Long Covid, studio spagnolo su sintomi: “Scarse possibilità di guarigione, preoccupante è il fatto che siano rare”. Cosa dicono i risultati anche su impatto del vaccino
Sono diversi i fattori che incidono nello sviluppo dei sintomi del Long Covid e nel processo di recupero di chi guarisce dall’infezione. Ad approfondirli è uno studio spagnolo, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista scientifica The Lancet. I ricercatori hanno condotto un’analisi prospettica di coorte in due anni per valutare l’evoluzione e presentazione clinica del Long Covid, tra cui i fattori che si associano all’insorgenza, al recupero e alle possibili sottosindromi. Si tratta di una condizione che affligge il 5-10% delle persone che guariscono dal Covid e si manifesta con un’ampia gamma di sintomi, come mal di testa, affaticamento, tachicardia, problemi neurosensibili e neurocognitivi e dispnea e altre condizioni mediche che causano conseguenze fisiche, psicologiche e sociali, con un impatto anche sulla qualità della vita. Nello studio, che coinvolge 548 persone guarite dal Covid e seguite da una struttura spagnola, è stato esplorato il possibile impatto dei vaccini anti Covid sui sintomi del Long Covid a breve termine.
I risultati dello studio indicano che i sintomi acuti e altri fattori, come condizioni mediche preesistenti e fattori socioeconomici (ad esempio, gli individui con un’istruzione terziaria o superiore avevano meno probabilità di soffrire e più probabilità di guarire da Long Covid), svolgono un ruolo importante nello sviluppo dei sintomi e nel processo di recupero. «Preoccupante è il fatto che, nonostante l’ampio tempo di follow-up del nostro studio (mediana di 23 mesi, il più ampio finora), la guarigione dal Long Covid è stata eccezionalmente rara nella nostra coorte: 8% in generale e 13% per il cluster più favorito. Questi dati sono peggiori di quelli riportati da precedenti studi osservazionali», scrivono i ricercatori. Le scarse probabilità di guarigione dal Long Covid nei primi due anni sottolineano che, fino a quando la trasmissione continuerà, i soggetti con Long Covid continueranno ad accumularsi, motivo per il quale «i sistemi sanitari europei devono essere preparati ad assorbire e gestire questa domanda».
STUDIO LONG COVID: RISULTATI SU IMPATTO VACCINO
Il gruppo è stato poi diviso in tre cluster in base ai sintomi. Nel primo, caratterizzato da affaticamento, le persone si sono riprese dai sintomi del Long Covid durante le visite di follow-up. I ricoverati in terapia intensiva, che aveva manifestato alterazioni del senso del gusto o dell’olfatto e perdita di appetito o che soffrivano di malattie cardiovascolari, sono stati indicati come soggetti con probabilità di recupero dai sintomi. Invece, chi ha avvertito ridotta attenzione, dolore muscolare, tachicardia o dispnea ha mostrato una probabilità molto inferiore di recupero dal Long Covid. Per quanto riguarda, invece, l’impatto a breve termine dei vaccini sui sintomi del Long Covid, è stato chiesto ai partecipanti di indicare se la vaccinazione li avesse migliorati o peggiorati, in modo transitorio o duraturo, in rapporto alle condizioni generali durante il mese precedente la somministrazione del vaccino. La maggior parte (217 su288, quindi il 75,3%) delle persone con Long Covid e almeno una dose di vaccino non hanno riscontrato alcun cambiamento nei sintomi persistenti dopo la prima dose. Solo tre persone hanno riferito un miglioramento dei sintomi dopo la prima dose, invece 25 pazienti con Long Covid hanno descritto un peggioramento dei sintomi in corrispondenza della somministrazione del vaccino (transitorio in 21 e prolungato in 4).
La maggior parte delle persone che hanno indicato un peggioramento dei sintomi dopo la prima dose di vaccino Covid, si sono sentite peggio anche dopo le somministrazioni successive. Ma i ricercatori precisano che «tutti i soggetti sono stati infettati per la prima volta durante l’era pre-Omicron e quasi nessuno di loro era stato vaccinato in precedenza contro la SARS-CoV-2, il che invita alla cautela nell’estrapolare i nostri risultati agli attuali casi di Long Covid». Pertanto, aggiungono che «non si deve estrapolare una relazione causale tra la vaccinazione contro la SARS-CoV-2 e l’evoluzione clinica del Long Covid. Allo stesso modo, le associazioni tra fattori clinici e socioeconomici e l’evoluzione longitudinale del Long Covid non devono essere interpretate come causali». In definitiva, i risultati evidenziano che, mentre alcuni cluster di sintomi c’è una maggiore probabilità di recupero dal Long Covid, d’altra parte le condizioni mediche preesistenti, la gravità dei sintomi iniziali del Covid e i fattori socioeconomici svolgono un ruolo importante nella prognosi dei pazienti.
Fonte: Silvana PALAZZO | IlSussidiario.net