, dall’intelligenza artificiale all’invecchiamento, ecco gli scenari migliori per lo sviluppo sostenibile.
Le azioni e i modelli di consumo a livello globale nell’ultimo anno non sono state in linea con lo “scenario a bassa domanda di energia (low energy demand, Led)”, ossia lo scenario migliore per il raggiungimento degli SDGS e dello sviluppo sostenibile entro il 2050. Negli ultimi otto anni, gli aumenti della richiesta di energia, dei materiali e dell’uso del suolo sono proseguiti senza sosta, richiedendo modelli sempre più ambiziosi per raggiungere in tempo gli Obiettivi dell’Agenda 2030. È la fotografia scattata dal rapporto “Long-term future trends and scenarios – impacts on the realization of the Sustainable Development Goals” del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, pubblicato il 4 maggio in vista del prossimo High-level political forum (Hlpf) di luglio. Il documento delinea un nuovo scenario di sviluppo sostenibile, il Sustainable development path (Sdp), che “offre un percorso inclusivo ed efficace per il raggiungimento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nel contesto del Decennio di azione”.
Il documento è stato sviluppato da eminenti scienziati, che hanno esplorato le prospettive di sei grandi aree: efficienza delle risorse e modifica dello stile di vita; mitigazione climatica; cambiamento nei modelli di consumo (energia e uso del suolo); finanza climatica internazionale; programmi nazionali di riduzione della povertà finanziati dai proventi della tariffazione del carbonio.
Il Rapporto rivede lo scenario Led, ipotizzato nel 2020, e lo aggiorna, esplorando lo scenario Sdp che implementa le recenti scoperte del gruppo di lavoro dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), secondo cui per raggiungere gli obiettivi climatici sono necessarie tecnologie a emissioni negative su larga scala, accompagnate da soluzioni basate sulla natura come il rimboschimento e il miglioramento dell’uso del suolo.
Nel nuovo scenario le emissioni di gas ad effetto serra sono ridotte a 33 e 10 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti, rispettivamente al 2030 e al 2050. Il riscaldamento globale supera leggermente 1,5°C entro il 2050 e raggiunge 1,3°C entro il 2100. L’acidificazione degli oceani è limitata a un livello che non mette in pericolo gli organismi marini. Il nuovo scenario permette di raggiungere l’obiettivo fame zero entro il 2050 e dimezza la malnutrizione entro il 2030. Gli sprechi alimentari vengono ridotti e l’uso dell’acqua per il settore agricolo diminuisce di un quarto entro il 2050. Nello scenario Sdp, la povertà estrema potrebbe scendere a 180 milioni nel 2030 e la sua eradicazione potrebbe essere raggiunta entro il 2050. Il reddito pro-capite nei Paesi in via di sviluppo cresce rapidamente, ma permangono disparità regionali. La quota di energia pulita nell’industria cresce lentamente fino al 26% nel 2030 e al 62% entro il 2050. L’inquinamento atmosferico urbano si riduce del 40% entro il 2050.
Senza una rapida transizione energetica di successo, continua il Rapporto, la maggior parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile rimarranno fuori portata. L’energia pulita può favorire l’accesso universale all’energia in modo sicuro, alimentando lo sviluppo economico per tutti. Celle solari fotovoltaiche di terza generazione, capaci di superare l’attuale limite di efficienza di quelle convenzionali, si diffondono sempre più. Progressi in ricerca e sviluppo e nello scambio di conoscenze potrebbero facilitare una diffusione su larga scala della tecnologia solare fotovoltaica ad alta efficienza soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
L’espansione delle nuove tecnologie fotovoltaiche, assieme a quelle digitali, potrebbero, a loro volta, giocare un ruolo cruciale nella costruzione di infrastrutture di ricarica intelligenti. Senza sfruttare appieno tali opportunità, nonostante il costo delle batterie agli ioni di litio è notevolmente diminuito, l’introduzione di flotte di veicoli completamente elettrici richiederebbe una significativa espansione delle capacità di generazione di elettricità.
Questo scenario, conclude il Rapporto, presuppone un generale aumento della qualità istituzionale. Richiede istituzioni efficaci, inclusive e responsabili. I finanziamenti internazionali per il clima dovrebbero essere aumentati dall’attuale obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno a 350 miliardi di dollari entro il 2030 e 910 miliardi di dollari entro il 2050. Ci sono notevoli progressi, ma occorre volontà politica, ricerca e sviluppo continua, cooperazione e solidarietà internazionali. Non c’è tempo da perdere.
Sei domande sulla ripresa
Di recente anche un altro documento diffuso dall’Onu ha analizzato le aree strategiche da cui dipende la ripresa l’economia globale e il percorso verso lo sviluppo sostenibile. Si tratta del volume “Six big questions for the global economic recovery”, prodotto dal Comitato consultivo di alto livello delle Nazioni unite per gli affari economici e sociali (Hlab), un gruppo formato da ex capi di Stato e alti funzionari di governo, premi Nobel e altri esperti. Sei grandi domande “per una ripresa globale nel 2022 e oltre”: politiche economiche, investimenti allineati agli SDGs, disuguaglianza, cambiamenti climatici, tecnologia, invecchiamento della popolazione.
In un mondo investito da crisi intrecciate, il comitato dell’Onu riconosce che una ripresa globale solida ed equa non sarà possibile fino a quando non sarà sotto controllo la pandemia. Ciò significherà affrontare una serie di disuguaglianze tra e all’interno dei Paesi, compreso l’accesso ai vaccini, accesso ai finanziamenti e sostegno all’inclusione economica e sociale, e serve l’impegno della comunità internazionale, attraverso azioni multilaterali e cooperazione internazionale. L’Hlab fornisce anche suggerimenti per diversi modi per misurare le performance di sviluppo dei Paesi, al di là dell’attuale metrica del Pil, incorporando nelle future valutazioni indicatori sulla salute economica, sul progresso del Paese, sui rischi e la resilienza. “Il modo con cui misuriamo la nostra crescita deve essere riesaminato”, scrivono gli esperti.
Il Rapporto dell’Onu dice anche che ci vuole un nuovo modo di pensare sul debito, rivalutando il ruolo produttivo della spesa pubblica, soprattutto per la ripresa, nell’era post-pandemia. Questo vuol dire “cambiare l’eccessivo focus sui rischi associati ai disavanzi fiscali, in modo che i Paesi possano mobilitare risorse e spendere in modo più produttivo per opportunità a lungo termine, che siano anche meglio allineate con gli SDGs”. Visto che la sicurezza economica è uno dei principali fattori trainanti nella lotta alle disuguaglianze, le raccomandazioni dell’Hlab toccano una serie di questioni critiche, tra cui il sostegno dei governi al miglioramento delle competenze nel mercato del lavoro, la fornitura di protezione sociale universale, l’ascolto delle istanze portate da sindacati e agenzie dei lavoratori e il sostegno all’innovazione.
Non è troppo tardi per salvare il pianeta, rileva il Rapporto nella sezione dedicata al cambiamento climatico e alle azioni per una transizione equa verso un percorso di zero emissioni. Tuttavia la strada imboccata non è giusta: “Il settore pubblico ha una responsabilità nel cambiare questa traiettoria, assicurando al contempo una transizione giusta e inclusiva che non causi gravi interruzioni o sconvolgimenti”. È quindi fondamentale sostenere i Paesi in via di sviluppo e garantire che l’azione per il clima sia adattata ai contesti locali per affrontare anche problemi specifici, come la perdita di biodiversità, la deforestazione e l’esaurimento delle risorse locali, che hanno un impatto reale sulle comunità dei Paesi meno ricchi.
L’analisi dell’Hlab affronta sia le opportunità che le sfide associate all’uso delle tecnologie e sottolinea l’importanza del ruolo delle politiche pubbliche nel plasmare e guidare l’uso delle tecnologie per il bene di tutti. Riconoscendo che sono necessarie ulteriori ricerche in questo settore, il Rapporto suggerisce che “i lavoratori sostituiti dall’automazione hanno bisogno di riqualificazione e sostegno per passare a nuove forme di lavoro, anche nei settori che utilizzano tecnologie di frontiera”. E gli interventi pubblici dovrebbero garantire che le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale siano utilizzate per aumentare la manodopera, piuttosto che sostituirla.
L’invecchiamento della popolazione si sta verificando in quasi tutti i Paesi del mondo, anche se a livelli e velocità differenti. In molti Paesi in via di sviluppo, la popolazione è ancora relativamente giovane ma sta invecchiando più velocemente rispetto ai Paesi sviluppati. Sebbene l’invecchiamento della popolazione sia un segno della riduzione della mortalità e della fertilità associate allo sviluppo socioeconomico, spiega l’Hlab, porta anche a pressioni fiscali che influenzeranno i sistemi pensionistici pubblici e altre misure di protezione sociale. Per questo è fondamentale “prestare maggiore attenzione al ruolo dell’economia della cura, nonché alle interconnessioni tra crescita demografica, invecchiamento e migrazione”. I Paesi dovrebbero promuovere l’assistenza a lungo termine e i servizi di supporto per gli anziani come un investimento sociale ed economico positivo e un’opportunità di crescita occupazionale. “Affrontare il breve termine è un punto importante per andare avanti”, suggerisce l’Hlab nelle conclusioni, ma “affrontare la sfida del clima, i nostri modelli di consumo, i diritti fondamentali richiede la capacità di far avanzare il pensiero a lungo termine”.
Fonte: Tommaso TAUTONICO e Andrea DE TOMMASI | FUTURA Network