La serie Prime Video “Gli anelli del potere”, ispirata all’universo del Signore degli Anelli, potrebbe essere una delle rivelazioni dell’anno, e la questione della beatificazione (o canonizzazione) del filologo britannico che ne fu l’autore torna di attualità.
Vent’anni dopo il film-evento della trilogia del Signore degli Anelli, che trasponeva in scena le opere dello scrittore inglese J.R.R. Tolkien, una nuova serie diffusa su Prime Video, Gli anelli del potere, ha realizzato uno storico lancio sulla piattaforma e conosce a sua volta un grande successo di pubblico in Nordamerica e in Europa. L’occasione è buona per (tornare a) scoprire la vita esemplare condotta dall’autore britannico. Cristiano praticante e devoto, potrebbe darsi che un giorno ne venga aperta la causa di canonizzazione.
Nato nel 1892 e laureato a Oxford, J.R.R. Tolkien combatté durante la Prima Guerra Mondiale come luogotenente. Assistette allora a diversi massacri, compreso quello nella terribile Battaglia della Somme, che più tardi avrebbe ispirato alcune delle grandi battaglie del Signore degli Anelli. Traumatizzato, fu congedato per ragioni di salute e si mise a scrivere le proprie opere – Lo Hobbit e i due primi tomi della trilogia de Il Signore degli anelli, nel 1925, poi il terzo tomo – Il ritorno del Re –, ultimato nel 1955.
A Oxford lo scrittore animava il piccolo gruppo di professori chiamato “The Inklings”, parola che in inglese significa “piccole idee” (con riferimento alle idee di sapienza spirituale e letteraria che li interessavano).
Quella dozzina di membri del club, dei quali faceva parte anche il collega anglicano C.S. Lewis, si ritrovava per discutere di storia, di letteratura, di immaginario, di mitologia, di lingua – tutti àmbiti che cercavano di trattare nei loro cuori e nei loro libri.
La messa quotidiana
Lo scrittore conduceva una vita molto pia: andava a messa tutti i giorni e nutriva una particolare devozione per l’Eucaristia. Quando suo figlio Michael ebbe difficoltà personali, Tolkien lo esortò con una lettera molto bella a volgersi al Santissimo Sacramento:
Dall’oscurità della mia vita, così frustrata, ti propongo la sola grande cosa da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento… Lì troverai romanticismo, gloria, onore, fedeltà e il vero cammino di tutti i tuoi amori su questa terra.
Dopo la sua morte, nel 1971, molti specialisti in letteratura e in religione cominciarono a riconoscere la vera influenza della fede cristiana dell’autore sulla sua opera letteraria, nonché la sua volontà di orientarsi alla verità divina.
Stato della causa di canonizzazione
A fronte di questa vita pia e dal messaggio profondo, vent’anni fa un prete italiano (Daniele Pietro Ercoli) contattò l’arcivescovo di Birmingham, in Inghilterra, per parlargli di un’eventuale apertura di una causa di canonizzazione per J.R.R. Tolkien. La risposta del prelato fu chiarissima:
Sono lieto di incoraggiarla a cercare di informare più largamente la gente sulla fede cattolica di J.R.R. Tolkien e sull’influenza che essa ha avuto sulla sua scrittura e sulla sua vita… Suggerisco che lei abbia facoltà di comporre una preghiera da distribuire per uso privato e personale. Ove un giorno si dovesse aprire una causa, potremmo allora redigere una preghiera appropriata.
Il 2 settembre 2017, per sottolineare l’anniversario dalla morte di Tolkien, fu celebrata una messa a Oxford, in quella che era stata la chiesa parrocchiale di Tolkien (dedicata a san Luigi) alla presenza della nipote. La messa venne offerta «non per il riposo dell’anima di Tolkien, ma per pregare perché venga aperta la sua causa di canonizzazione». L’anno successivo, nel settembre del 2018, una «conferenza di canonizzazione» venne organizzata ad Oxford nella speranza di rilanciare l’interesse per la causa. Da allora non si sono segnalati progressi pubblici in vista della causa. Una cosa è certa: l’interesse per le opere di Tolkien è nuovamente tornato alla ribalta con la nuova serie tv, e potrebbe anche rilanciare l’interesse per l’autore cristiano.
Fonte: Philip Kosloski | Aleteia.org