La parola fiducia deriva dal latino ‘ fides’ che tutti credono significhi ‘fede’.
Sbagliato! ‘Fides’ vuol dire ‘ corda’. Ci si riferisce alla corda del liuto, la quale doveva essere ben tesa affinché lo strumento musicale potesse funzionare correttamente.
È dunque da qui che nasce l’idea della fiducia come corda: se tesa in senso verticale diventa ‘fede’, una relazione tra l’umano e il trascendentale; se tesa in senso orizzontale tra persone e persone diventa ‘fiducia’. Quindi la famiglia è il primo produttore di corde. Da chi i bimbi imparano a fidarsi? Dalla famiglia. E in futuro sapranno come approcciarsi ad altre persone. Possiamo portare anche l’esempio della sanità e dell’educazione.
Chi è il primo dottore dei bimbi? La prima maestra di vita? La famiglia. È vero che in assenza di essa potrebbero esserci agenzie altre che potrebbero intervenire per fornire lo stesso tipo di servizio, ma a quale costo? Molto alto e con scarsa efficacia, anche. Dunque la famiglia produce quelle che sono definite ‘character skills’, le abilità del carattere che si contrappongono alle ‘cognitive skills’, le abilità cognitive. La maggior parte delle imprese e aziende al giorno d’oggi sono interessate alle prime: se anche non si è un genio, ma si possiede un buon carattere ben propenso all’adattamento e all’apprendimento si ha successo assicurato. La famiglia promuove questo, educa alle virtù nel senso aristotelico del termine.
Ed è dunque il maggior produttore per la società.”
Quali le possibili soluzioni per questa questione delicata?
“La prima soluzione potrebbe essere prendere in considerazione il quoziente famigliare, introdotto nella laicissima Francia nel 1944 e mai più destituito. Noi, Paese cattolico, non lo abbiamo ancora mai introdotto.
Tre anni fa per legge si è affermato il fattore famiglia, ma non è lo stesso. Quale la differenza tra i due? Il primo decreta il pagamento delle tasse misurandolo in base alla numerosità dei componenti della famiglia e alla presenza di minori o anziani; il secondo invece è una sorta di bonus distribuito alle famiglie come supporto al pagamento delle tasse. Ma, come già detto, quest’ultimo approccio è legato ad un assistenzialismo paternalistico tipico delle politiche PER le famiglie.
Una seconda soluzione è l’armonizzazione tra i tempi di vita famigliare e i tempi di vita lavorativa.
Attenzione, non si tratta di una conciliazione, secondo cui gli uni dovrebbero risultare alternativi agli altri. Parliamo di una compatibilizzazione. Uscire di casa alle 7 del mattino e tornare in tarda serata non promuove certamente la convivialità e uno stato sereno all’interno del nucleo famigliare. Non si riesce a far capire che l’attuale situazione critica da un lato contribuisce all’indebolimento del tasso di natalità, dall’altro è causa dell’imbruttimento delle relazioni intra famigliari.
Negli Stati Uniti, sono state adottate soluzioni alternative. Dopo il ‘DINKS’ ( Double Income No Kids – doppio reddito, nessun bambino), – fenomeno sociale recente secondo cui una coppia decide di posticipare la scelta di avere figli per un determinato periodo di tempo, a volta rinunciandovi del tutto, per potersi dedicare alla carriera professionale – si è pensato ad un nuovo modello: il Greedy Jobs (Lavori Avidi).
Si dà la possibilità ai lavoratori uomini e donne che siano, di scegliere se intraprendere un contratto da 40 ore settimanali oppure un contratto a chiamata che però, presupponendo una disponibilità a qualsiasi orario e giorno della settimana, è retribuito al 50% in più del primo. Gli Americani almeno sono pragmatici. Per arrivare all’armonia di cui parlavo prima è necessario abbattere definitivamente il modello taylorista che nel nostro Paese è ancora oggi molto sviluppato. Già negli anni 30, Antonio Gramsci, all’interno dei Quaderni dal Carcere, scriveva feroci pagine in cui additava al taylorismo l’uccisione dell’umano a favore di un maggior profitto. Il lavoro deve essere decente, e lo diventa quando fa sentire la persona capace di autorialità, perché ognuno di noi ha dentro l’ispirazione a sentirsi autore”.