Perché un uomo di 30 anni uccide la convivente incinta di sette mesi e cerca di bruciarne il corpo? Perché un sedicenne accoltella la professoressa di storia in classe? La tristezza e la medicina del Vangelo
Entrambi gli artefici di questi delitti non hanno dato vere spiegazioni del gesto compiuto. La cronaca riporta con frequenza casi del genere. Una intervista al Corriere della Sera di un medico neuropsichiatra infantile, Massimo Ammaniti, ricorda come un ragazzo su quattro soffra d’ansia o depressione e quindi “stia male”.
È sempre stato così oppure viviamo in un’epoca “maledetta”, nel senso di egemonizzata dal male? E soprattutto che cosa si può e si deve fare per combattere e vincere questo male diffuso nella società?
Quello che sconcerta è l’assenza di spiegazione, nemmeno un tentativo di giustificarsi, da parte degli assassini. Entrambi sono rimasti in silenzio dopo avere descritto con meticolosità il gesto compiuto, quasi non li riguardasse. Certo, nel primo caso c’era un tradimento all’origine, cioè un’altra donna, mentre per lo studente c’erano stati dei brutti voti. Ma tutto questo può spiegare un omicidio e un’aggressione con coltello e pistola (anche se finta)?
Quello che a me ha sconcertato di più è l’assenza di una proposta di modelli alternativi in tutti i commenti che ho potuto leggere. I media stanno dedicando paginate o riflessioni televisive, ma non ho sentito nessuna indicazione per superare queste situazioni drammatiche, che si ripetono troppo di frequente. Certo, sono stati annunciati interventi legislativi che possono essere utili, oppure l’invito a parlare con i giovani da parte del neuropsichiatra e psicanalista Ammaniti, che ha anche ricordato come nel mondo di oggi abbia maggiore influenza il gruppo di amici rispetto alle famiglie. Però un modello non viene mai indicato.
Allora, mi chiedo, che cosa può spingere a uccidere una persona che hai amato insieme con il vostro bambino? O a ferire la tua prof per un brutto voto, probabilmente meritato?
Certo, mi direte, questa non è la norma. E per fortuna. Ma il malessere rimane, tutti percepiamo l’aumento della violenza e la perdita della speranza nelle relazioni che abbiamo. E’ come se sul mondo occidentale fosse scesa una coltre di nebbia, che produce tristezza e depressione e produce reazioni suicidarie o aggressive e distruttive contro tutto e tutti. E’ l’italiano “triste e disperato”, un “coriandolo rancoroso”, come lo ha descritto il Censis, che non sogna più, non spera in niente e trasmette soltanto la propria insoddisfazione. L’inverno demografico è un segnale in questa direzione.
E allora mi vengono in mente valori opposti a questi comportamenti. Mi viene in mente la fedeltà nella coppia, la purezza nelle relazioni fra un uomo e una donna, la protezione della vita concepita e innocente, il riconoscimento grato verso chi ti trasmette un sapere e potrebbe aiutarti a crescere, poi ancora il rifiuto della violenza sempre e comunque.
Questi valori si trovano nel Vangelo e un po’ anche nella coscienza umana, che peraltro sembra essere sempre più oscurata. Si parla tanto di femminicidi e di come prevenirli, ma non si scrive mai che Cristo ha portato nel mondo il valore della dignità della donna, di qualunque ceto sociale, la bellezza della purezza e dell’indissolubilità del matrimonio, né si ricorda l’insegnamento di san Paolo su come la tristezza nasca da un cuore ammalato, che Cristo stesso è però in grado di guarire.
Posso immaginare i sorrisi sarcastici di un salotto dove venissero evocati questi valori, l’arroganza e il disprezzo di chi crede che purezza, verginità, indissolubilità e fedeltà siano valori di altri tempi, che nulla c’entrano con la modernità, ma non so vedere altri richiami che possano portare a una via d’uscita dalla situazione drammatica e triste in cui versa l’Occidente. Spesso anche i cattolici hanno paura a evocare questi valori per rispetto umano, per timore di essere emarginati o ridicolizzati. Certo, sono valori difficili da incarnare, soprattutto in una società che li disprezza, che insegna il contrario e che mostra quotidianamente la propria volgarità. Certo, non è sufficiente evocare i valori perché vengano accolti e praticati. Si tratta del primo passaggio, ed è quello che ciascuno di noi può tentare di fare, indicando la mèta e cercando di essere coerente, perché solo una vita vissuta in sostanza può veramente essere convincente. Si tratta di annunciare la Verità che salva come unica alternativa alla barbarie, convinti che senza l’aiuto del Signore ciascuno di noi potrebbe diventare il “mostro” che oggi tutti condannano, peraltro senza chiedersi da dove venga tanto male e senza spendere una preghiera per la sua salvezza.
D’altra parte esiste un altro modello umano? Esiste la possibilità di resistere al clima ripugnante e trasgressivo oggi dominante, che viene promosso dagli stessi che oggi si scandalizzano, senza un richiamo all’uomo-Dio che questi valori ha incarnato con il suo insegnamento e con la sua vita?
Credo che questa possa essere la strada per rendere concreta la speranza cristiana che Benedetto XVI spiega nella sua enciclica Spe salvi. Una speranza concreta in un futuro che cambia il presente, perché fondato sulla certezza che speriamo in un Dio buono, che rema nella nostra stessa direzione verso la felicità eterna, ma anche verso un mondo migliore.
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