Bergoglio invita il Consiglio dell’Onu a lavorare per trovare la via per chiudere il conflitto
La pace è possibile, «se veramente voluta». Dal Policlinico Gemelli, dove è ancora ricoverato, le parole del Papa rimbalzano fino al Palazzo di Vetro dell’Onu. Tramite l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, che legge il discorso di Francesco davanti al Consiglio di sicurezza. Espressioni che ancora una volta indicano la prospettiva tanto cara al Pontefice. «È venuto il tempo di dire seriamente ‘no’ alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta». Una consapevolezza, questa, che dovrebbe avere nelle Nazioni Unite il suo fulcro promotore.
Per questo, senza girarci troppo intorno, Francesco ricorda che la vera concezione della pace «dovrebbe trovare nel Consiglio di sicurezza i suoi caratteri fondamentali». Invece esso appare «paralizzato e impotente». In altri termini, «la pace dev’essere razionale, non passionale, magnanima, non egoista; la pace dev’essere non inerte e passiva, ma dinamica, attiva e progressiva a seconda che giuste esigenze dei dichiarati ed equanimi diritti dell’uomo ne reclamano nuove e migliori espressioni; la pace non dev’essere debole, inetta e servile, ma forte sia per le ragioni morali che la giustificano, e sia per il compatto consenso delle Nazioni che la devono sostenere».
Secondo il Papa «siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia: possiamo fare in modo che la guerra appartenga al passato e non al futuro. Le discussioni in seno al Consiglio di Sicurezza a questo sono ordinate e a questo servano».
Dunque è con uno sguardo di speranza che il Pontefice si rivolge a uno dei consessi più importanti del mondo. E pur in presenza di quella che definisce «una carestia di fraternità», il cui «effetto peggiore sono i conflitti armati e le guerre», egli non rinuncia a una parola di incoraggiamento.
«Ci vuole più coraggio a rinunciare a facili profitti per custodire la pace che a vendere armi sempre più sofisticate e potenti – fa notare -. Ci vuole più coraggio a cercare la pace che a fare la guerra. Ci vuole più coraggio a favorire l’incontro che lo scontro, a sedersi ai tavoli dei negoziati che a continuare le ostilità». Si vada dunque proprio in tal senso.
Certo, a papa Bergoglio non difetta il realismo, quando nota ad esempio che la Storia sembra scivolare nuovamente verso i nazionalismi.
«Dal punto di vista economico, la guerra invoglia spesso più della pace, in quanto favorisce i guadagni, ma sempre di pochi e a scapito del benessere di intere popolazioni». Ma, ammonisce il Vescovo di Roma, «i soldi guadagnati con la vendita delle armi sono soldi sporchi di sangue innocente».
Di qui una sorta di mandato che il Pontefice conferisce non solo al Consiglio di sicurezza, ma a tutta l’Onu. «Rendere un servizio efficace all’umanità, assumendo la responsabilità di custodire non solo il proprio avvenire, ma quello di tutti, con l’audacia di rinnovare ora, senza paura, ciò che occorre per promuovere la fraternità e la pace dell’intero pianeta». Si può fare, conclude papa Francesco, a patto che non ci siano «secondi fini» e che i problemi comuni vengano affrontati «prendendo le distanze da ideologie e particolarismi, da visioni e interessi di parte, e coltivando un unico intento: adoperarvi per il bene dell’umanità intera».
Fonte: Mimmo MUOLO | Avvenire.it