L’autore di “Non è un paese per vecchi” e “La strada” aveva 89 anni. Nato in una famiglia cattolica, nei suoi romanzi campeggiano interrogativi potenti: Dio o il nulla? Libertà o fato? Vita o morte?

Cormac McCarthy, i cui racconti della frontiera americana e di mondi post-apocalittici hanno portato a premi, adattamenti cinematografici e notti insonni per i suoi lettori affascinati e atterriti, è morto oggi all’età di 89 anni.

McCarthy – probabilmente il più grande scrittore americano dopo Ernest Hemingway o William Faulkner, entrambi i quali sono stati talvolta paragonati a lui – è morto per cause naturali nella sua casa di Santa Fe, nel Nuovo Messico, secondo un comunicato dell’editore Penguin Random House che cita il figlio, John McCarthy.

Poco conosciuto per i primi 60 anni circa della sua vita, fino alle recensioni entusiastiche di Cavalli selvaggi del 1992 – il primo della “Trilogia della frontiera” – che l’hanno consacrato come uno dei grandi autori del romanzo contemporaneo. Il libro è stato trasformato in un film, così come Non è un paese per vecchi del 2005 e La strada del 2006, vincitore del Premio Pulitzer. Recentemente McCarthy ha pubblicato in contemporanea due libri, Il passeggero e Stella Maris: il primo è già disponibile in italiano, il secondo arriverà in autunno (Einaudi, come per gli altri suoi volumi). Ha scritto anche lavori teatrali, il più celebre dei quali è Sunset limited, dialogo tra un un ex-carcerato cristiano evangelico e un professore ateo su Dio e sul suicidio.

Uomo estremamente riservato, non ha quasi mai rilasciato interviste. Nel 2007 ha concesso una rara eccezione a Oprah Winfrey, dicendole: “Non credo che (le interviste) facciano bene alla testa. Se passi molto tempo a pensare a come scrivere un libro, probabilmente non dovresti pensarci, ma farlo”.

McCarthy scriveva con uno stile caratteristico e scarno che rifuggiva dalle norme grammaticali ma che attirava inesorabilmente il lettore nel suo mondo fatto di sangue, polvere e un universo spietato. La scelta di ambientare le sue storie nelle zone di frontiera rimandava esplicitamente all’esame del difficile confine tra lecito e illecito, tra morale e immorale. D’altra parte sullo sfondo dei suoi romanzi, abitati da personaggi di ogni tipo e pieni di violenza, di miseria e di orrore, campeggiano inequivocabili interrogativi potenti: Dio o il nulla? Vita o morte? Libertà o fatalità?

Nato Charles Joseph McCarthy Jr il 20 luglio 1933 a Providence, Rhode Island, McCarthy era uno dei sei figli della sua famiglia irlandese cattolica, e in seguito passò a usare il vecchio nome irlandese di Cormac. Si trasferì in Tennessee, dove suo padre esercitava come avvocato. Negli anni Cinquanta prestò servizio nell’Aeronautica e si sposò due volte prima della fine degli anni Sessanta: prima con Lee Holleman, conosciuta al college e dalla quale ebbe un figlio, e poi con la cantante inglese Anne DeLisle, dalla quale si separò nel 1976. Dopo un breve periodo in Europa, tornò in Tennessee per stabilirsi vicino a Knoxville e successivamente si trasferì a El Paso, Texas e poi a Santa Fe.

Il suo primo libro, Il guardiano del frutteto, ambientato nelle campagne del Tennessee e pubblicato nel 1965 (in Italia nel 2002), fu scelto dall’ultimo editore di Faulkner, che riconobbe il potenziale del giovane scrittore. Ma nonostante le recensioni positive – e qualche reazione scioccata – per questo e altri primi lavori il successo commerciale sfuggì a McCarthy, che si arrangiò con borse di studio per scrittori.

Nel 1985 fu pubblicato Meridiano di sangue, che all’epoca raccolse poca attenzione, anche se oggi è considerato il suo primo vero grande romanzo e per alcuni il migliore. Con molta violenza e nessun eroe, racconta la storia di una banda di cacciatori di scalpi nel West della metà del XIX secolo. Cavalli selvaggi, un libro di formazione che ha dato il via a una trilogia (composta da Oltre il confine e Città della pianura) incentrata sui proprietari di ranch del Texas alla fine della frontiera, lo ha finalmente portato al successo negli anni Novanta.

La trilogia è stata seguita da Non è un paese per vecchi, un romanzo poliziesco western profondamente inquietante e allo stesso tempo avvincente su un affare di droga andato male, rapidamente adattato in un film di Joel e Ethan Coen che ha vinto l’Oscar come miglior film nel 2007. In questo periodo è stato pubblicato anche La strada, forse ancora più cupo del precedente. Ambientato in un mondo in cui un disastro senza nome ha messo fine alla società e alla produzione di cibo, un padre e suo figlio attraversano un paesaggio devastato occupato da persone disperate. Vengono mostrati tutti gli abissi della depravazione umana, ma anche l’amore che la piccola famiglia è in grado di sostenere attraverso tutto questo. La strada ha vinto numerosi premi ed è stato anche tradotto in un film nel 2009.

Poi è arrivato un lungo periodo, fino all’uscita di due nuovi romanzi nel 2022 – i libri interconnessi Il passeggero e Stella Maris – che sono inconfondibilmente McCarthy, ormai prossimo ai 90 anni, anche se un po’ più morbidi.

Tutta la sua produzione narrativa di continui rimandi al divino, anche e proprio la dove si tocca il dolore e il male (celebre è la pagina del cupissimo La strada, con la promessa del padre al figlio: “mercy will come”, la misericordia verrà). In Non è un paese per vecchi McCarthy fa dire a un personaggio: «Si potrebbe pensare che se una persona aspetta per ottant’anni che Dio entri nella sua vita, be’, alla fine Dio ci entra. E se non succede bisogna comunque pensare che Dio sa quello che fa. Altrimenti non vedo che definizione si possa dare di Dio».

Fonte: Avvenire.it