Nei giorni in cui Papa Benedetto moriva, nei giorni del fiume di gente venuta a salutarlo, e nel giorno del suo funerale, stavo leggendo “La crisi dell’Occidente”, del monaco benedettino Santiago Cantera Montenegro (Cantagalli). L’ho trovata una felice coincidenza. Il libro è una storia del pensiero mondiale, dalla filosofia greca al pensiero contemporaneo, passando per il medioevo, il rinascimento, l’illuminismo: una carrellata, necessariamente semplificata, ma che permette uno sguardo di insieme molto utile soprattutto per i non specialisti (come me che a filosofia ero una pippa, e rimango tenacemente fedele a questo titolo accademico faticosamente conseguito).
Al centro dell’opera il bisogno di evidenziare il contributo dato dal cristianesimo al pensiero, all’edificazione del mondo in tutti i suoi ambiti “Tutto ciò che mancava nella concezione classica greco-romana dell’uomo, è stato fornito, completato e perfezionato dal cristianesimo. Esso ebbe – per esempio – un ruolo fondamentale nella progressiva riduzione della schiavitù durante il passaggio dal mondo tardoantico a quello medievale e nell’adozione di misure volte ad umanizzare ulteriormente la legislazione romana”. Il cristianesimo ha inciso in modo profondissimo e indelebile nella civiltà e cultura mondiale, e questo libro prezioso contribuisce a evidenziarlo, con una rassegna della storia del pensiero. Senza il cristianesimo non si può comprendere l’Europa, e senza l’odio al cristianesimo non se ne può comprendere la crisi. Consigliatissimo, dunque, il libro anche per questa analisi dell’attacco al cristianesimo, oltre che per quella che evidenzia il contributo del pensiero originato dalla riflessione su Cristo. Il pensiero che ha eliminato Dio dall’orizzonte e che ha cercato di arrivare a una visione del mondo che togliesse completamente il trascendente dalla vista dell’uomo ha prodotto varie aberrazioni, come il transumanesimo, analizzato qui molto bene.
Forse mi convince di meno la parte sul futuro, che però è davvero minima rispetto al resto, che rimane una preziosa analisi da tenere a portata di mano come manuale di aiuto in caso di discussioni: bisogna essere preparati bene, informati e capaci di argomentare (e in caso di mala parata si può sempre direttamente tirare il libro in faccia all’interlocutore). Dicevo che non mi convince tanto la proposta di investire la tradizione cristiana di una mediazione tra culture e tradizioni diverse. Penso che si debba tornare alle radici, ma personalmente più che a livello culturale. Con una nuova serietà. Il che non significa che l’impegno pubblico non sia più necessario. Dove sarà possibile andrà fatto, tutto quello che si potrà dire andrà detto (come ha fatto un intero popolo per esempio nei giorni del Family day).
Però noi sappiamo di essere davvero un piccolo resto. Benedetto XVI ce lo ha lasciato scritto: la Chiesa è sempre più piccola e povera. Siamo sempre meno, siamo vecchi e pochi. Eppure anche per i primi cristiani era così. Imperdibile dunque anche lo stupendo Vivere da cristiani in un mondo non cristiano, L’esempio dei primi secoli, di Leonardo Lugaresi.
I cristiani delle origini hanno realizzato due condizioni, e rimanendo fedeli fino all’eroismo a quelle hanno cambiato la faccia della terra. Innanzitutto sono stati DENTRO al mondo, per essere sale e lievito, che sono parte della pasta, si perdono dentro la pasta e la cambiano. E poi, seconda condizione, hanno conservato sempre una lucida capacità di GIUDIZIO. Questo è chiesto anche a noi. E questo può avvenire solo se stiamo attaccati come cozze al Signore, alla roccia. Davanti a ogni cosa guardare con lo sguardo di Dio. Ogni evento del mondo ma anche ogni nostro pensiero ed emozione.
La parola fede ha la stessa radice di roccia in ebraico. Suona come “roccità”. I primi cristiani si comportavano come se Gesù fosse una persona viva in mezzo a loro. Il fatto è che noi ci crediamo realmente. Non è questione di valori o tradizione. O meglio la tradizione ci conferma, e grazie al deposito ricevuto noi possiamo dire che la Chiesa ci permette l’accesso all’inaccessibile, cioè a Dio, attraverso i sacramenti e attraverso la mediazione dei sacerdoti: quello che ci permette, però, e non dobbiamo mai dimenticarlo, è l’incontro con una persona viva e vera, che parla a me oggi, nella mia vita.
Se saremo attaccati a Dio, dentro la Chiesa – nonostante le sue povertà evidentissime – se saremo innamorati davvero di questa persona viva e vera, allora non avremo bisogno di convincere nessuno. Anzi a me a volte viene da essere un po’ gelosa di Gesù. Non lo vorrei presentare proprio a tutti per timore che non lo apprezzino (ma su questo lui non è d’accordo, lo so). Saranno gli altri a inseguirci, a chiederci quale sia il nostro pusher.
Fonte: BlogCostanzaMIRIANO.com