Un’ora e mezza. Tanto è durato il processo ad Alexei Navalny, principale oppositore russo in carcere dal 2021, comparso davanti ai giudici del tribunale di Melekhovo, 250 chilometri da Mosca. Il procedimento si è svolto a porte chiuse “per motivi di sicurezza” e ai giornalisti intervenuti è stato concesso di seguirlo da uno schermo in una camera adiacente all’aula del carcere di massima sicurezza in cui Navalny è detenuto. L’oppositore, accusato a vario titolo di “estremismo”, riferisce il quotidiano Kommersant, rischia fino a 27 anni di carcere oltre ai nove che sta già scontando per frode e violazione della libertà condizionale. Eppure ha approfittato dell’occasione per lanciare una nuova clamorosa iniziativa, una campagna elettorale “contro la guerra e contro Putin” per “conquistare i cuori e le menti” dei russi in vista delle presidenziali dell’anno prossimo. “Chiunque, anche le nonne, oramai ha Whatsapp e Telegram”, ha scritto Navalny su Twitter tramite i suoi collaboratori. “Dobbiamo raggiungere quei milioni di cittadini che hanno avuto morti e feriti tra i loro parenti o i loro conoscenti” – secondo lui, il 20% della popolazione – attraverso i social, gli sms e i canali di comunicazione che le autorità ancora non controllano. Accanto a Navalny sul banco degli imputati era presente anche Daniel Kholodny, ex direttore tecnico del canale Navalny Live.
Il più famoso oppositore di Putin?
Attivista e blogger, Alexei Navalny è considerato da anni il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin. Nato a Butyn, nel 1976, da una famiglia di origini ucraine, e avvocato di formazione, ha iniziato la sua carriera politica nel 2000, tra le file del partito di opposizione Yabloko, di cui divenne ben presto uno dei volti più noti. Nel 2007 lasciò il partito per alcune divergenze e l’anno successivo aprì un blog in cui raccontava episodi di corruzione all’interno della Russia. Da allora la sua notorietà è aumentata anche all’estero: assurto a simbolo delle opposizioni nel corso delle manifestazioni di piazza del 2011, nel 2013 si è candidato a sindaco di Mosca, piazzandosi secondo con il 27% dei consensi in elezioni contestate. Cinque anni dopo, nel 2018, la sua candidatura alle presidenziali fu respinta a causa di una condanna per malversazione di fondi pubblici. Ha descritto il referendum costituzionale russo che permetterà a Putin di restare presidente fino al 2036 come “un colpo di stato” e una “violazione della costituzione”. Al centro di diverse vicende giudiziarie, nel 2020 mentre era in viaggio in Europa fu vittima di un avvelenamento con un agente nervino, di cui accusò direttamente il Cremlino. Tornato in patria nel 2021, fu arrestato al suo arrivo. Dal carcere ha seguito l’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, invitando i russi a “uscire e protestare contro la guerra”.
Una minaccia anche dietro le sbarre?
“La cosa principale sono le modalità di questo processo: è un processo all’interno di una prigione”, ha scritto Navalny in un messaggio che i suoi sostenitori hanno pubblicato sul suo sito web. “Putin non ha paura di incarcerare persone innocenti o ha paura che una folla possa farmi evadere. Ha paura di quello che ho da dire, anche se sono cose ovvie che già conoscono tutti”. Da quando è in detenzione, l’oppositore è stato messo in isolamento 16 volte in condizioni che, denuncia, equivalgono a tortura. Se condannato per le nuove accuse, potrebbe essere trasferito in un’altra struttura di massima sicurezza dove i detenuti scontano l’ergastolo e dove i suoi contatti con il mondo esterno sarebbero ulteriormente ridotti. La maggior parte dei suoi sostenitori è fuggita dal paese dopo che il governo di Mosca ha bandito la sua Fondazione anticorruzione nel 2021. Molti hanno trovato riparo in Lituania, da dove continuano a postare messaggi e video in rete e fare campagne per il suo rilascio. In Russia, anche avvicinarsi all’entourage di Navalny comporta seri rischi. La scorsa settimana, un tribunale ha condannato Lilia Chanysheva che guidava l’ufficio di Navalny nella città centrale di Ufa, a sette anni e mezzo di carcere per “aver creato un’organizzazione estremista”.
Un’opposizione divisa?
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022 ha riacceso in Occidente un dibattito di lunga data sul ruolo che l’opposizione russa occupa nel contesto politico e soprattutto sul ruolo che potrà giocare nel futuro della Russia. Gli attivisti dell’opposizione e alcuni osservatori hanno sostenuto che l’espansionismo russo può fermarsi solo attraverso il cambio di regime e la democratizzazione, guidati dall’opposizione. Un’opposizione che però ancora oggi appare profondamente divisa. Dopo l’assassinio nel 2015 di un altro eminente dissidente russo, Boris Nemtsov, che si oppose apertamente all’aggressione della Russia contro l’Ucraina e all’annessione della Crimea, Navalny è emerso come il principale e anzi l’unico leader politico che ancora tenta di opporsi al Cremlino. Un altro oppositore del presidente Vladimir Putin, Mikhail Khodorkovsky, vive in esilio a Londra e non è direttamente coinvolto nella politica russa. Quindi, non è irragionevole immaginare che qualsiasi cambio di regime in Russia, se dovesse avvenire, coinvolgerebbe Navalny in prima persona. Anche perché nel corso degli anni, il Cremlino si è impegnato a rimuovere tutti i rivali del presidente, liberando il panorama politico russo da qualsiasi potenziale sfidante. Ed è questo forse, ancor più delle campagne anti-corruzione, che spaventa le autorità, considerata anche la capacità di Navalny – l’unico in grado di organizzare proteste di piazza anti-Putin su scala nazionale – di mobilitare il pubblico, soprattutto i giovani russi, a scendere in piazza.
Il Commento
Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, ISPI senior research fellow
“Sebbene Navalny sia spesso indicato come l’unico vero politico di opposizione rimasto in Russia, in patria non sembra godere di alti consensi: tra gli intervistati di un sondaggio del Levada Center, il numero di coloro che approvano Navalny è sceso dal 20% nel 2020-2021 al 9% nel gennaio 2023. Anche fuori dalla Russia, sono molte le voci critiche (soprattutto in Ucraina) verso l’oppositore di Putin, accusato di essere un altro simbolo dell’attitudine imperialista russa. Lo dimostrano anche le critiche del consigliere di Zelensky Podolyak e di tantissimi attivisti e accademici ucraini alla vittoria del documentario su Navalny agli Oscar di quest’anno. Ma in questo momento così delicato, il vero rischio per l’attivista anticorruzione non è un calo di consensi, bensì l’essere dimenticato. Putin lo sa bene e sta puntando esattamente su questa strategia”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)
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