Per gli “occupabili” formazione e occupazione con Centri per l’impiego rafforzati e la nuova piattaforma. Più controlli contro il “nero” e migliore contrattazione, non il salario minimo per legge
«L’Assegno di inclusione tutela meglio i nuclei familiari e le persone fragili». La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ribadisce il risultato della riforma approvata a maggio, rivendicando anche di aver «recepito alcune delle indicazioni di riforma del Reddito di cittadinanza che i governi precedenti avevano trascurato». Quanto ai cosiddetti “occupabili”, non «vengono abbandonati: i Centri per l’impiego e soprattutto la nuova piattaforma di incontro tra domanda e offerta saranno decisivi per garantire la formazione necessaria e agevolare le occasioni di impiego». Perché, insiste, «noi continuiamo a vedere nel lavoro il rimedio vero alla povertà». Così come nella contrattazione e nei controlli rafforzati i rimedi a lavoro povero e in nero, non nel salario minimo.
Signora ministra, avete detto che non lascerete nessuno indietro, ma secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio 500mila nuclei familiari perderanno i benefici del Reddito di cittadinanza. Pensate siano tutti abbastanza facilmente occupabili? Basterà la domanda di lavoro delle imprese?
Le nuove previsioni, dettate dall’andamento positivo dell’occupazione degli ultimi mesi e dalla riduzione importante delle domande di accesso al reddito di cittadinanza, sono di 200mila uscite entro la fine dell’anno. Certamente viviamo un momento storico in cui, più del passato, ci sono migliori opportunità di occupazione. Lo Stato farà la sua parte per accompagnare gli ex percettori nel mondo del lavoro attraverso la formazione e rendendo più facile l’incrocio domanda e offerta di lavoro.
Ma i Centri per l’impiego sono pronti per la presa in carico e la formazione da garantire? Ne avete rafforzato i servizi?
Il potenziamento dei Centri per l’impiego è in corso da tempo e può offrire un contributo importante alla presa in carico delle persone in cerca di lavoro. Ma l’attuale Governo propone un approccio diverso alle politiche attive rispetto al passato. Coinvolgendo in presa diretta tutti gli attori del mondo del lavoro. In questa direzione si muove la piattaforma tecnologica Siisl – on line dal primo settembre – concepita come uno strumento di facilitazione all’accesso delle informazioni e di cooperazione paritaria tra tutti i soggetti che possono contribuire a migliorare l’incontro tra la domanda e l’offerta.
I 350 euro di Supporto per la formazione non sono troppo pochi per “sopravvivere” e poco “premianti” rispetto all’impegno che i beneficiari prendono?
L’indennità in misura fissa del Supporto, è cumulabile con altri redditi da lavoro occasionale e può essere usufruita da più persone dello stesso nucleo con persone in età da lavoro. Così da aumentare l’importo finale per il nucleo. Peraltro è una misura transitoria, poiché l’obiettivo finale resta il reinserimento nel mondo del lavoro dell’ex percettore del reddito.
Ma per tutelare i soggetti fragili, cosa avete previsto?
L’Assegno di inclusione è esplicitamente destinato alle famiglie con determinate caratteristiche: la presenza di minori, disabili, anziani over 60 anni, persone con patologie psico fisiche ovvero incaricate della cura dei familiari. I criteri di selezione e di calcolo delle integrazioni al reddito favoriscono le famiglie numerose e quelle più esposte alla condizione di povertà assoluta. Rimediano ad un limite conclamato del Reddito di cittadinanza, che era stato messo in evidenza anche dal Comitato scientifico per la valutazione del Rdc nella passata legislatura. E qui voglio sottolineare come siano diverse le proposte avanzate da tale Comitato Scientifico che non erano state recepite dal precedente Governo – come, ad esempio, il dimezzamento del requisito di residenza per le famiglie straniere, la condizione di accettare tutte le offerte di lavoro, anche di breve durata, rendendo possibile il cumulo parziale tra i sussidi al reddito e ai salari – e che sono state invece prese in considerazione dalla nuova riforma.
Sta di fatto, però, che con la riforma non c’è più una misura universale di contrasto alla povertà: il singolo maggiorenne e senza patologie, ad esempio, è escluso. Questa scelta, che tutela le famiglie, non rischia però di essere discriminatoria? Perché per voi è più efficace ed equa?
La nostra sollecitudine e attenzione sui rischi di marginalità sociale sono evidenti. I primi 88mila nuclei in stato di disagio sociale usciti dal Reddito di cittadinanza sono stati già presi in carico dai servizi sociali sin dagli inizi di luglio, così da non avere un’interruzione del sussidio. Pur consapevoli che il bisogno è generalmente multidimensionale e che alla povertà reddituale spesso si accompagnano anche quella educativa e altre forme di deprivazione sociale, continuiamo a credere che il lavoro sia sempre il mezzo migliore per porre rimedio duraturo alle condizioni di indigenza.
Sul salario minimo il Governo è intenzionato a fare una propria proposta o lascerà che sia la maggioranza parlamentare a presentarla?
L’impostazione del Governo è chiara e coerente con quanto stabilito dalla direttiva europea sulla materia che non prevede affatto il vincolo di introdurre il salario minimo per legge. Con le parti sociali esiste un ampio margine di intervento per cercare di rimediare alle criticità che pure esistono, per contrastare il lavoro sommerso e per favorire una crescita dei salari collegata alla straordinaria potenzialità di incremento della produttività indotta dalle nuove tecnologie. In coerenza con quanto deciso dal Parlamento, il tema sarà al centro dell’agenda politica da settembre.
L’intenzione, a grandi linee, è comunque quella di estendere erga omnes i minimi previsti dai contratti collettivi nazionali senza un “minimo” legale di base uguale per tutti?
Non partiamo da zero. L’interpretazione storica offerta dalla Corte costituzionale dell’art.36 della Costituzione – che identifica il giusto salario con l’attuazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – ha contribuito non poco ai risultati appena richiamati. Il lavoro sommerso è una criticità reale, e non vi è alcuna certezza che l’introduzione del salario minimo legale possa sconfiggere questa piaga. Semmai, potrebbe accadere il contrario. Bisogna lavorare tutti insieme per migliorare le condizioni nel mondo del lavoro.
Ma come pensate di contrastare il lavoro irregolare e quello grigio e “povero”?
Anzitutto, non trascurando la funzione dei controlli, che stiamo potenziando. E poi creando sistemi territoriali per l’incontro della domanda e offerta di lavoro trasparenti con il concorso delle parti sociali ad esempio nei settori dell’agricoltura, del turismo, dell’edilizia. Il contrasto dell’evasione, con l’utilizzo delle nuove tecnologie e della tracciabilità delle prestazioni lavorative, può offrire un grande contributo anche per la regolarità delle prestazioni e dei rapporti di lavoro.
Sarà sufficiente? La magistratura di Milano ha portato alla luce molti illeciti nell’utilizzo di manodopera, in particolare di false cooperative, “costringendo” di fatto grandi gruppi a non ricorrere più a esternalizzazioni e ad assumere 11mila lavoratori. Non serve una revisione delle norme sui subappalti o maggiori controlli?
Conosciamo questi illeciti perché abbiamo un sistema di controlli molto attivo. L’Ispettorato del Lavoro sta procedendo a chiamare in servizio i 1.000 vincitori di concorso al fine di aumentare la sua presenza e capillarità sul territorio, migliorando allo stesso tempo ulteriormente l’efficacia della sua azione. In questa attività siamo coadiuvati dal Nucleo Carabinieri tutela del lavoro e dalla Guardia di Finanza. E il coordinamento tra le forze di vigilanza sta dando concreti risultati nel contrasto ai fenomeni di illeciti nel mondo del lavoro.
Fonte: Francesco RICCARDI | Avvenire.it