Dieci anni di pontificato, fra le rievocazioni ideologiche di destra e sinistra e la concretezza di un Magistero al quale, insegna il Catechismo, si deve il nostro obbediente ossequio
Si dice che don Bosco invitasse i suoi ragazzi a scrivere sui muri «viva il Papa» e non «viva Pio IX», come invece usavano fare i liberali dell’epoca, che cercarono di approfittare dell’amore del nuovo Papa per l’Italia allo scopo di portare il neoeletto sulle loro posizioni ideologiche e settarie. Questa immagine mi è venuta alla mente leggendo i diversi commenti di intellettuali e giornalisti al decimo anniversario del pontificato di Francesco, celebrato nei giorni scorsi. Da destra e da sinistra ho letto critiche e apologie, a seconda dei diversi punti di vista, e stucchevoli esternazioni sui migranti irregolari e sul celibato dei preti, quasi come se l’auspicabile fine dell’arrivo di migranti o la non auspicabile fine del celibato per i sacerdoti della Chiesa latina fossero la soluzione dei tanti e drammatici problemi della Chiesa nel mondo di oggi.
Da parte mia credo, invece, che l’atteggiamento corretto e realistico per celebrare dieci anni di un pontificato sia proprio quello di don Bosco. «Viva il Papa», non “viva un Papa” o peggio attaccare un Papa nel nome di un altro, come purtroppo è stato fatto spesso nella recente storia della Chiesa.
Perché forse ce lo siamo dimenticati, ma «L’assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano in comunione con il Successore di Pietro, e, in modo speciale, al Vescovo di Roma, Pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione infallibile e senza pronunciarsi in “maniera definitiva”, propongono, nell’esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi. A questo insegnamento ordinario i fedeli devono “aderire col religioso ossequio dello spirito” (Lumen gentium, 25) che, pur distinguendosi dall’ossequio della fede, tuttavia ne è il prolungamento».
Così scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica (n.892), che a molti dirà poco e, purtroppo, anche a diversi che si definiscono cattolici, dato che non viene tenuto nella considerazione che spetta alla massima espressione dell’insegnamento della Chiesa per autorevolezza. Il Papa è fondamento della Chiesa, “roccia” sulla quale si costruisce il resto. Il Papa, dunque, non un Papa che sta simpatico a qualcuno e non ad altri, non il Papa con cui una parte della Chiesa si sente in particolare sintonia, mentre l’altra lo sente distante e magari lo avversa, perché l’assistenza divina è garantita a tutti i Pontefici, e non soltanto a qualcuno di essi.
Quando si dice Sommo Pontefice è giusto pensare al suo Magistero, che comunque rimarrà nella storia della Chiesa. Fra i 266 Papi della storia cristiana ve ne sono stati molti riconosciuti come santi dalla Chiesa stessa, altri invece non particolarmente edificanti quanto al comportamento avuto durante la vita. Ma tutti hanno esercitato il loro ministero e a tutti, nessuno escluso, i fedeli erano e sono tenuti all’obbedienza, cioè l’ossequio dello spirito, come è scritto nel Catechismo.
Purtroppo lo spirito del nostro tempo è penetrato anche tra noi fedeli cattolici, e oggi parole come obbedienza e Magistero risultano scomode o comunque lontane, perché rimandano a un atteggiamento di rispetto e di fedeltà nei confronti dell’autorità che il senso comune ha progressivamente perduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso. Il relativismo è purtroppo entrato anche negli ambienti che pensano di combatterlo.
Bisogna, invece, ritornare allo spirito di don Bosco. E’ legittimo avere preferenze culturali e umane nei confronti di modi diversi di incarnare il pontificato, ma non è cattolico pretendere di valutare l’insegnamento e il comportamento come se ciascuno avesse i titoli per ergersi a giudice del Vicario di Cristo. La Chiesa non è un partito, e neppure un’assemblea umana, nella quale provare a esercitare pressioni e avanzare ricatti, come avviene nelle strutture solo umane. Dietro l’umanità di chi ne fa parte, ciascuno di noi compreso, dietro ai nostri peccati e anche a quelli dei pastori, ci sta il Mistero del corpo mistico di Cristo, che guida la Chiesa sempre e in ogni circostanza.
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