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L’agenda del governo Meloni spiegata da Alfredo Mantovano

Presentando il nuovo libro di Mingardi e Sacconi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha annunciato semplificazioni procedurali per il Pnrr, criticato bonus e Rdc e ribadito che la priorità è favorire la natalità

Non aveva ancora parlato pubblicamente, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, dal giorno dell’insediamento del governo Meloni – «Quaranta giorni, ancora quattro e battiamo per longevità il penultimo esecutivo inglese». Lo ha fatto ieri sera a Roma, in occasione della presentazione del nuovo libro di Alberto Mingardi e Maurizio Sacconi edito da Studium, Stato essenziale, società vitale: Appunti sussidiari per l’Italia che verrà (Tempi ne parla proprio con Sacconi nel numero di dicembre, in uscita in questi giorni). Un intervento breve, pacato ma combattivo, nel quale l’ex magistrato he delineato priorità e obiettivi del governo.

Un miliardo e mezzo in più per natalità e famiglia

Ospite di Unioncamere insieme ai due autori del libro e Giuliano Amato, moderati da Agnese Pini, Mantovano ha invitato tutti a «fare attenzione, come segnale che indica una strada, non come punto di arrivo, a quel miliardo e mezzo in più di euro dato sul fronte natalità e famiglia. Sul tema seguiranno altri provvedimenti nel corso degli anni, però è quello, in una legge di bilancio condizionata dalle emergenze, il segnale più significativo». Il libro di Mingardi e Sacconi è dedicato a Giorgia Meloni, vuole essere un suggerimento affinché sia davvero possibile che – come ha detto il presidente del Consiglio in Aula chiedendo la fiducia – «lo stato non disturbi chi ha voglia di fare».

Mantovano parla di «responsabilità ed efficienza», assicura che l’esecutivo «rispetterà ogni regola ma respingerà ogni ostruzionismo normativo», non dice tutto quello che pensa della legge spazzacorrotti e del reddito di cittadinanza («l’incarico che svolgo adesso mi impone di frenarmi»), annuncia un decreto legge che semplificherà le procedure e toccherà il codice degli appalti per la gestione dei fondi del Pnrr. «Noi ci sentiamo impegnati ad aggredire i problemi dell’ora presente, non a subirli, non a rinviarli, non ad affrontarli soltanto con la produzione di carte».

Contro «lo sport della burocrazia difensiva»

Da sinistra, Alfredo Mantovano, Alberto Mingardi, Agnese Pini, Maurizio Sacconi, Giuliano Amato (foto Istituto Bruno Leoni)

«Che tutti dipendano dallo Stato, come è successo durante i lockdown, è una situazione anomala che tende a continuare», ha detto Amato in apertura, «il rischio è l’arrivo dello stato padrone». Per «il funzionario dello stato avere senso di responsabilità significa puntare all’obiettivo», ha spiegato Mantovano, «fare in modo che sia raggiunto, naturalmente nel rispetto delle regole, e non invece praticare quello sport tanto diffuso nei palazzi istituzionali che si chiama burocrazia difensiva. In questo sport ci si disinteressa del risultato per privilegiare il rispetto di una forma procedimentale che tuteli da ogni tipo di controllo, a cominciare da quello giurisdizionale. Se la funzione pubblica accentua questo atteggiamento, l’effetto, insieme con l’inefficienza della macchina amministrativa è il fallimento dell’azione di governo».

Mantovano fa un esempio: alcuni anni fa a Roma il Tevere rischiava di esondare a causa di un blocco di detriti che sotto a uno dei ponti della Capitale rallentava il passaggio dell’acqua. «Si doveva decidere come intervenire per risolvere la situazione, e in fretta, e si scoprì che le autorità che avevano voce in capitolo sul Tevere erano diciotto. Che fai, una conferenza di servizi? Chiedi un parere all’Avvocatura dello stato? Chi si prese carico di questo problema all’epoca puntò al risultato, che fu raggiunto correndo il rischio dell’attenzione giudiziaria».

Il governo Meloni ne ha molti, di ponti da “sbloccare”, e agisce in un contesto nel quale l’assunzione di responsabilità non è lo sport più praticato dalle amministrazioni, condizionate da un quadro normativo confuso e un esercizio spesso arbitrario da parte della giurisdizione ordinaria. «Quando sono entrato in magistratura i reati contro la Pubblica amministrazione erano quattro-cinque, negli anni si sono moltiplicati fino a quel “capolavoro” della spazzacorrotti». Giurisdizione contabile e decisioni delle authority, infine, rendono impraticabile gli investimenti ad esempio di una azienda straniera in Italia.

Il reddito di cittadinanza «diseducativo»

Tra i problemi che si sono cronicizzati e che il governo deve risolvere, poi, c’è «quella cosa diseducativa che si chiama reddito di cittadinanza», misura che vanta numerosi «sponsor politici e mediatici». Diseducativa non soltanto perché ha incentivato a non cercare lavoro, ma anche perché ha aumentato la possibilità di compiere microtruffe. Mantovano ha elencato i dati in possesso di Palazzo Chigi che dimostrano come in molti casi il reddito di cittadinanza sia stato usato da chi non ne avrebbe diritto: carte intitolate a residenti in Germania, 133 milioni mai riscossi, spese effettuate molto lontano dal luogo di residenza dei titolari, 3000 carte rilasciate a stranieri senza fissa dimora, e così via. «Altrettanto dannoso è il bonus 110 per cento», dice Mantovano: «Mai misura fu più costosa e inutile come questa».

«Se è vero che il gusto del lavoro ben fatto non è effetto della legge, è altrettanto vero che leggi come queste costituiscono una oggettiva dissuasione dal lavoro ben fatto. Ci sentiamo di prendere in carico questi e altri problemi nonostante gli ostacoli di parte delle burocrazie, con le quali in queste prime settimane ci stiamo reciprocamente misurando e alle quali mi permetto di dire: rispetteremo ogni regola ma respingeremo ogni ostruzionismo formalistico, a cominciare da quelli esercitati in modo soft. E ci sentiamo a prenderli in carico nonostante le manipolazioni mediatiche: il giornale dei vescovi, che ci vuole tanto bene, ha commentato la nostra razionalizzazione del reddito di cittadinanza titolando in prima pagina: “Scaricati 660mila poveri”, che evito di commentare».

Pnrr, «semplificare le procedure»

Infine, Mantovano ha detto che l’esecutivo è pronto ad affrontare la sfida del Pnrr, «che ha risorse 7-8 volte superiori alla più generosa legge di bilancio» – ed è stato scritto, fa notare poco dopo Sacconi, da chi pensa che chi governa possa avvalersi di spesa facile – semplificando le procedure, per evitare che qualunque mossa fatta dalle amministrazioni sia trattata come abuso d’ufficio.

E sul finale del suo intervento, dopo avere invitato a rinviare il giudizio finale sul Golden power alla prova dei fatti che il governo darà, Mantovano ha ribadito che «ci dobbiamo mettere del nostro, al di là delle leggi e dei codici che si possono fare, come fecero i nostri nonni nel Dopoguerra quando ci fu un boom anzitutto demografico».

«La straordinaria capacità di reinventarsi ha fatto fiorire la società italiana negli ultimi settant’anni», dirà poi Mingardi. «La speranza sarà reale quando cominceranno a essere messi al mondo più bambini», ha concluso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. «Mettere al mondo un figlio oggi è il più grande segno di speranza, è l’autentica sfida a se stessi: la mamma incinta è una benemerita della società. Non a caso nella legge di stabilità ci sono i primi provvedimenti a favore della maternità e della natalità. E ce ne saranno altri. Lì è il vero inizio di una società vitale».

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