Due ore a conversazione con papa Francesco per parlare di Ucraina, Russia, tentativi di mediazione e di pace, Europa
Non capita tutti i giorni di avere una lunga conversazione con il Papa per quasi due ore. È successo giovedì 13 luglio nel pomeriggio a me ed a un gruppetto di “compagni di Messa” con i quali abbiamo appena ricordato il 50esimo del nostro anniversario. Ognuno ha potuto fare liberamente le domande che riteneva importanti proporre ed ognuno ha potuto ascoltare le risposte altrettanto libere del Santo Padre.
Per quanto mi riguarda, nel rispetto della privacy che si deve ad un momento come questo, mi sento di riferire qualcosa del nostro dialogo sulla guerra in Ucraina. Innanzitutto papa Francesco non si è detto particolarmente ottimista sulla vicenda politico-militare. Ha raccontato come all’inizio dell’invasione si recò personalmente, a piedi, presso l’ambasciata della Federazione Russa in via della Conciliazione. Avendo proposto la sua disponibilità ad incontrare subito Putin, si sentì rispondere, attraverso l’ambasciatore, persona da lui stimata, che Putin non era disposto a riceverlo perché se lo avesse fatto “non avrebbe potuto non acconsentire alle sue richieste”. Che ve ne pare? Non è comunque, in un certo senso, un’espressione di rispetto?
Per quanto riguarda l’incontro con Zelensky, il Papa si è limitato a dire che il presidente dell’Ucraina, per ora, desidera solo “difendere l’indipendenza del suo Paese”.
A proposito della missione del cardinale Zuppi ha confermato quello che tutti sappiamo: che certo non pretendeva di organizzare una conferenza di pace e che è stato già un risultato l’aver ottenuto il ritorno dei minori ucraini portati in Russia.
A questo punto il Santo Padre si è mostrato interessato della proposta di cui avevo accennato in un articolo precedente su queste pagine, cioè di promuovere insieme alla Chiesa ortodossa e ad altre organizzazioni laiche un corpo di volontari della pace che alla conclusione del conflitto si occupino del delicatissimo compito di pacificazione, e che non può essere affidato ad una pur necessaria forza militare di interposizione. Soprattutto in certe zone dell’Ucraina di fatto convivono gruppi familiari filo-russi e filo-ucraini e di fronte all’inevitabile problema della ricostruzione rischiano di alimentare nuove insanabili contese.
A questo proposito ho detto al Santo Padre che il card. Zuppi e i suoi amici della Comunità di Sant’Egidio, che hanno da tempo tanti rapporti anche con il mondo ex-sovietico, possono tranquillamente adoperarsi in questa operazione di pace. Da parte mia, nel mio piccolo, ho anche osservato che diversi dei miei studenti dell’ Accademia diplomatica di Astana, anche musulmani, sarebbero orgogliosi di partecipare a questa iniziativa di pace.
Per spiegare poi cos’è la Wagner ho anche scherzato con Papa Francesco osservando che anche a lui ne ha una a sua disposizione: la Guardia Svizzera. Per la verità la mia non era solo una battuta, perché la Wagner non è solo un gruppo di mercenari, ma una formazione che ha una base ideologica derivante sì dal nazionalismo russo, ma anche dal poco conosciuto da noi paganesimo slavo.
Mi sono permesso di raccomandare al Santo Padre una maggiore attenzione quando viene tradotto in russo, ricordando la clamorosa mistificazione su quanto detto da lui nell’incontro con Kirill a Cuba.
Infine non posso non ricordare il giudizio assai severo di Papa Francesco sull’Europa. Ha detto chiaramente che nella Comunità europea è in atto un tentativo di “dittatura democratica” che tende ad imporre a tutti i Paesi un linguaggio e dei comportamenti che non tengono conto delle differenze culturali e sociali delle diverse nazioni. Questo suscita, e non solo nella popolazione russa, il sospetto che qualcuno voglia imporre forme di pensiero e di gestione della società secondo criteri non rispettosi delle tradizioni dei popoli: la democrazia non è omologazione, ma valorizzazione delle differenze.
Naturalmente Papa Francesco ha detto molte altre cose.
Posso infine ricordare, con orgoglio, che uscendo dall’incontro il papa ha voluto ringraziarci dicendo “Grazie, esco da questo incontro edificato”.
Fonte: Edoardo Cannetta | IlSussidiario.net