La proposta di introduzione della maternità surrogata nel nostro ordinamento va a scardinare la chiave di volta che regge tutto l’edificio sociale: la relazione originaria e misteriosa tra la madre e il figlio. L’aspetto economico presente nella gestazione per conto terzi, seppur riprovevole, non è il punto centrale. Si aprono derive transumane, che una volta si potevano trovare solamente nella letteratura distopica
Il neo-segretario del Partito Democratico, Elly Schlein, non perde tempo per accelerare con l’agenda del partito radicale di massa, per imporre quei nuovi diritti così cari alla sinistra woke e liberal. La sua strategia sembra quella di “avviare dei processi”, in modo da abituare l’opinione pubblica, un po’ per volta. Così sta accadendo con la proposta di introdurre nel nostro ordinamento la cosiddetta “maternità surrogata”, meglio conosciuta come “utero in affitto”, ma in genere denominata con l’espressione più suadente di “gestazione per terzi” o “gestazione solidale”, termini sicuramente più inclusivi. Come ben documentato dai cataloghi disponibili in rete, con dei prezzari modulati per Paese e qualità del servizio, dietro la maternità surrogata c’è sicuramente un commercio lucroso, con lo sfruttamento, anche se consensuale, della donna che vende gli ovuli o che porta avanti la gestazione per conto terzi, e che rinuncia contrattualmente a qualsiasi relazione futura col frutto del proprio grembo. È paradossale che la sinistra, sempre in prima fila per condannare le “logiche del mercato”, si riproponga poi di applicarle agli esseri umani: non va bene la concorrenza per produrre beni e servizi, tutto va pianificato dall’alto e imbrigliato, mentre il traffico di esseri umani diventa lecito se opportunamente regolamentato. La sinistra si riscopre così liberista proprio dove non è possibile esserlo. Anche se salta all’occhio l’aspetto economico, che rende tale pratica ancora più ripugnante, non è però questo il punto sostanziale. Il mercimonio soggiacente alla maternità surrogata è un aspetto solamente accidentale, anche se probabilmente sempre presente, e costituisce quindi solo un aggravante.
Il vulnus consiste specificamente nel fatto che il bambino viene concepito, e selezionato in modo eugenetico, al di fuori dell’ordine naturale, che prevede la presenza di un padre e di una madre: non si può separare il momento unitivo dal momento procreativo, lo aveva già insegnato S.S. Papa Paolo VI nel lontano 1968, agli inizi della rivoluzione culturale, nella lettera enciclica Humanae vitae. Un tempo si diceva “mater semper certa”, ora invece di madri lo sfortunato bambino potrebbe averne anche tre o quattro: la donna che vende l’ovulo, la donna che porta avanti la gestazione, la donna committente e, nel caso di due lesbiche, anche due committenti. Troppe, e nessuna: neppure il Re Salomone, con tutta la sua sapienza, avrebbe saputo sbrogliare una matassa così intricata. Chi di noi avrebbe voluto trovarsi da bambino in una situazione di questo tipo? “Voglio la mamma”, cioè la mia mamma: quale bimbo non l’ha detto mille volte? Quale risposta suggerisce la sinistra così attenta ai diritti ditutte e tutti, così inclusiva? La maternità surrogata, a pagamento o gratuita che sia, andrebbe a minare la relazione sociale fondamentale, quella della madre col proprio figlio: se si va a distruggere questo rapporto unico e misterioso, tutto l’edificio sociale verrebbe giù. Non si tratta di problemi economici o semplicemente “morali”, ma dello statuto ontologico dell’essere umano: ci troviamo di fronte a una deriva transumana, radicalmente contraria alla dignità del bambino. Come ci ha insegnato S.S. Benedetto XVI nel celebre discorso al Reichstag di Berlino del 22 settembre 2011, se non si rispetta la “natura dell’uomo”, l’autentica “ecologia umana”, come si può pretendere di “difendere il pianeta”?
Il punto centrale è che il bambino non è una merce, un oggetto, ma una persona e quindi non solo non può essere né venduto né acquistato, ma neppure regalato. Occorre guardare attraverso gli occhi del bambino, non dei committenti o delle terze parti coinvolte, siano esse coinvolte per denaro o per supposta “solidarietà”. È quindi fondamentale, a mio avviso, non cadere nel tranello di condannare tale pratica aberrante utilizzando in prima battuta l’argomento economico, o il tema dello sfruttamento del corpo femminile: così facendo, infatti, la sinistra avrebbe facile gioco presentando delle “gestazioni per altri” assolutamente gratuite: una donna per la propria sorella, oppure la figlia per la madre o la madre per la figlia, o ancora un’amica per un’altra amica. Il tutto condito da una “narrazione” che faccia leva sulle emozioni e sui sentimenti, sui casi pietosi. E poi, una volta sdoganata la pratica, sarebbe solo questione di tempo per aprire a tutte le casistiche, come abbiamo già visto in molti altri casi.
L’interesse da tutelare è solo quello del bambino, utilizzando lo stesso principio che dovrebbe presiedere alle adozioni: come Giovanni Cantoni ci ha ripetuto più e più volte «le adozioni non servono per dare un figlio a chi non ce l’ha ma per dare dei genitori, un papà e una mamma, a un bambino che per qualche motivo ne sia privo». I desideri degli adulti non sono diritti. Papa Francesco ha definito la maternità surrogata una «pratica inumana», sottolineando più volte che «la famiglia è fatta di un uomo e di una donna» e che l’ideologia gender è «pericolosa, uno sbaglio della mente umana». A fronte di tali follie non occorrerebbe neppure scomodare il magistero o il libro della Genesi: per comprendere che l’essere umano è sessuato, uomo o donna, basterebbeinfatti possedere delle nozioni basiche di biologia. Ne consegue che è necessario opporsi contemporaneamente alla maternità surrogata e al tentativo di imporre le adozioni arcobaleno in Italia, perché sono due facce della stessa medaglia.
Non ci sono, quindi, spazi per negoziare. Occorre contrastare ovunque possibile, e con gli argomenti giusti, queste derive transumane, che ricordanole pagine della letteratura distopica del Brave New World di Aldous Huxley(1894-1963): una società futura, dove i figli venivano concepiti in provetta, selezionati con tecniche eugenetiche, fatti sviluppare in uteri artificiali e poi programmati in base alla funzione da ricoprire nella società. Figli dello Stato, perché la famiglia non c’è più. In una prospettiva di teologia della storia, che certamente va ben al di là, anzi al di sopra, della comprensione degli stessi soggetti che propongono certe follie, occorre ricordare quanto scrisse suor Lúcia dos Santos (1907-2005), meglio nota come suor Lucia di Fatima, in una missiva al Cardinal Caffarra: «Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva fra il Regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna avere paura, perché Nostra Signora gli ha già schiacciato la testa».
Fonte: Maurizio MILANO | AlleanzaCattolica.org