Uno dei gruppi di bambini ucraini “rieducati” dai corpi speciali a Grozny, in Cecenia
«Una notte, una delle ragazze del dormitorio è caduta dalla finestra del quinto piano. Così ci hanno detto. Da quel momento i soldati russi hanno bloccato tutte le finestre e non potevamo più aprirle per fare entrare aria fresca. Ci obbligavano a stare con le porte aperte, così potevano entrare in qualsiasi momento, anche quando provavamo a dormire». Liza e Nastya sono riuscite a fuggire dopo otto mesi di deportazione. Non hanno mai scoperto come sia caduta l’altra ragazza né che fine abbia fatto. Erano state trasferite sotto il controllo delle autorità di Mosca con l’inganno. Anche per questo è più difficile ottenere la restituzione dei minori ucraini trattenuti dalle forze russe. Perché ogni loro storia è un atto d’accusa.
Mosca riconosce di aver trasferito bambini e adolescenti dall’Ucraina, sostenendo però di averlo fatto per salvarli dagli orrori della guerra. Anche negli ultimi giorni almeno 300 minori sarebbero stati condotti in Russia dal Donbass, sempre affermando di voler metterli al riparo dai pericoli del conflitto. Ma un nuovo rapporto dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa di cui la Russia è ancora Paese membro, smaschera la sistematica deportazione dei “figli della guerra”.
Come Liza, originaria di Kherson, che ha trascorso otto mesi di deportazione a Genichesk, in territorio della Crimea occupata, nel dormitorio del “collegio n. 27”. Qui ha conosciuto Nastya Shevelyova, una quindicenne anche lei di Kherson. Studiavano in scuole diverse e durante l’occupazione russa della loro città alle famiglie era stato offerto di far vivere le ragazze in un convitto scolastico al riparo dal tiro incrociato dell’artiglieria. Quando dopo alcuni giorni la mamma di Liza ha provato a raggiungere la figlia nel collegio, ha scoperto che i ragazzi non c’erano più. Dopo settimane di ricerche disperate aveva appreso che la figlia si trovava in Crimea per una «vacanza», ma non era impossibile raggiungerla. Dopo i primi mesi Liza, quando è aumentata la pressione internazionale per rintracciare i bambini spariti, Liza è stata trasferita nella regione occupata di Zaporizhzhia. «L’hanno minacciata che se non fosse andata, l’avrebbero rinchiusa nel seminterrato», ha raccontato la madre che è riuscita a riabbracciare la figlia grazia al lavoro di “Save Ukraine”, l’organizzazione di Stato che tenta di riportare a casa i bambini rubati. Liza, come è successo con altri adolescenti ucraini, era riuscita a dare notizie di sé facendosi prestare lo smartphone da alcuni compagni di classe. Gli “educatori” devono aver pensato che fosse sufficiente lasciare ai ragazzi la possibilità di usare operatori di telefonia russi e tenere sotto controllo i telefoni, ma in qualche modo Liza è riuscita ad aggirare il blocco e servendosi di social network russi è riuscita a far sapere in Ucraina dove si trovasse. L’operazione per recuperarla non è stata facile e ha coinvolto diversi Paesi. Mosca ha acconsentito al suo rilascio sostenendo di averla voluta proteggere, ma Liza racconta di come le era stata offerta la cittadinanza della Federazione e la possibilità di venire assegnata a una nuova famiglia in Russia.
L’ultimo rapporto dell’Osce ha stabilito che esistono due categorie principali di bambini trasferiti illegalmente in Russia. «La prima comprende gli orfani, cioè i bambini che non hanno più genitori, o perché i genitori sono morti, o perché sono sconosciuti, o perché hanno legalmente abbandonato il bambino», si legge nel dossier. I bambini possono diventare orfani per ragioni estranee al conflitto o a causa della perdita dei genitori proprio a causa della guerra. La seconda categoria è costituita da bambini non accompagnati, «cioè bambini che hanno uno o più genitori ma sono stati separati da loro per vari motivi che possono essere, ma non necessariamente, legati al conflitto in corso». In questo gruppo sono ricompresi «bambini affidati», per un massimo di 3 o 6 mesi, al cosiddetto «patronato», in situazioni in cui le loro famiglie lottano con circostanze di vita difficili non necessariamente legate al conflitto, oppure bambini lasciati dai loro genitori ad altre famiglie. Mosca nega di aver trattenuto minori che non siano orfani e ad ogni richiesta risponde spiegando che nei propri registri vi siano solo minori senza genitori né adulti di riferimento.
In una intervista a un non meglio precisato funzionario di polizia, l’agenzia di stampa russa ha spiegato che dal febbraio 2022 al febbraio 2023 oltre 5,3 milioni di persone, tra cui 738.000 bambini, sono arrivate nel territorio della Federazione Russa prevenendo dalle regioni ucraine che la Russia considera come parte della Federazione.
La deportazione dei minori viene coperta da una menzogna. Mosca sostiene di prendersi cura degli orfani ucraini, abbandonati dal Paese d’origine e messi a rischio dai combattimenti. Ma i dati raccolti in questi mesi raccontano una storia diversa. Quello che la Russia non dice è che l’Ufficio del commissario per l’infanzia, diretto d Marija Llova-Belova, destinataria con Vladimir Putin di un mandato di cattura della Corte penale internazionale, è che i bambini ucraini diventano orfani nel momento in cui finiscono sotto il controllo delle autorità di Mosca.
«Qualunque sia la forma di collocamento, i bambini ucraini si trovano in un ambiente interamente russo, inclusi lingua, costumi e religione e sono esposti a una campagna di informazione filo-russa che spesso equivale a una rieducazione mirata, oltre a essere coinvolti nell’educazione militare», si legge nel documento inviato dall’Osce a Mosca a cui viene chiesto di rispondere entro il 10 luglio. «La Federazione Russa – viene denunciato – non intraprende alcuna azione per promuovere attivamente il ritorno dei bambini ucraini. Piuttosto, crea vari ostacoli per le famiglie che cercano di riavere i propri figli». Il Commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, ritiene che la cifra fornita dalla Federazione Russa sia molto enfatizzata, con l’intento di suggerire l’idea del trasferimento volontario di massa della popolazione verso la «madre Russia».
Il Commissario presidenziale per l’infanzia Daria Gerasymchuk, stima che «potremmo parlare di diverse centinaia di migliaia di bambini rapiti, vale a dire 200-300mila». Le denunce raccolte da Kiev sono quasi 20mila, ma meno di 400 bambini hanno potuto riabbracciare le proprie famiglie.
Alcuni genitori riescono a raggiungere il territorio russo implorando che i figli gli vengano restituiti. «Possono tornare a casa – spiega una fonte dell’intelligence ucraina incaricata di assistere le famiglie – solo dopo aver ringraziato formalmente la Federazione Russa per avere salvato i propri figli, e questo in presenza di propagandisti russi che e registrano tutto». Un modo per mettersi al riparo dalle accuse dei tribunali internazionali. In genere, spiegano da “Save Ukraine” le famiglie «devono affrontare fino a 12 ore di intensi interrogatori da parte dei servizi di intelligence russi dell’Fsb, che vogliono scoprire chi di noi aiuta questi genitori a rintracciare i bambini. E molti ritornano in Ucraina a mani vuote».
Fonte: Nello SCAVO | Avvenire.it