Si tratta di un agile e utile strumento per comprendere le radici storiche e culturali del conflitto fra Russia e Ucraina, sfociato nell’aggressione del territorio ucraino del 24 febbraio 2022 da parte dell’esercito della Federazione Russa, ma che in realtà ha origini molto più antiche.
958-1015), ma si concentra sulle vicende moderne, successive alla Prima guerra mondiale, quando in tutta l’Europa si diffonde a macchia d’olio l’ideologia nazionalista e nascono gli Stati nazionali dopo lo sfaldamento dei quattro imperi, l’asburgico, il russo, il tedesco e l’ottomano.
Questo processo viene bloccato in Ucraina dalla guerra civile, che vede il Paese teatro prima della guerra fra l’Armata Rossa e quella Bianca (1917-1924), poi del dominio sovietico fino all’invasione dell’esercito nazionalsocialista nel 1941. Soltanto dopo il lungo inverno del socialismo reale, in seguito allo smembramento dell’URSS nel 1991, in Ucraina si ripropone con forza la questione dell’identità nazionale.
A partire così dalla proclamazione dell’indipendenza nel 1991, l’Ucraina cerca di intraprendere la sua strada che vede fin da subito contrapporsi due prospettive alternative, quella di chi vuole che il Paese rimanga nell’orbita della Federazione Russa, quindi sotto l’influenza di Vladimir Putin, oppure chi vuole che l’Ucraina guardi al mondo occidentale, entrando a fare parte dell’Unione europea e, dal punto di vista militare, alleandosi alla Nato.
I diversi presidenti e capi del governo che si alternano alla guida del Paese una volta ritrovata l’indipendenza sono costretti a scegliere fra questo due prospettive: Leonid Kucma, già esponente della nomenclatura comunista convertitosi al nazionalismo ed eletto Presidente della Repubblica nel 1994, poi, dal 2005, il primo ministro Julija Tymosenko, principale artefice della rivoluzione arancione filo-occidentale, quindi Viktor Janukovyc, che instaurò invece un regime filo-russo, ma che venne costretto nel 2014 alla fuga in Russia da una massiccia e continuativa protesta di piazza, duramente repressa dalla polizia ma alla fine vittoriosa, che prese il nome di Euromajdan, dalla piazza centrale nella quale si svolsero appunto nell’inverno del 2014 i principali fatti che portarono alla sconfitta degli anti-occidentali.
Dopo la presidenza filo-russa di Janukovyc, l’Ucraina imboccò decisamente un’altra strada, eleggendo il 25 maggio 2014 alla Presidenza della Repubblica Petro Porosenko, con il 54,7% dei voti al primo turno. Imprenditore impegnato in politica, era uno dei candidati più moderati in un Paese ormai orientato ad allearsi con gli USA e l’Europa. Questo sentimento non riguardava più soltanto la Galizia e la parte occidentale, ma anche il resto del Paese, con l’eccezione delle regioni orientali, confinanti con la Russia, dove una parte importante della popolazione era russofona e russofila e dove la Russia stava operando affinché queste regioni venissero guidate politicamente dalla componente favorevole a Putin. Si poneva così la questione delle due repubbliche popolari autoproclamate di Donec’k e di Luhans’k, dove penetrarono prima agenti russi e poi militari autentici e dove cominciò una guerra a bassa intensità che è continuata fino all’invasione del 24 febbraio.
In questo clima in cui la popolazione ucraina ormai guardava decisamente verso Occidente, nelle elezioni del 2019 Porosenko venne sfidato e sconfitto da un comico, Volodymyr Zelens’kyj, che aveva fondato il nuovo partito Sluha Narodu (Servitore del popolo) e vinse al ballottaggio col 73,22% dei voti. Così arriviamo ai nostri giorni.
Il libro di Bellezza, ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università Federico II di Napoli, racconta con uno stile semplice e accessibile i fatti relativi alla storia moderna dell’Ucraina, arricchendo il testo con una notevole bibliografia.
Non si tratta di un libro accademico, per soli addetti, ma di una lettura seria, informata ed equilibrata di uno dei nodi più drammatici dell’attualità.
Fonte: Marco INVERNIZZI | AlleanzaCattolica.org