La battuta d’arresto per i pretoriani del suicidio assistito in Italia e lo sdegno degli accademici per i Paesi Bassi che lo danno anche agli autistici. Ma il piano si è ormai inclinato fino ai bambini
Eutanasia, i giudici della corte d’assise d’appello di Catania rompono i ranghi e condannano a tre anni e quattro mesi di reclusione Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia, per istigazione al suicidio di Alessandra Giordano.
I familiari della professoressa di Paternò vennero a sapere che si era recata a Zurigo da un’amica che l’aveva casualmente incontrata all’aeroporto e cercarono di fermarla diffidando Dignitas (la stessa clinica di dj Fabo) dal praticarle il suicidio assistito allegando la documentazione che provava la grave depressione di Alessandra. Inutilmente: presi contatti con l’Ambasciata italiana e raggiunta Zurigo, non ci fu «nulla da fare, il suicidio venne praticato un’ora dopo il nostro arrivo», raccontò il fratello Massimiliano al Corriere. «Ma che suicidio assistito, è morta da sola e senza nessuno accanto. Non era malata terminale ma solo depressa. Non ci hanno fatto neppure una telefonata, ci hanno solo restituito le ceneri. Ciò è disumano».
Era il 27 marzo 2019. Solo in seguito alla morte la famiglia viene a sapere che Alessandra, depressa e provata dal dolore al distretto testa-collo provocatole dalla sindrome di Eagle si era unita alla Exit di Emilio Coveri, divisione italiana di una fra le più grandi organizzazioni mondiali per l’eutanasia, o come piace scrivere a Repubblica «l’associazione che si prefigge il compito di combattere il dolore di chi è prossimo alla morte».
«Istigò al suicidio Alessandra». Condannato il presidente di Exit
Coveri era stato assolto il 10 novembre del 2021 «perché il fatto non sussiste» a conclusione del processo col rito abbreviato. Da qui il ricorso della procura dove la corte d’assise d’appello ha disposto per Coveri anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e il risarcimento danni per i familiari della donna. In seguito alle indagini di carabinieri e polizia postale, la procura è giunta alla conclusione che Coveri «ha fornito un contributo causale idoneo a rafforzare un proposito suicidario prima incerto e titubante su una persona affetta da patologie non irreversibili benché dolorose, anche perché non ben curate, sfruttando l’influenzabilità della donna per inculcare le sue discutibili idee di suicidio assistito come soluzione alle sofferenze fisiche e morali della vita».
Non solo, per l’accusa se «la scelta individuale, assunta in piena autonomia deve essere rispettata», è necessario chiederci se «noi riteniamo che sia lecito proporre alle persone che non versano in condizioni di patologia irreversibile, magari soltanto depresse, il suicidio come unico rimedio ai propri mali». Alessandra morì da sola e non fu facile per i familiari chiedere che si facesse verità nei giorni di dibattiti e controversie che precedettero la sentenza della Corte Costituzionale sul caso “Cappato-Dj Fabo”: «Ci ha ferito l’assoluto disprezzo per la vita e i tanti commenti di gente che si permette di giudicare senza conoscere i fatti». I legali di Coveri hanno annunciato il ricorso in Cassazione dichiarando la tesi dell’accusa infondata, ma l’uomo punta a diventare una bandiera dell’eutanasia: «Chiederò di andare in carcere, voglio dare un segnale».
La Kingston “scopre” che «l’Olanda uccide gli autistici»
È giusto proporre a persone che non versano in condizioni di patologia irreversibile il suicidio come unico rimedio ai propri mali? Non è solo la domanda dei magistrati di Catania, ma quella che i ricercatori dell’università di Kingston – e i media che li hanno ripresi – si sono (finalmente) posti dopo aver “scoperto” con orrore che in Olanda basta essere autistici per ricevere l’eutanasia. Lo spiega il servizio dell’Ap sul report pubblicato dai ricercatori sul BJPsych Open a maggio. Il team di Irene Tuffrey-Wijne, specialista in cure palliative presso l’università britannica, ha esaminato i 900 fascicoli pubblicati dai comitati di revisione dell’eutanasia del governo olandese (900 fascicoli, basati unicamente sulle dichiarazioni dei medici, su 60mila persone che hanno ufficialmente ricevuto la morte su richiesta tra il 2012 e il 2021). E hanno scoperto tra i decessi approvati figurano quelli di 39 persone autistiche o che presentavano disabilità intellettiva: 18 di loro avevano meno di 50 anni, “almeno 5 persone sotto i 30 anni hanno avuto l’ok a morire perché soffrivano di autismo”, titola allarmata Repubblica.
Quali erano le cause della loro “insopportabile” sofferenza? Solitudine, isolamento sociale, incapacità di pensare come gli altri. «Non ho dubbi che la loro sofferenza fosse reale», ha detto Tuffrey-Wijne, «Ma la società è davvero d’accordo con l’invio di questo messaggio, che non c’è altro modo per aiutarli ed è meglio che muoiano?». 900 fascicoli su 60mila decessi da eutanasia: impossibile conoscere il numero reale di quanti fossero affetti da autismo o disabilità intellettive. Ma le storie recuperate dai ricercatori inglesi bastano e avanzano.
Cambridge: «Ripugnante ammazzare gli autistici invece di aiutarli»
Tra queste c’è la vicenda di un ragazzo autistico di 20 anni. Il medico che ha firmato il suo fascicolo spiega che il ragazzo «si era sentito infelice fin dall’infanzia», era regolarmente vittima di bullismo, «desiderava contatti sociali ma non era in grado di averne», e ha scelto l’eutanasia perché per lui «dover vivere in questo modo per anni sarebbe stato un abominio». A una donna di 30 anni, affetta da autismo e disturbo borderline di personalità, era stato offerto un posto centro specializzato, ma per i suoi medici il contatto con gli altri sarebbe stato «troppo difficile». In un terzo dei casi, i medici olandesi hanno concluso che l’autismo e le disabilità intellettive non erano curabili e che non vi era «alcuna prospettiva di miglioramento».
Sulle scoperte della Kingston è intervenuta a gran voce anche l’università di Cambridge: «Tutto ciò è ripugnante», ha commentato Simon Baron-Cohen, direttore del Centro di ricerca sull’autismo, «è ripugnante che le persone con autismo vengano sottoposte a eutanasia senza che gli venga offerto ulteriore supporto». Come si fa pensare che questo disturbo spesso associato alla depressione non comprometta le capacità di richiedere l’eutanasia, come può un medico sottovalutare la complessità della situazione? Soprattutto, aggiungiamo noi, come si poteva pensare che gli autistici venissero “risparmiati”? Dall’Olanda arrivano risposte diverse: se lo psichiatra Bram Sizoo si dice profondamente turbato dall’entusiasmo con il quale i giovani autistici chiedono l’eutanasia («Alcuni di loro sono quasi eccitati alla prospettiva della morte»), per la Royal Dutch Medical Association sono i loro medici a decidere cosa sia o meno una “situazione complessa”.
Il Canada realizza il sogno eugenetico
Non usa mezze parole Tim Stainton, direttore del Canadian Institute for Inclusion and Citizenship presso l’Università della British Columbia: «Aiutare le persone con autismo e disabilità intellettive a morire è essenzialmente eugenetica». Nella provincia canadese Dying With Dignity sta portando avanti una furiosa campagna per costringere gli ospedali cattolici a erogare il Maid (assistenza medica al suicidio) o fare la fine dell’Irene Thomas Hospice (Tempi vi aveva raccontato qui la storia del centro per le cure palliative che si rifiutò di dare l’eutanasia, «Perché il governo deve obbligarci a uccidere i nostri pazienti?»), sulla scia dei provvedimenti adottati in Quebec, mattatoio mondiale dell’eutanasia ricevuta da 5 mila persone lo scorso anno (quasi l’8 per cento di tutti i decessi registrati).
Anche qui si è passati dal requisito di una «morte naturale ragionevolmente prevedibile» a erogare il suicidio a chi soffre di “solitudine”, “esclusione sociale”, Alzheimer, a invocarlo per i poveri e i senza tetto. Qui il College of Physicians si è rivolto al parlamento chiedendo l’estensione dell’eutanasia anche ai neonati e tutti i bambini 0 a 1 anno affetti da «gravi malformazioni» e con una «prospettiva di sopravvivenza quasi nulla».
In Olanda salta l’ultima “zona grigia”. Via libera all’eutanasia per i bambini
Un passo già allungato dall’Olanda: mentre le università britanniche denunciano con orrore l’uccisione degli autistici e il mondo si scandalizza, la camera bassa del parlamento olandese ha approvato l’eutanasia per i bambini di età compresa tra 1 e 12 anni che soffrono in modo irrimediabile e insopportabile. Il ministro della Salute Ernst Kuipers si aspetta che il nuovo regolamento entri in vigore il 1 gennaio 2024. L’Olanda ha già ammazzato neonati di «meno di 12 mesi» con l’eutanasia grazie al Protocollo di Groningen, elaborato dal professor Verhaegen, sulla soppressione dei neonati «affetti da malattie gravi». Uno di loro aveva una «aspettativa di vita di 10 anni», durante i quali però la sua qualità della vita non sarebbe mai migliorata.
«Non credevo saremmo arrivati a tanto. Autorizzando l’eutanasia per i bambini di età compresa tra uno e 12 anni il governo olandese fa cadere uno dei due pilastri da sempre utilizzato per promuovere l’iniezione letale: quello dell’autodeterminazione», ha spiegato a Tempi Theo Boer, docente universitario, ex sostenitore della legge per l’eutanasia, membro della Commissione di controllo per nove anni. «Il pericolo del piano inclinato è reale. Ormai in Olanda interrompere attivamente la vita delle persone è diventato normale. I bambini non fanno più eccezione. Ecco perché dico a tutti: non approvate l’eutanasia». Ecco dove portano le crociate di chi giura di «combattere il dolore di chi è prossimo alla morte» e lamenta di dover viaggiare fino a Zurigo.