Leggere può essere molto utile anche per il proprio lavoro. Occorre però evitare di perdere tempo puntando a leggere bene e non a leggere tanto
Come dice Umberto Eco, «chi non legge, a 70 anni avrà vissuto solo la sua vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni». Questa frase è l’emblema dell’importanza della lettura, che permette di arricchirsi con l’esperienza delle persone che hanno vissuto prima di noi.
Cosa vuol dire arricchirsi con l’esperienza degli altri? Significa che evitiamo di perdere tempo, soldi e far fatica per niente, risparmiando tempo, energia e denaro. Per questo io da sempre sono un fan della lettura e suggerisco di leggere. In questo articolo vorrei dare qualche suggerimento operativo e fare delle considerazioni mismatcher.
Il mio primo suggerimento non è di leggere tanto, ma leggere bene. Cosa intendo? Voglio dire che il tempo dedicato alla lettura è sempre sostanzioso, perché leggere un libro costa ore. Quindi, prima di iniziare a leggere un libro in chiave business, bisogna avere la forza di capire qual è l’obiettivo che si vuole raggiungere e di considerare il tempo della lettura come un investimento. Esattamente, come prima di un investimento, si cerca di capire come allocare le risorse, così bisogna fare con la lettura. Leggere bene, dunque, vale più che leggere tanto, perché leggere bene significa concentrare le proprie energie su qualcosa di valore; leggere tanto, invece, significa sprecare tempo e denaro, ma anche – nel peggiore dei casi – arrecarsi dei danni avendo avuto idee mediocri.
Come fare a leggere bene? Ognuno utilizzi i suoi strumenti per capire quali sono i libri più utili. Io, ad esempio, mi fido delle persone che sono “addette ai lavori” nel campo della formazione e chiedo sempre quali sono i libri più belli che hanno forgiato la loro carriera. Poi guardo la bibliografia, così intuisco quanto una persona è aggiornata su un certo tema e, prima di comprarlo vedo come è costituito l’indice, chi è l’autore e l’impostazione che ha il testo.
Il mio secondo suggerimento è far sì che ciò che si è letto rimanga. Tre tecniche che utilizzo per fissare dei concetti sono:
– sottolineare e scrivere note, perché considero alcuni libri dei testi di studio; pertanto, come a scuola sottolineavo e scrivevo, ora che lavoro faccio la stessa cosa;
– allenarmi a raccontare a voce quello che ho imparato ad altre persone a cui possono interessare gli argomenti trattati dal libro;
– riscrivere sotto forma di articolo o paragrafo di un mio libro i concetti di un testo che più mi sono rimasti facendoli miei.
Queste tre tecniche contengono anche alcuni vantaggi, in quanto, tramite la sottolineatura, il cervello capisce che ciò che legge è importante; con il racconto ho la possibilità di confrontarmi con altri e, nel momento in cui lo riscrivo, i concetti diventano parte della mia conoscenza e sono mattoni che si aggiungono alla costruzione di ciò che so e che potrò divulgare ad altri.
Il terzo e ultimo suggerimento è pensato per chi legge tanto per ragioni professionali. Bisogna ricordarsi che non tutti gli spunti professionali arrivano da manuali tali. Si può leggere per ragioni professionali anche un classico della letteratura, perché ciò che fa un professionista è allenarsi a pensare, oltre che ad agire. Ad esempio, alcune delle riflessioni più belle che ho fatto sulle dinamiche di change management sono legate ad un libro di taglio quasi spirituale che si intitola Vorrei averlo fatto di Bronnie Ware, che racconta quali sono i rimorsi che le persone confessano prima di morire.
Fare consulenze affinché le persone, alla fine della loro vita non abbiano rimorsi, è un approccio al change management rivoluzionario, che mai avrei pensato se non leggendo un libro lontanissimo dal settore business.
Fonte: Luca BRAMBILLA | IlSussidiario.net