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I santi e la pietà per le anime del Purgatorio

Da santa Gertrude a Caterina da Genova, da Leonardo da Porto Maurizio a Pio da Pietrelcina, i santi sono coloro che più si sono esercitati nell’amore verso le anime del Purgatorio. E ci insegnano, con tutta la Chiesa, a lucrare le indulgenze in favore dei defunti.

 

La commemorazione di tutti i fedeli defunti, fissata liturgicamente al 2 novembre, ricorda in modo inequivocabile l’esistenza del Purgatorio e il dovere cristiano di offrire Messe, preghiere e altre opere di bene in favore delle anime purganti. Solo queste ultime anime, tra quelle nell’aldilà, possono infatti beneficiare dei nostri suffragi, che non servono ai dannati dell’Inferno – i quali hanno rifiutato, per l’eternità, l’amore di Dio – né giovano, per altro verso, alle anime del Paradiso, le quali già godono della visione beatifica (anch’esse, per l’eternità) e che piuttosto possiamo pregare per ottenerne l’intercessione.

A dispetto delle mistificazioni di ambienti non cattolici, l’esistenza di un luogo intermedio dove espiare la pena temporale connessa al peccato (luogo a cui la Chiesa dà appunto il nome di Purgatorio) è fondata sulle Sacre Scritture e sulla Tradizione, trovando continue conferme nelle pratiche di pietà diffuse fin dai primissimi secoli cristiani, nel solco di quanto peraltro si sapeva già nell’Antica Alleanza (vedi la carità di Giuda Maccabeo verso i compagni defunti; 2 Mac, 12-38-45). Ciò che la Chiesa ha poi definito a livello dottrinale, soprattutto nei Concili di Firenze e di Trento (XV e XVI secolo), è la logica conseguenza delle basi scritturistiche e di quel che gli antichi Padri e i comuni fedeli avevano sempre creduto, insegnato e praticato.

Va da sé che i santi sono coloro che più si sono esercitati nell’amore verso le anime del Purgatorio, lasciandoci inoltre una miriade di insegnamenti. Tra i più noti è il Trattato del Purgatorio di santa Caterina da Genova, che descrive come il fuoco dell’Amore divino purifichi da ogni macchia le anime che attendono di contemplare il volto di Dio. La grande verità che emerge dalle parole di Caterina è che il Purgatorio è sì necessario per soddisfare la giustizia divina, ma non solo: esso è allo stesso tempo segno dell’infinita misericordia di Dio, che vuole riportare le anime alla bellezza perduta con il peccato. Nel Purgatorio c’è una totale adesione alla volontà divina; perciò l’anima stessa vuole essere purificata, per presentarsi a Dio in tutto il proprio splendore, come una sposa farebbe con il suo sposo: «[…] l’anima, la quale in sé abbia tanta imperfezione quanto sarebbe un minimo bruscolo, si getterebbe più presto in mille Inferni, che trovarsi in presenza della divina maestà con quella macchia», cioè il peccato non ancora espiato.

La pena che l’anima espia sta nella lontananza da Dio, a cui essa ora anela con tutte le forze, essendo ormai caduto il velo terreno – legato alla colpa – che le impediva di riconoscere e vivere per il suo Sommo Bene. Inoltre, se da un lato l’anima purgante vive la suddetta pena, dall’altro – vedendo che «Dio non cessa mai di tirarla e condurla all’intera sua perfezione», come scrive la mistica – sperimenta una gioia ineffabile, che cresce man mano che si approssima al Paradiso. La “Dottoressa del Purgatorio” sintetizza tra l’altro così questa duplice esperienza: «È vero che l’amor di Dio, il qual ridonda nell’anima (secondo ch’io veggio), le dà una contentezza sì grande, che non si può esprimere, ma questa contentezza, all’anime che sono in Purgatorio, non leva scintilla di pena. Anzi quell’amore, il quale si trova ritardato, è quello che fa loro la pena: e tanto lor fa pena maggiore, quanta è la perfezione dell’amore del quale Iddio l’ha fatte capaci. Sicché l’anime in Purgatorio han contento grandissimo, e pena grandissima: e l’una cosa non impedisce l’altra».

Le anime purganti non possono più meritare niente per sé stesse, ma possono sperare che le loro pene vengano abbreviate grazie ai suffragi dei vivi. E a loro volta possono intercedere, ottenendo grazie per chi è ancora in terra. Lo testimonia sempre Caterina da Genova, insieme a molti altri santi, come per esempio santa Gertrude e san Leonardo da Porto Maurizio. Afferma quest’ultimo: «Per la strada, nei ritagli di tempo, prego sempre per le anime del Purgatorio. Queste sante anime con la loro intercessione mi hanno salvato da tanti pericoli dell’anima e del corpo». Ed esorta: «Prega sempre la Santa Vergine per le anime del Purgatorio. La Madonna attende la tua preghiera per portarla al trono di Dio e liberare subito le anime per le quali la supplichi».

Avvicinandoci ai giorni nostri, ritroviamo tanti insegnamenti sul tema negli scritti di don Dolindo Ruotolo. Il Servo di Dio è noto anche per aver fatto il cosiddetto Atto eroico per le anime del Purgatorio, che consiste nel mettere nelle mani di Maria Santissima il valore di tutte le nostre buone opere e di quelle che altri faranno per noi dopo la nostra morte, perché la Madre celeste disponga tutto in favore delle anime purganti. Ma questa cessione, eroica, di meriti non rimane senza frutto. La già citata santa Gertrude (†1302) fece questo Atto; in punto di morte, dopo che il diavolo aveva tentato di scoraggiarla facendole credere di aver fatto un pessimo affare, si sentì dire da Gesù: «Coraggio e fiducia! Tra breve sarai in Cielo. Ecco la moltitudine di anime da te liberate dal Purgatorio: ti vengono incontro con canti di esultanza per accompagnarti al premio eterno».

Tornando al XX secolo, san Pio da Pietrelcina si offrì più volte come «vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti». Una sua contemporanea, santa Faustina Kowalska, racconta nel suo Diario tante esperienze legate alle anime del Purgatorio: a loro, tra l’altro, è dedicato l’ottavo giorno della novena alla Divina Misericordia insegnatale da Gesù. La stessa mistica polacca fu condotta in Purgatorio dal suo angelo custode. Lì le anime le spiegarono che «il loro maggior tormento è l’ardente desiderio di Dio». Dopo essere uscita da quel «luogo nebbioso, invaso dal fuoco», Faustina udì nell’intimo la voce del Signore: «La Mia Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia». In un’altra occasione, il 9 luglio 1937, suor Faustina fu visitata – per misericordia di Dio – da una consorella defunta, che le chiese di offrire in suo favore tutte le pratiche di pietà di un giorno intero. All’indomani, la santa esaudì la richiesta della consorella: «Durante la Santa Messa per un momento ho vissuto il suo tormento, ho provato nell’anima una fame così grande di Dio che mi sembrava di morire per il desiderio di unirmi a Lui. La cosa è durata un breve momento, ma ho capito che cos’è la nostalgia delle anime del Purgatorio».

La pena temporale che un’anima sconta in Purgatorio può essere rimessa (in tutto o in parte) mediante una gran quantità di indulgenze (plenarie o parziali) che sono annesse a molte preghiere e opere di misericordia, tra le quali ha un valore sovreminente la Santa Messa, con la quale offriamo i meriti di nostro Signore Gesù Cristo. Nel Manuale delle indulgenze (Enchiridion indulgentiarum) si trova tutta la dottrina e l’uso odierno in merito.

Qui ci limitiamo a ricordare che da mezzogiorno dell’1 novembre fino a tutto il 2 novembre si può lucrare l’indulgenza plenaria per un defunto, visitando il cimitero o una chiesa e ivi recitando il Padre Nostro e il Credo. Vanno adempiute altre tre condizioni: Confessione (anche 8 giorni prima o dopo, purché ci si comunichi in grazia di Dio), Comunione e preghiera secondo le intenzioni del Papa (Padre Nostro, Ave Maria e Gloria). La stessa possibilità – con le medesime tre condizioni – è concessa dall’1 all’8 novembre, una volta al giorno, ai fedeli che visitano un cimitero e pregano, anche solo mentalmente, per un defunto.

Fonte: Ermes DOVICO | LaNuovaBQ.it

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