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Conservatori del futuro

Chi è conservatore? Che cosa ama e cosa desidera? E in particolare che cosa è bene che non sia

 

C’è un modo infallibile per distruggere sul nascere ogni “desiderio di conservatorismo”. Basta descrivere il tipo umano del conservatore come un personaggio un po’ démodé, ripiegato sul passato, poco attento alle nuove scoperte tecnologiche e quasi imbarazzato e incapace di muoversi nel presente.

Ci proveranno anche questa volta. Ci riusciranno? Molto dipende anche dal comportamento di chi si crede conservatore e di come pensa di usare questo abito culturale.

Il conservatore non è un fan del passato e non ha necessariamente qualche interesse da difendere nel presente, se non la libertà di potere promuovere determinati principi e valori. Un libro di molti anni fa sul pensatore contro-rivoluzionario (ma potremmo dire anche conservatore) Joseph de Maistre (1753-1821) aveva un titolo molto felice: Pensatore dell’origine (Mursia, 1986). Così veniva definito l’autore delle Serate di Pietroburgo (Fede e cultura, 2013).

Il conservatore, infatti, non è un cantore acritico di qualche epoca del passato, ma un convinto assertore dell’esistenza di un disegno originario di Dio, che ha creato l’uomo per amore e per renderlo partecipe della felicità eterna.

E’ la Creazione il vero e fondamentale “principio non negoziabile” del conservatore, senza il quale tutti gli altri valori non avrebbero un fondamento di verità. Il passato, o meglio i diversi “passati”, cioè le epoche della storia, meritano un giudizio positivo soltanto nella misura in cui sono state rispettose di quell’ordine che si può cogliere nella Creazione.

Il conservatore, dunque, è un cantore dell’eterno e apprezza il passato nella misura in cui quest’ultimo ha saputo “conservare” qualcosa dell’eterno.

In particolare, il conservatore è un realista. Egli sa che l’ordine della Creazione non è mai realizzabile nella storia, dopo la colpa originale commessa dai nostri pro-genitori. Questa seconda convinzione, il peccato dopo la Creazione, gli permette di guardare con profondo realismo alle vicende storiche, di non affezionarsi più di tanto a realizzazioni storiche e umane, ma anche a non perdere mai la speranza, consapevole che, se l’uomo è stato creato a immagine di Dio, può sempre ritrovare la strada dell’origine e, quindi, della felicità. E in questo senso, se è un credente, il conservatore partecipa consapevolmente, con il suo piccolo contributo, all’opera di Redenzione operata dal Padre in Cristo.

Ecco perché il conservatore studia il passato, vive nel presente e spera in un futuro migliore.

Proviamo a fare un esempio, per capirci meglio. Prendiamo il caso del Medioevo, contro il quale si è scatenata una campagna denigratoria immensa e duratura, che ha attraversato tutto il secolo dei Lumi e rimane ancora oggi, a livello popolare soprattutto, perché nell’ambito accademico ormai è stata riscontrata la malizia ideologica (e anche l’ignoranza) che sta alla base della campagna di disinformazione che ha creato la “leggenda nera” sul Medioevo.

Capita che molte persone, intossicate dalla disinformazione, rimangono rapite dalla bellezza delle cattedrali o della Divina Commedia, salvo poi uscire da una chiesa romanica o gotica parlando male del Medioevo, oppure dimenticano il significato profondo della Commedia dantesca. Il conservatore, invece, ama quella bellezza e comprende la profondità del Poeta, pur senza ignorare il male commesso dagli uomini che hanno vissuto attorno, spesso anche all’interno, di quelle cattedrali, costruite da un popolo innamorato di Dio, così come non dimentica il male che la stessa Commedia descrive.

Il conservatore ama quello che di buono c’è stato e lo vorrebbe conservare, ma non ignora il male presente nelle diverse epoche della storia, anche in quelle cristiane, perché non vuole sostituire le “leggende nere” con strampalate “leggende rosa”, che farebbero torto alla verità. Quello che vale per il Medioevo si può applicare a tanti altri temi: il conservatore non li affronta con lo spirito ideologico della contrapposizione dialettica, per usare ancora le parole di de Maistre, non vuole fare una rivoluzione di segno contrario rispetto a quella dominante, ma vuole esattamente il contrario della Rivoluzione, cioè cerca soltanto la verità e il bene comune, pur convinto che non è dato all’uomo possedere completamente la prima e realizzare compiutamente il secondo.

In questo senso il conservatore vuole dare il suo modesto contributo alla costruzione di un mondo migliore di quello in cui è stato chiamato a vivere, perché sa che il progresso è possibile nella storia degli uomini, ma non è il frutto ineluttabile di un’assoluta necessità, come vorrebbe la vulgata progressista.

In fondo, il conservatore è un uomo consapevole del suo limite, amante della realtà e del destino di felicità a cui è chiamato per l’eternità.

Fonte: Marco Invernizzi | Alleanza Cattolica.it

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