«Si è sempre fatto così»: ecco la morte della Chiesa, della parrocchia, dell’oratorio. Ogni volta che si rifugia in questa logica la Chiesa si ammala, perché rimane bloccata su sé stessa, si appesantisce e, alla fine, invecchia, non riuscendo più a risultare attraente per i giovani. Lo dice anche il Papa: «La Chiesa deve andare avanti, deve crescere continuamente, così rimarrà giovane». E questo per lei, ovviamente, significa percorrere un cammino esigente, fatto di conversione e rinnovamento; un cammino in cui – per dirla con le parole di Francesco – la Chiesa evangelizza sé stessa per riuscire a evangelizzare gli altri.
Domani in molte zone di Italia gli oratori inaugurano le attività estive a servizio dei più piccoli. Attività preziosissime per le famiglie, tanto attese dai bambini quanto accuratamente preparate dagli animatori. Attività che, però, come tutto nella Chiesa, devono anch’esse sempre rinnovarsi. La logica del “si é sempre fatto così” non vale neanche in questo caso.
Da una parte si tratterà di continuare a offrire ai bambini e alle loro famiglie lo stesso importantissimo servizio con passione e competenza, ma dall’altro sarà fondamentale andare incontro ai nuovi bisogni dei ragazzi, in particolar modo degli adolescenti. Oggi ancora tanti ragazzi delle superiori scelgono di dedicare tempo ed energie ai bambini dell’oratorio estivo impegnandosi come animatori, ma sono sempre di più quelli che scelgono di non farlo. Anzi, se d’estate in certe zone d’Italia la maggior parte dei bambini frequenta le attività dell’oratorio, la maggior parte degli adolescenti invece preferisce fare altro. Sia chiaro: ci si può salvare anche senza l’oratorio. Tuttavia è innegabile che vivere una forte esperienza di fraternità e servizio durante l’adolescenza possa rappresentare una svolta capace di orientare la vita intera.
Dopo il Covid molti adolescenti si sono ritirati dagli oratori. Da una parte il lockdown ha fiaccato la loro capacità di relazionarsi, dall’altra la Dad li ha abituati a stare comodi a casa e li ha disabituati alla fatica. Fare l’animatore all’oratorio è sicuramente bellissimo, ma anche molto impegnativo. Per alcuni fin troppo. Forse risulterò impopolare, ma la mia impressione è che non tutti gli adolescenti di oggi siano disposti – o pronti – a questo tipo di impegno. Non ne faccio una colpa ai ragazzi (non è questo il punto), ma mi sforzo di comprendere le loro ragioni e mi interrogo sui loro bisogni. In quanto prete ed educatore, il mio compito è capire cosa fare con loro e per loro. Sì, anche se loro non vogliono fare gli animatori del “mio” oratorio estivo.
Sarebbe troppo semplice liquidare la questione dicendo che non possiamo farci niente e che dobbiamo comunque essere grati per quegli adolescenti che hanno scelto di occuparsi dei più piccoli. Se la maggior parte degli adolescenti stanno fuori dagli oratori dobbiamo trovare dei modi per raggiungerli lì dove sono, oppure dobbiamo inventarci una proposta estiva in grado di coinvolgerli. Dobbiamo, perché per loro la posta in gioco non è soltanto quella di occupare il tempo libero dalla scuola ma è sperimentare l’Amore che salva.
Ragazzi tristi che tendono a isolarsi; ragazzi soli che cercano di compensare in maniera disordinata le loro mancanze affettive; ragazzi arrabbiati che gridano il loro disagio a un mondo adulto troppo sordo per ascoltarli. Ragazzi che spesso non possono nemmeno contare su adulti affidabili o amici veri per cercare aiuto. Ragazzi per i quali, ovviamente, risulta troppo gravoso occuparsi di altri se nessuno si occupa prima di loro.
Che fare dunque? La fantasia pastorale delle nostre comunità non ha limiti, quindi sicuramente troveremo tante idee nuove per questo nuovo tipo di esigenze giovanili. In generale, però, credo che sia importante offrire ai ragazzi la possibilità di frequentare l’oratorio estivo pur senza svolgere per forza il servizio di animatori. Non per forza tutti gli oratori, ma almeno uno per città potrebbe offrire agli adolescenti della zona una proposta loro dedicata senza chiedere immediatamente una prestazione in contraccambio. Un luogo che diventi per loro una casa, adulti credibili che diventino come padri e madri, amici che si compromettano con loro come fratelli e sorelle. Una possibilità irripetibile di sperimentare relazioni nuove e, ultimamente, quella con Dio. Certo, non è l’oratorio estivo come si è sempre fatto secondo la nostra tradizione. Ma in fondo è semplicemente il tentativo di proporre la stessa vita cristiana di sempre ai ragazzi di oggi. E questo è quello che conta.
Fonte: Don Alberto RAVAGNANI | Avvenire.it