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LOTTA AL COVID/ E medici ignorati: la cura c’era, qualcuno (a Roma) non l’ha voluta

La risposta al Covid con le cure domiciliari precoci era già scritta il 29 febbraio 2020. E funzionava. Ma qualcuno non l’ha voluta

C’è una data precisa che indica l’inizio di una strada che poteva essere vincente per tutti: 29 febbraio 2020. È il giorno in cui il prof. Cavanna, primario di oncologia all’ospedale di Piacenza, cura e poi guarisce, a domicilio, una ammalata di Covid (oncologica) che non voleva saperne di andare in ospedale. È lui stesso che lo racconta in una intervista nell’aprile 2021, in modo scarno, emozionante, evangelico. Come è evangelico il fatto che, qualche giorno dopo, nella sala della direzione dell’ospedale, di fronte al Pronto soccorso in tilt, racconti ai dirigenti la sua piccola esperienza. “C’è qui un medico, primario, che ha deciso di andare a casa di una ammalata oncologica, col Covid, bardato con mascherina e tuta, che ha iniziato una cura con normali farmaci e l’ha guarita”. La cosa colpisce e a Piacenza si formano 7 équipes attrezzate (Usca) che vanno a curare gli ammalati di Covid nelle case: dopo un mese, su 125 pazienti, solo 5 ospedalizzazioni. Gli ospedali respirano.

A Milano Andrea Mangiagalli, medico di base, va a casa dei suoi pazienti e fa la stessa cosa: cura il Covid con normali farmaci a disposizione e le persone guariscono in pochi giorni. Tanti altri medici di base si muovono con questa modalità, si confrontano in chat o in videoconferenza, condividendo le esperienze. Nel giro di 15 giorni vengono delineati degli schemi terapeutici in evoluzione ma efficaci, anche tenendo conto dei consigli dei medici cinesi con i quali ci sono contatti. I gruppi spontanei di medici sono parecchi e tutti, nel marzo-aprile, fanno presente alle autorità sanitarie e al ministero della Salute, a più riprese, la loro esperienza significativa. Come pure altri medici impegnati su altri fronti (plasmaterapia col dott. De Donno e ozonoterapia) segnalano le loro esperienze positive che rappresentano delle possibilità già nel marzo 2020. Nessuna risposta.

Intanto i gruppi si coagulano principalmente intorno al Comitato Cure domiciliari precoci, fondato dall’avvocato Erich Grimaldi e al gruppo di Ippocrate. Il prof. Cavanna diventa membro di spicco del Consiglio scientifico del Comitato cura domiciliare. Numerosi medici si mettono a disposizione, oltre il loro orario di lavoro, e gratuitamente, per curare gli ammalati anche di altri medici abbandonati alle linee guida ministeriali: tachipirina e vigile attesa. Ma perché se ci sono dei sintomi bisogna attendere per curarsi? Dobbiamo pensare superato il concetto di “cura”? Visite a casa senza sosta, visite anche ai pazienti di altri dottori se sono in zona, telefonate di giorno, di notte; i medici si danno dei turni per la reperibilità 24 ore su 24. Storie di pianti, amicizie, coraggio, amore, ammirazione, consolazione, speranza. Telemedicina in tutto il territorio italiano e anche all’estero. Si mobilitano numerosi medici di base (qualche centinaio), ospedalieri, ma anche psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, osteopati, infermieri.

Il Comitato promuove delle manifestazioni pubbliche in tante città. Intervengono le persone guarite e i medici. Manifestazioni anche davanti al ministero della Salute per sollecitare una risposta (nel frattempo sono iniziate le vaccinazioni, ma per sconfiggere una pandemia occorre usare tutte le armi a disposizione, non solo una). Il Comitato organizza anche manifestazioni davanti alle sedi Rai, accusata di ignorare, per non dire denigrare e distorcere, tutto il lavoro di aiuto al popolo che si sta facendo.

Ma ci sono altri fatti importanti. Il 30 novembre 2020 il ministero della Salute rilascia delle “linee guida” per le terapie domiciliari, in cui consiglia “vigile attesa” per le prime 72 ore (proprio quelle cruciali) nei pazienti cosiddetti “a basso rischio” (in cui comprende persino soggetti con temperatura superiore a 38°C) e “paracetamolo”. L’11 dicembre 2020 la III Sezione del Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Comitato Cura domiciliare riguardo l’idrossiclorochina che era stata proibita, consentendone di nuovo l’uso. Il 4 marzo 2021 il Tar del Lazio, sempre accogliendo il ricorso del Comitato, annulla la circolare del ministero con le linee guida per la gestione domiciliare dei pazienti; l’8 aprile 2021 il Senato della Repubblica vota “sì” praticamente all’unanimità affinché il Governo si attivi per l’istituzione del Protocollo unico nazionale per la gestione domiciliare dei malati Covid. Ma cosa fa il Governo? Il ministero della Salute deposita un ricorso al Consiglio di Stato contro la sospensione del Tar del Lazio del 4 marzo. Non era questa la risposta che ci si aspettava. Sulla spinta della società civile comunque il 26 aprile 2021 il ministero promulga un aggiornamento delle linee guida con aggiunta di antinfiammatori non steroidei (come sintomatici, non come terapia antivirale), rimanendo la raccomandazione del paracetamolo e della “vigile attesa”.

Si capisce quindi perché tanti di quei medici abbiano deciso di impegnarsi nelle elezioni politiche del 25 settembre.

Nel frattempo l’Istituto Mario Negri pubblica una ricerca sull’efficacia delle Cure precoci il 7 ottobre 2021; poi c’è un altro studio Fazio-Bellavite l’8 dicembre 2021 con una multiterapia comprendente indometacina (antinfiammatorio con ulteriore azione antivirale) e integratori alimentari; e si arriva allo studio del Mario Negri sulla prestigiosa rivista Lancet del 25 agosto 2022. Lo studio, che conferma l’efficacia delle cure precoci Covid attraverso farmaci antinfiammatori (segnalati dai vari Comitati da due anni e mezzo), trova spazio anche nei grandi quotidiani, finalmente. Ma non una parola che possa ipotizzare un collegamento con l’operato dei medici in questi due anni e mezzo. Un’ombra sulla nostra stampa nazionale.

Viene in mente quello che scrisse Federico Pichetto sul Sussidiario il 29 luglio 2021, l’indomani del suicidio del dott. De Donno, quando si chiedeva se era giusta la strada della prevenzione (i vaccini) imboccata come unica risposta alla pandemia o se si poteva rispondere anche con la terapia.

E viene da chiedersi perché, quando non c’erano i vaccini, in quei dieci mesi, le autorità sanitarie non abbiano collaborato con questi gruppi di medici.

Fonte: Fiorenza Farina | IlSussidiario.net

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