Lettera dal monastero delle suore trappiste italiane a Azeir (confine settentrionale fra la Siria e il Libano). «Il cordoglio non basta, la nostra gente muore di fame»
Adesso veramente basta…
Basta parole a vuoto, ADESSO è il momento di togliere le sanzioni alla Siria..
Ci uniamo all’appello di P. Bahjat parroco di Aleppo, di tanti altri, ripetiamo le parole che spesso anche noi abbiamo pronunciato e scritto senza che nulla cambiasse: ORA SI DEVONO TOGLIERE LE SANZIONI ALLA SIRIA! ADESSO! SUBITO!
Le parole di conforto di tanti di voi che oggi sono vicini alla nostra gente, i gesti di aiuto con cui vi fate presenti, fanno bene al cuore. Riscaldano, nel freddo che domina in mezzo alle macerie. E la gente è grata del vostro aiuto. Grazie, grazie veramente.
Ma le parole di cordoglio di tante istituzioni fanno reagire: dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame?
Certo, non solo le sanzioni hanno portato a questo.
Ma ANCHE le sanzioni, e pesantemente.
Certo, si muore sotto le macerie anche se si sta bene, anche se c’è il cibo in casa.
Ma se le condizioni generali della gente non fossero state così disperate, oggi ci sarebbero più mezzi per scavare nelle macerie, e salvare ancora qualcuno.
Ci sarebbero ospedali più attrezzati, farmacie fornite di tutto il fabbisogno. Più case capaci di accogliere i rifugiati, ci sarebbero anche qui più persone con lavoro e risorse per aiutare i propri fratelli.
Senza dimenticare che, sì, il terremoto è una tragedia immane, che colpisce i nostri cuori e la nostra mente. Ma anche nelle zone non troppo colpite c’è tanta gente che ha bisogno, che muore di fame, oggi come ieri, perché la fame, l’incapacità di far fronte alle malattie per il costo dei medicinali, e tutto il resto esisteva anche prima di questo 6 febbraio…
Ci voleva tutto questo per far aprire gli occhi sulla tragedia siriana, di cui nessuno parlava più da tempo?
C’era già un terremoto, più silenzioso ma non meno devastante, che da anni scuoteva la vita e il futuro di questa gente.
I morti sono morti, li affidiamo a Dio e alla sua Misericordia, che illumina anche ciò che noi non comprendiamo. Ma i vivi hanno bisogno di una speranza tangibile e concreta che la vita si possa ricostruire. La cosa che più colpisce in questo momento è lo sgomento che invade le persone, lo smarrimento davanti a tutto questo. Gli amici di Aleppo, di Lattakie, da cui abbiamo notizie per telefono, hanno tutti una nota pesante nella voce: hanno macerie non solo davanti agli occhi, ma nel cuore. Anche queste hanno bisogno di essere rimosse, sollevate in qualche modo.
Per favore, alzate la voce perché si tolgano subito le sanzioni.
Dire che questa “è una scelta politica di appoggio al governo” è una cosa ipocrita e senza alcun discernimento.
Che almeno la tragedia e la sofferenza di tanti morti che ancora sono sotto le macerie serva ad aiutare i vivi.
E poi, sì, c’è la preghiera e la fede.
Pregate per il nostro popolo, pregate con la nostra gente.
Non potremmo dirlo noi, che a parte la paura grande siamo state risparmiate da questo terremoto; ma un amico di Aleppo, venuto a stare da noi perché la sua casa è inagibile, ci diceva ieri: “che almeno tutto questo serva a riavvicinare la gente a Dio! Se la fede è debole, le persone si allontaneranno ancora di più dal vero bene. Ma se almeno tutto questo servisse a riportarci a Dio!”.
Torniamo a Dio, e forse si illuminerà un po’ anche la nostra ragione, e il nostro agire.
E grazie a tutti coloro, e sono tanti, che in questo momento pregano e operano con il cuore in mano.
Fonte: Suore trappiste di Azeir | Tempi.it