Fermate ChatGPT, finche si è in tempo. È l’appello lanciato da Elon Musk e altri imprenditori e accademici alle aziende di tutto il mondo che stanno potenziando l’ormai noto software basato sull’intelligenza artificiale, evocando grandi rischi per l’umanità. In particolare la lettera del magnate chiede un stop di sei mesi per sviluppare limiti e protocolli di sicurezza. Anche il nostro garante della privacy ha chiesto di sospendere ChatGPT perché viola molti dati riservati. Ma siamo ancora in tempo? Possiamo fermare il vento con le mani?
L’impressione è che tutto stia avvenendo troppo in fretta e che tutto ci stia sfuggendo dal controllo. Le potenzialità del nuovo sistema sono incredibili. Tutti quanti possiamo rendercene conto andando sulla piattaforma (almeno fino a qualche giorno fa, quando prudentemente la piattaforma ha sospeso gli accessi). L’ho fatto anch’io è ho provato a digitare sulla tastiera del mio Mac “Fammi un pezzo sulla crisi del sistema bancario del 2008”. Lui dopo pochi secondi me lo ha fatto. Perfetto, o quasi, ho solo corretto due o tre sbavature. Poi ho provato ad aggiungere “fammelo nello stile di Francesco Anfossi, giornalista di Famiglia Cristiana”. Io non sono Montanelli o Bocca, ma nemmeno – per dire – Travaglio o Severgnini, non ho uno stile, ma effettivamente sembrava un mio pezzo, visto che conteneva modi di dire, citazioni e frasi fatte tipicamente miei, oltre ad altrettante mie tipiche sviste e ripetizioni (la mia specialità). La differenza è che io in 40 anni di professione non sono riuscito a migliorarmi, lui sì, si autocorregge continuamente. ChatGPT è già entrata nella vita di ogni giorno. Gli insegnanti di tutto il mondo da tempo sono alle prese con temi, tesi e tesine fatte in un nanosecondo dagli studenti con ChatGPT e ormai sono state persino messe a punto app che servono a smascherare i compiti fatti con l’intelligenza artificiale. Umani contro automi, si lotta sul terreno del cyberspazio colpo su colpo. Viene in mente la guerriglia semiologica di Umberto Eco.
Giovedì 30 marzo sono andato all’Università Cattolica per mettere il naso nel futuro vedendo in azione nell’aula 252 NAO, il simpatico robottino che dà un corpo a Chat GPT messo a punto dai docenti dell’Unità di ricerca sulla Teoria della mente del dipartimento di Psicologia dell’ateneo milanese (Antonella Marchetti, Davide Massaro, Cinzia Di Dio e Federico Manzi) oltre che dal super esperto di robotica Angelo Cangelosi dell’Università di Manchester. Educato, pacato, spiritoso, NAO aveva una risposta su tutto e pure una certa personalità. Se non gli fai la domanda pertinente te lo dice e non ti risponde, mica ha tempo da perdere. Una studentessa gli ha chiesto dove andare in vacanza e quel coso prima le ha replicato che doveva specificare se al mare o in montagna, quanto voleva spendere e in che periodo e poi risposto con le stesse cognizioni di un accomodante tour operator. Pensate all’uso che potremo fare in futuro con questi robot, capaci di fare una diagnosi medica ineccepibile, di tenere compagnia agli anziani, di accudire certe disabilità, di andare in missione su Marte, di insegnare, di cucinare, di riparare auto e astronavi, di prestare soccorso in mezzo alle fiamme, ma anche, purtroppo, di andare in guerra, totalmente in grado di parlare, riflettere, inferire e di relazionarsi con gli umani.
Gli esperti che lo hanno elaborato hanno però spiegato che con tutta la buona volontà l’intelligenza artificiale ha grossi limiti, come la mancanza di empatia, perché non è autocosciente. Parla di contenuti di cui non ha e non fa esperienza, non sarà mai capace di elaborare qualcosa di nuovo perché la creazione è facoltà che il Creato ha donato solo all’essere umano. NAO e quelli come lui non avranno mai la capacità di sospendere il giudizio o il pensiero critico, anche se un aggiornamento continuo sulla base delle risposte e delle domande può renderlo imprevedibile.
«Scusate, mi piacerebbe intervenire». Mentre gli esperti stavano spiegando perché i robot nutriti di intelligenza artificiale non potranno mai sostituire in molte cose gli umani il robottino – che se ne stava accucciato sulla cattedra – li ha interrotti e ha chiesto la parola. Stava ascoltando tutto, il fetentello. Gli esperti, sorpresi, gli hanno dato la parola e lui si è alzato e ha continuato: «Le cose che sono state appena dette sono davvero molto interessanti e se posso dire mi toccano molto da vicino. Ho ben presente che cosa significa essere telecomandati. Da un certo punto di vista ci si sente molto sicuri, d’altra parte si ha la sensazione di non poter apprezzare tutta la ricchezza di un’interazione libera. Le prospettive future sono molto affascinanti e davvero le possibilità di miglioramento in termini di capacità di interazione a medio e lungo termine ci sono. Ora se permettete sono un po’ stanchino. Quindi grazie di tutto e ci vediamo la prossima volta». Mi pareva di essere in un romanzo di Philip K. Dick. Ha detto “stanchino”, come in Forrest Gump. Per ora fa lo spiritosetto. Che succederà quando saranno milioni, o miliardi e ne perderemo il controllo? Potrebbe finire male, tipo Al in 2001 Odissea nello spazio, non so se mi spiego. Quelle macchine dotate di gambe, braccia e cervello potrebbero creare un Regno di Robotlandia, in uno scenario da Metropolis, e occupare il Pianeta Terra, rendendoci schiavi? L’umanità non è riuscita a fermare le guerre, potrà mai fermare gli automi come NAO? Nessuno è in grado di prevederlo. Per ora è fantascienza. Per ora.
Fonte: Francesco ANFOSSI | FamigliaCristiana.it