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“I tesori di San Francesco Grande dimostrano che Spezia non è nata con l’arsenale”

Continuano ad aggiungersi prestigiose firme all’interno dell’appello promosso da Piero Donati per il recupero e la valorizzazione dell’ex convento di San Francesco Grande della Spezia. Oltre a decine di importanti accademici e studiosi italiani, tra cui Tomaso Montanari, anche il professor Franco Bonatti, noto studioso di storia locale e autore di diverse pubblicazioni di profilo storico e artistico, decide di prendere parte a questa iniziativa. “La Spezia non è una città nata con l’Arsenale”, dice Bonatti, e questo viene dimostrato dalla grande fioritura ed espansione che prende piede a partire dal Quattrocento: una città che vede la commissione di grandi opere d’arte, un decisivo movimento commerciale e un prestigioso collocamento all’interno dell’orbita del Ducato di Milano.
Non meno importante, ricorda Bonatti, è il ruolo e il rilievo che ricopre l’ex convento francescano nel nostro territorio.

Professor Bonatti, assieme ad altri studiosi e accademici italiani, ha anche lei voluto firmare l’appello promosso da Piero Donati per il recupero e la valorizzazione dell’ex convento francescano di San Francesco Grande. Ritiene che sia doverosa l’attenzione su questa iniziativa?
“Il dottor Donati, che per molti anni è stato apprezzato funzionario di zona della Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici della Liguria, ha messo bene in evidenza l’importanza per la città della Spezia di questo edificio storico che purtroppo ormai da oltre un secolo è inserito nel complesso dell’Arsenale Militare e pertanto non visitabile. Un convento che era significativo per la città del Quattrocento, sempre più in espansione e all’interno dell’orbita del Ducato di Milano, come dimostrato da recenti studi. In quel periodo è documentato l’insediamento di un monastero degli agostiniani, assieme ad una piccola comunità di frati francescani. Grazie alla predicazione di San Bernardino da Siena, che interessa anche le nostre zone, vi è un risveglio nell’ordine fondato dal Santo di Assisi, con una riforma a cui aderisce Giovanni Battista Tagliacarne, colui che ha promosso la fondazione del convento della Santissima Annunziata a Levanto. Alla Spezia la prima comunità francescana si trasferisce poi nella baia di san Vito e dà vita a quello che viene chiamato il Convento di San Francesco “Il Grande”, attributo che sottolinea la grandezza dell’edificio, la chiesa conventuale, il grande chiostro, voluto dalla classe nobiliare spezzina”.

Un aspetto interessante è proprio il rapporto fra il convento e le famiglie nobili dell’epoca. Cosa dicono gli studi?
“I conventi degli ordini mendicanti, quello francescano in particolare, sono ambiti luoghi di sepoltura per la classe dirigente locale: sepoltura all’interno del convento e, ancor più prestigiosa, all’interno della chiesa conventuale. Sappiamo che sono sorte numerose cappelle durante la visita apostolica del vescovo Monsignor Peruzzi del 1584: erano ben dodici le cappelle lungo le pareti del grande edificio. Tra queste sappiamo che il vescovo rimase colpito per la bellezza della pala d’altare di una cappella in particolare, dove si conservava un grande dipinto, ossia “Il martirio di San Bartolomeo” di Luca Cambiaso, che attualmente si trova nella chiesa di Santa Maria Assunta della Spezia”.

È proprio la chiesa di Santa Maria Assunta della Spezia il luogo di destinazione di numerose opere dell’ex convento. Cosa possiamo ammirare di significativo al suo interno?
“In questa chiesa sono state collocate numerose opere presenti nel convento, ad iniziare dalla grande ancona in terracotta di Andrea della Robbia, uno dei grandi capolavori che si trovava nel coro della chiesa di San Francesco. Il Professor Donati, che si è occupato del restauro dell’opera, nella relazione dello studio fa notare che è suddivisa in due piani o “registri”: un piano superiore raffigura l’incoronazione della madonna da parte del Padre Eterno in un tripudio di santi; una parte inferiore raffigura tutti i santi francescani, tra cui San Bernardino, San Francesco, Sant’Antonio, Sant’Agnese e Santa Chiara. Un’altra grande tela, che si trovava nel refettorio del convento, è ora posizionata al di sopra della porta di ingresso, in controfacciata: si tratta di una moltiplicazione dei pani e dei pesci, una grande opera d’arte di Domenico Fiasella e di Giovanni Battista Casoni. Questo sottolinea come il convento francescano, dal Quattrocento sino al Seicento, sia stato un luogo privilegiato per la classe dirigente spezzina che ha commissionato queste importanti opere d’arte”.

Valorizzare e recuperare il complesso conventuale è sicuramente un’opera significativa per la città, permettendo a tutti di riscoprire le nostre radici culturali e la propria storia: La Spezia non è una città nata con l’arsenale, ma è una città che già dal Quattrocento aveva una suo rilievo sia dal punto di vista storico che artistico.

Fonte: Cittadellaspezia.it

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