L’incontro fra il cardinale e il sottosegretario delle Nazioni Unite, Moratinos. Nella cittadella alle porte di Arezzo dove la fraternità è di casa, 3mila giovani hanno marciato contro la guerra
Dicono di voler essere «costruttori di pace». Anzi, lo scrivono su uno striscione che sfila per dieci chilometri lungo le strade della Toscana. Ripetono – o meglio, anche in questo caso lo scrivono – che l’«unico nemico è la guerra». E che occorre combattere «insieme contro l’indifferenza». Hanno un passo svelto i tremila giovani che marciano per dire “no” alla guerra. Da Arezzo al borgo medievale di Rondine che già nel nome racconta la Cittadella della pace. Qualcuno potrebbe azzardare: utopici questi ragazzi. Ma sono loro ad aprire ieri mattina “YouTopic Fest”, il festival internazionale sul conflitto che quest’anno mette al centro il dolore e la fragilità.
«Nessuna guerra ha prodotto un beneficio maggiore della sofferenza che ha causato. L’impotenza del singolo crea una sensazione di angoscia, ma vogliamo dire a tutti, a cominciare dai potenti, che va messo da parte l’orgoglio che non vale nemmeno una vita», sprona Shasika Weerasinghe. La pelle scura e il nome farebbero pensare a una 17enne d’origine straniera. Invece è nata ad Arezzo, da genitori arrivati dallo Sri Lanka, e guida la Consulta provinciale degli studenti. Studente lei e studenti i ragazzi protagonisti della camminata della pace.
I 3mila giovani in cammino per la pace ad Arezzo con Rondine-Cittadella della pace – Gambassi
È davanti a una parte di loro che si stringono la mano nel pomeriggio il cardinale Matteo Zuppi e il sottosegretario generale dell’Onu, Miguel Ángel Moratinos, ospiti della prima delle quattro «giornate disarmanti», come le chiama il fondatore di Rondine, Franco Vaccari. Sullo sfondo la visita del presidente della Cei a Kiev, lunedì e martedì scorsi, come inviato del Papa. «Le Nazioni Unite sostengono la missione del cardinale Zuppi – spiega Moratinos –. Se è un dovere morale e politico aiutare il popolo ucraino e condannare l’aggressione russa, occorre anche guardare al futuro e quindi fare tutto il possibile per fermare al più presto la guerra. Perciò abbiamo bisogno di persone che possano favorire il dialogo». Al porporato Miguel Ángel Moratinos porta i saluti del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. È un incontro informale fra i due: prima davanti a un caffè, poi di fronte ai giovani che riempiono il teatro-tenda. «Siamo ben consapevoli di quanto il Papa e la Santa Sede si siano spesi per la pace fin dal primo giorno della guerra in Ucraina – dice il sottosegretario Onu –. Nell’ultimo anno ho già incontrato Francesco tre volte. Dovevo vederlo anche sabato prossimo ma è ricoverato in ospedale. La scelta di nominare il cardinale Zuppi è una buona notizia. E considero la sua missione molto importante».
Sorride il presidente della Cei. Quasi a voler ribadire che serve essere uomini di speranza. Nella valigia con cui è ripartito da Kiev ha portato con sé «tanta sofferenza, a cominciare da quella dei bambini, e la necessità di una pace giusta», afferma. Non parla della tappa a Mosca che, se ci sarà, andrà preparata così come è stata tessuta la rete che lo ha portato nella capitale ucraina a incontrare anche il presidente Zelensky. «Non c’è nessuno che non possa fare qualcosa per la pace – sottolinea Zuppi –. Se è vero, come sappiamo, che chi uccide un uomo uccide il mondo, siamo anche persuasi che chi salva un uomo salva il mondo. E “salvare” non vuol dire soltanto strappare dalla morte ma anche soccorrere chi è oppresso o cercare un futuro nuovo».
Il cardinale Matteo Zuppi con Franco Vaccari, fondatore di Rondine-Cittadella della pace – Gambassi
Un futuro che, aggiunge il cardinale, non può prescindere dall’«imparare a stare insieme. Il Papa ha racchiuso questa sfida nell’espressione “fratelli tutti”. Con intelligenza Francesco ci ricorda che il “si salvi chi può” può diventare un “tutti contro tutti” o un “me ne frego”. Invece è urgente ripartire dal “mi interessa”, dal “non posso fare a meno di te”». È ciò che testimonia Rondine: con il suo studentato internazionale che fa vivere uno accanto all’altro trenta giovani dai Paesi in conflitto che per la geopolitica sarebbero nemici e che qui sconfiggono la logica dello scontro. «La guerra accentua o strumentalizza le divisioni. Non fa più riconoscere il mio fratello, chiunque esso sia – chiarisce Zuppi -. Invece, quando una persona trova o ritrova un suo fratello, trova anche se stesso».
A fare gli onori di casa è il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Andrea Migliavacca. Indossa una t-shirt bianca dove si legge “Peace Made in Italy”, la stessa dei ragazzi in marcia. Sopra ha la croce pettorale che lo ha accompagna lungo la camminata in mezzo alle “sentinelle di un mondo migliore”. «Di fronte alla guerra – riflette – la Chiesa è chiamata a essere vicina al popolo aggredito, a convertire i cuori con la preghiera, a essere non di parte ma dalla parte della pace, a parlare in modo chiaro contro le armi». È la «cultura del dialogo la risposta alla cultura delle armi», dichiara Vaccari. Anche quando «tutto sembra dirci che è impossibile». Come accade in Ucraina. «Ma noi non ci arrendiamo», grida il fondatore di Rondine dal palco. E l’applauso dei giovani mostra che un’alternativa non è utopia.