La pazienza è una virtù e una risorsa. Ma non lasciare che la tua disponibilità con gli altri sia scambiata per mancanza di carattere facendoti perdere il rispetto di te stesso
Quante opportunità abbiamo fallito perché non abbiamo avuto la forza di aspettare! Essere pazienti è una risorsa emotiva che ci aiuta ad analizzare più profondamente la situazione, in quanto ci concediamo più tempo per osservare e riflettere.
Essere pazienti sì, ma senza farsi logorare
Un aspetto delicato di questa attitudine psicologica è la pazienza relazionale, cioè quella che esprimiamo nell’interazione con gli altri, in particolare quelli più vicini a noi.
L’etimologia del termine pazienza deriva dal latino patire, a significare che questa virtù comporta sofferenza, principalmente mentale. Questa sofferenza non può essere fine a se stessa, ma deve trovare una valida motivazione e un obiettivo da raggiungere, in primis nei rapporti interpersonali.
Quando la disponibilità viene scambiata per mancanza di carattere
Bisogna pertanto stare molto attenti a non praticarla in modo indiscriminato, come un file che si attiva automaticamente e stabilmente con ogni persona e ogni tipologia di soggetti. Purtroppo c’è chi si approfitta della nobiltà d’animo altrui per perseguire i propri obiettivi egoistici, e sfruttare la disponibilità a tollerare scambiandola per passività e mancanza di carattere.
(…) quando la nostra pazienza viene messa seriamente in discussione sopportando abusi a tal punto da sperimentare sulla propria pelle la frantumazione della propria integrità, beh forse è il caso di allontanarsi.
(psicoadvisor.com)
Il rispetto di se stessi
Ma ogni cosa, anche la più stimabile, deve avere un limite che in questo caso è rappresentato dal sano rispetto di se stessi.
Vale la pena avere pazienza con chi… non si preoccupa dei tuoi sentimenti? ti butta a terra psicologicamente? non riconosce quello che fai per lui/lei? ti mette in imbarazzo? ti sminuisce? si approfitta della tua bontà? vuole sempre avere ragione?
(Ibidem)
Perché continui a sopportare?
Accettare di subire continui abusi o prevaricazioni senza reagire non può più considerarsi pazienza orientata da uno scopo, ma sterile passività. Cosa ci può essere dietro una sopportazione eccessiva che finisce per diventare auto-lesiva?
Bisogno di approvazione, autostima insufficiente
Frequentemente il timore di essere rifiutati, la paura che gli altri possano giudicarci negativamente come persone, che nasconde un’autostima insufficiente. Questo apre alla trappola del cercare in ogni modo approvazione e riconoscimento esponendoci al rischio di essere sfruttati e manipolati.
Conseguenze
Alla lunga questa passività genererà insoddisfazione e frustrazione con il conseguente sviluppo di aggressività che quando auto-diretta pone le premesse di un viraggio depressivo, mentre se orientata all’esterno causerà esplosioni comportamentali con conseguenze distruttive per noi stessi e le persone che ci circondano.
Essere pazienti sì ma tracciando dei confini
Se pertanto è giusto ed opportuno essere pazienti, cercare di far ragionare le persone tollerando qualche iniziale sgarbo o eccesso dialettico, è altrettanto necessario tracciare dei confini invalicabili oltre i quali si aprirebbe la porta della perdita del rispetto di noi stessi.
E questo non farà male solo a chi porta indebita pazienza, ma anche all’altro che, incontrastato e lasciato libero di abusare, non potrà che cristallizzarsi negli atteggiamenti e comportamenti sbagliati.
Afferma infatti la psicologa:
E’ giusto essere pazienti, è giusto cercare di far ragionare le persone ma è altrettanto giusto tracciare dei confini e a volte lasciar anche perdere, soprattutto se una persona non è predisposta all’ascolto. Non ha senso perdere tempo prezioso con qualcuno che non mette lo stesso impegno nella relazione, di qualsiasi natura essa sia. Non ha senso perdere tempo con chi non è aperto al dialogo.
Imparare il rispetto
Il limite della pazienza nelle relazioni sta nella effettiva possibilità che, in un tempo non certo eterno, l’altro possa con il nostro aiuto diventare migliore e imparare il rispetto. In caso contrario vale il vecchio proverbio: “Meglio soli che male accompagnati”.
Fonte: Silvia Lucchetti | Aleteia.org