«Spiegami subito cosa è». Il figlio stava dormendo. La madre, insospettita da qualche frase ascoltata, aveva fatto ciò che non bisognerebbe fare: aveva aperto lo smartphone del ragazzo, 14 anni. Come entrare senza bussare nella vita di un figlio. Ma la madre, inquieta, ha cliccato. Una chat, quattro minuti di video. La donna resta impietrita. Quelle due, sono poco più che bambine. E mentre un adolescente le stupra altri assistono e filmano. Il figlio in quel video non c’è, tuttavia lo ha ricevuto, e ha taciuto. La madre lo sveglia bruscamente. «Spiegami subito cosa è questo».
Lui sdrammatizza: «Uno scherzo…». La madre non molla. Il ragazzo infine parla: «È stato a Capodanno, qui a Firenze…».
Erano in tanti, maschi e femmine, 14 o 15 anni, ben forniti di “roba” e alcol. «Ci divertiremo a tutti», si erano ripromessi nelle chat. Alla festa arrivano anche due dodicenni. Mentono forse, dicono di essere più grandi. Forse non sono del giro di quei figli di borghesi benestanti. Chissà come sono arrivate lì. Chissà come, poi, non hanno raccontato niente.
«Era un gioco…», insiste il ragazzo. Denunciati per stupro in cinque, tutti quattordicenni. Per detenzione di materiale pedopornografico, in nove. Per la Procura di Firenze , «un assoluto svilimento delle persone offese, degradate e considerate al pari di oggetti con cui soddisfare un mero bisogno fisico». E ancora: «Superficialità e indifferenza di chi assiste divertendosi, di chi riprende con soddisfazione e curiosità».
Una faccenda ben organizzata, da giorni, prima del Capodanno. Il padrone di casa, 14 anni , è il primo responsabile dello stupro. Può essere che non sapesse quanti anni avevano davvero le due ospiti. Può essere perfino che le due, magari ubriache, fossero d’accordo, in quel “gioco”. Ma si resta atterriti nel pensare che tutto avviene fra quattordicenni, e anche “di buona famiglia”. «Assoluto svilimento delle persone offese, degradate e considerate al pari di oggetti con cui soddisfare un mero bisogno fisico», rileggi. Oggetti, due dodicenni, dei “bisogni” di un branco di adolescenti sbronzi, in una notte di Capodanno, anno 2023.
Verrebbe voglia di tacere per non scrivere parole dure su queste storie di giovanissimi, che con inquietante frequenza vengono a galla dalle cronache. Stupri di gruppo come oggi, o clochard pestati a morte, pochi giorni fa, senza una ragione. Ed è chiaro, ti dici, è evidente, che la maggior parte dei nostri figli sono bravi ragazzi. Ma ti spaventa, questo virus maligno che si diffonde e colpisce qui e là. Figli di famiglie “normali”, giovani cui non manca niente. E allora, perché?
Almeno, in questa bruttisima storia si è alzata una madre: che vede, sussulta, vuole la verità. E denuncia. Denuncia così anche suo figlio, che ha visto quel video, ed è stato zitto. Sarebbe stato forse più facile tacere, lavare i panni in famiglia. Rincuora, che una madre abbia avuto il coraggio di andare in Questura a dire: guardate. Forse perché in quei fotogrammi, fra lazzi osceni e risate, in quelle due ragazzine usate come cose ha rivisto le sue figlie, o le figlie delle sue amiche, quelle che lei chiama ancora “bambine”. Quando si parla di istinto materno si pensa alla tenerezza: sì, ma l’istinto materno può anche trasformare una madre in una tigre. Due dodicenni violate da un branco: una madre non lo ha tollerato.
Una certa Firenze ora sottosopra, i rampolli, i loro bravi ragazzi, incriminati. Sbalordimento: perché? Che cosa gli manca, che cosa non gli abbiamo dato?, si chiedono forse ora padri e madri.
Che almeno dalla storia di uno sporco Capodanno fra giovanissimi, in una villa di benestanti, emerga una domanda. «Che cosa non ricordano, cosa non sanno?»: come in un lucido verso del grande poeta Mario Luzi, fiorentino, di qualche anno fa.
Fonte: Marina CORRADI | Avvenire.it