Accanto a vita e famiglia, anche la libertà viene sempre più insidiata dalle “colonizzazioni ideologiche” in corso.
Gloria a Hong Kong è l’inno del movimento democratico che si è opposto negli ultimi anni all’incorporazione di Hong Kong nella Cina comunista. Dal 2019 è stato cantato in tutte le manifestazioni, ma ora non è più possibile, dopo il divieto del governo che ha preso il potere nella città. L’inno ha scalato immediatamente tutte le classifiche degli ascolti, ma questo non basterà a restituirgli la libertà di essere cantato in pubblico, dopo il divieto delle autorità cittadine, nel 2020, in seguito alla legge sulla sicurezza nazionale.
La notizia non ha avuto molta eco sui nostri giornali. Pochi si sono accorti e hanno protestato di fronte al fatto che la città è ormai completamente assoggettata agli interessi del partito comunista cinese: Hong Kong non c’è più, almeno come la avevamo conosciuta.
Per molti analisti e commentatori non tutte le libertà sono uguali, né meritano di essere difese. In effetti, oggi la libertà è un valore sotto attacco, a rischio. Non la libertà liberale, per cui si sono fatte tante rivoluzioni a partire dall’Ottocento, mettendo la libertà in contrapposizione con l’autorità e slegandola completamente dal legame con la verità: oggi sono attaccate le libertà concrete, che rispettano la natura e la verità delle cose.
Sono diverse le libertà in pericolo. La libertà del popolo di Hong Kong di rimanere una città indipendente e di non entrare a fare parte del totalitarismo cinese, la libertà di Taiwan di costruire una propria identità culturale e, quindi, abbandonare qualunque progetto di riunificazione con la Cina. La libertà dell’Ucraina di guardare a Occidente, entrando nell’Unione Europea senza essere invasa da un esercito straniero. La libertà, per venire ai problemi nostri, di una giunta regionale di non dare il patrocinio a un Gay Pride senza incorrere nelle proteste indignate di mezzo mondo, come se dare un patrocinio fosse un obbligo e non una scelta. Oppure la libertà, oggi minacciata, di un medico o infermiere di esercitare l’obiezione di coscienza di fronte all’applicazione della legge 194 sull’aborto, o di un sindaco di fronte alla richiesta di celebrare le unioni civili a persone dello stesso sesso.
Potrei continuare. La libertà non è qualcosa di astratto, ma è un principio collegato con qualche cosa, libertà per, libertà da qualche cosa. La libertà non si esercita al di fuori, ma dentro la realtà, ed è strettamente collegata con la verità delle cose.
San Giovanni Paolo II ha dedicato parole importanti al legame fra libertà e verità: «sradicare la libertà dalla verità oggettiva rende impossibile fondare i diritti della persona su una solida base razionale e pone le premesse perché nella società si affermino l’arbitrio ingovernabile dei singoli o il totalitarismo mortificante del pubblico potere» (Enciclica Evangelium vitae).
Invece il pensiero unico oggi dominante ci ha abituato a mettere da parte la ricerca della verità, a disprezzare la realtà in nome di una ideologia apparentemente non ideologica, addirittura anti-ideologica, un’ideologia certamente relativista, che non può essere contraddetta senza incorrere in una sorta di sanzione sociale.
La libertà della persona e dei corpi sociali dall’intervento dello Stato, la libertà dei popoli dall’invadenza degli Stati e delle organizzazioni internazionali, la libertà di professare la religione pubblicamente senza nessuna costrizione, sono tutte battaglie importanti e che ci riguardano.
Ma la libertà non basta, e senza la verità non arriva alla meta, cioè al bene della persona e al bene comune.
Nei giorni scorsi abbiamo celebrato la morte di un combattente per la libertà come Silvio Berlusconi. Ha promosso la libertà d’informazione, rompendo il monopolio della Tv nelle mani dello Stato, e ha creato Mediaset, ha difeso la libertà del Paese dalla sinistra postcomunista nel 1994 e negli anni successivi, la libertà dei cittadini dallo strapotere delle toghe. Ma non poteva andare oltre, perché non era nelle sue corde, lui che si definiva anarchico quanto ai valori.
Se la sua testimonianza di libertà ha avuto un senso, a chi viene dopo di lui compete andare avanti, compiere un passo ulteriore. Oltre la libertà c’è la verità, quella che veramente salva, per sempre certamente, ma anche nella storia, se e quando Dio vuole.
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