Uno dei gruppi dei giovani ucraini che partecipano alla Gmg di Lisbona – Foto padre Roman Demush
Nello zaino di Iryna Mykhats c’è ben più di un sacco a pelo, delle magliette di ricambio, di un cappellino. C’è «il dolore per la morte di uno dei miei più fedeli amici, ucciso in guerra lo scorso autunno», confida. Iryna ha 19 anni. Vive a Leopoli. E alla Gmg di Lisbona arriva con il suo bagaglio di sofferenza e speranza. Come i ragazzi che viaggiano con lei nei pullman partiti da varie città dell’Ucraina. Sono quelli della Chiesa greco-cattolica che portano i “giovani sotto le bombe” in Portogallo dove si riuniranno con i connazionali di rito latino e i profughi in Europa. Oltre cinquecento come i giorni di guerra superati l’8 luglio. Per lo più ragazze che partecipano grazie al fondo vaticano del Dicastero laici, famiglia e vita. Perché ai maggiorenni arruolabili la legge marziale non consente di lasciare lo Stato. «Soltanto ai sacerdoti è stato permesso di uscire», spiega padre Roman Demush, vice-direttore del dipartimento di pastorale giovanile della Chiesa greco-cattolica che guida i gruppi.
Il viaggio dei giovani ucraini verso Lisbona – Foto padre Roman Demush
Sedici le ore passate alla frontiera per attraversarla. «Sapevamo che non sarebbe stato facile essere presenti alla Giornata mondiale. Ma ci saremo», dice padre Demush. Anche sfidando l’occupazione russa. Come Valentyna Velychko, 17 anni. «La guerra – racconta – mi ha sorpreso nella regione di Kherson dove il 24 febbraio 2022 ero tornata dai genitori: infatti studiavo a Melitopol. Nei primi giorni gli invasori si sono impossessati di tutto ciò che mi era di più caro. E adesso continuano a controllare la mia città». Valentina è sfollata a Zaporizhzhia. «Il conflitto mi ha stravolto la vita: ho paura di ogni rumore forte, sono stata costretta ad abbandonare la casa dove abitavamo, ma mi ha anche insegnato a credere nello straordinario potere della preghiera». Una pausa. «La preghiera ci unisce quando la città trema per i colpi d’artiglieria, mentre si è in trincea, quando si è feriti in ospedale, mentre la tua terra è occupata dal nemico». Tutto questo racconteranno a Lisbona i giovani di una nazione sotto attacco. «Mostreremo ai nostri coetanei che l’Ucraina resiste, combatte e prega – afferma Olena Syniuha, 19 anni, di Leopoli -. Lo faremo anche a nome di tutti gli amici che non possono partecipare perché ci stanno difendendo. Vogliamo che si sappia la verità». Aggiunge Anna Saprun, 24 anni, anche lei di Leopoli: «Serve far conoscere i crimini che la Russia commette. Più forte sarà il nostro grido, maggiore sarà il sostegno di cui abbiamo bisogno».
Una sosta nel viaggio dei giovani ucraini verso Lisbona – Foto padre Roman Demush
Sono ragazzi feriti nell’anima quelli che rappresentano l’Ucraina sulle rive dell’oceano. «Mai avrei pensato di odiare una persona, di gioire per la morte del nemico, di cercare vendetta. Eppure accade. La guerra ti cambia dentro», confida Maryna Holovchenko, 23 anni, di Kharkiv, seconda città del Paese, nel mirino costante di Mosca perché ad appena 50 chilometri dal confine. Ha la voce incrinata Olena Bondareva, 25 anni, che vive a Vinnytsia: «I bombardamenti ci dicono quanto sia precaria l’esistenza umana. Ma Cristo ci invita al coraggio ed è nelle sue mani che mettiamo il nostro futuro». Lo sa bene Ivanna Andrusiak: ha 18 anni e studia all’università di Kiev. «Fra maggio e giugno ho passato ogni notte nei rifugi antiaerei perché eravamo attaccati regolarmente. Appena stesa a letto, leggevo le ultime notizie: immaginavo quanto avrei potuto dormire prima di correre nel seminterrato. Ho iniziato a distinguere il fragore di un missile che centrava il bersaglio oppure che veniva abbattuto. Ma ciò che continua a spaventarmi è rendersi conto che ti sei abituata alla guerra».
Il viaggio dei giovani ucraini verso Lisbona – Foto padre Roman Demush
Allora la Gmg diventa una luce nelle tenebre. «Portiamo alla Giornata mondiale il nostro pianto, la nostra paura, la nostra rabbia ma soprattutto il nostro desiderio di pace – annuncia Maryana Stronska, 23 anni, di Leopoli -. Chiediamo a tutti di pregare per la pace che giungerà quando entrambe le parti faranno un passo l’una verso l’altra e concorderanno sul fatto che il rispetto del prossimo inizia con il rispetto dei confini della sua terra». Concorda Ivanna Bohak, 23 anni, di Ternopil, al suo primo raduno con il Papa: «Mi piace immaginarlo come un grande pellegrinaggio di pace in cui però occorre ricordare che il nostro è un Paese aggredito e si muore per i missili». All’esordio anche Cristyna Klimchuk, 18 anni, di Rivne: «Realizzo finalmente il mio piccolo, grande sogno spirituale che ho nel cuore da quando avevo 14 anni». Ce l’ha fatta. Nonostante la guerra. «Perché – conclude padre Demush – il male non ha mai l’ultima parola».
Fonte: Giacomo Gambassi | Avvenire.it