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Studiate i saperi “inutili” perché non tutto è profitto

Pubblichiamo un estratto della lettera che il vescovo di Ragusa, monsignor Giuseppe La Placa, ha scritto agli studenti in occasione dell’inizio dell’anno scolastico (fonte: Diocesi di Ragusa)

[…] Platone racconta che Socrate, poco prima di bere la cicuta e morire, ricevette in carcere un maestro di cetra. Alla domanda: «A che ti serve imparare a suonare la cetra se poi morirai?», il filosofo rispose: «A suonare la cetra prima di morire». Come a dire che ci sono cose che hanno un valore in se stesse, sono un bene in sé, al di là della loro utilità.

Oggi – lo sapete bene – viviamo in una società in cui vige la ferrea legge del profitto. Tutto ciò che produce utile e guadagno detta legge su ogni ambito della vita e ciò che è “gratuito” e “disinteressato”, è spesso immolato sull’altare dell’efficienza e della competitività. Ci si mette in gioco e si impiegano le migliori energie per possedere “ciò che è utile”senza accorgersi che ci sono molte cose “che non servono a niente”, se non a migliorarci come persone e ad accrescere la nostra dignità e il nostro benessere interiore.

L’utilità dell’inutile è il titolo di un bellissimo saggio apparso in libreria qualche tempo addietro. Un testo che potremmo definire un prezioso manifesto di resistenza culturale contro la logica dell’utilitarismo. In esso l’autore, professore universitario di letteratura italiana, recentemente scomparso, racconta come i grandi uomini di cultura, filosofi, letterati, scienziati, artisti, hanno tessuto, nel corso secoli, l’elogio dei “saperi inutili”, di quei saperi cioè che non producono “entrate”, che non generano guadagni e che, per questo, vengono considerati inutili in una società in cui contano solo i soldi e il profitto.

Ma proprio di ciò che viene considerato inutile, proprio di quei “saperi senza profitto”, della letteratura, dell’arte, della filosofia, della musica, del teatro, ma anche di quei “luoghi inutili” come i musei, le biblioteche e gli archivi, noi, carissimi ragazzi, abbiamo profondamente bisogno, più dell’aria che respiriamo. La conoscenza della verità, infatti, l’esperienza del bene, la fruizione della bellezza – ha scritto qualcuno – non valgono in funzione dei risultati che possono produrre, ma hanno una ricaduta sulle persone e sulle comunità, che le rendono più vantaggiose, per gli esseri umani, di tutte le cose “utili”. Chi contempla un capolavoro è innamorato della sua bellezza in modo gratuito e disinteressato. Non cerca null’altro. Meno che mai, dei vantaggi materiali.

Quando ammirate la “Pietà” di Michelangelo o gli splendidi affreschi del Cascone nel Battistero della nostra Cattedrale o contemplate la maestosa bellezza del Duomo di San Giorgio, quando visitate una mostra o ascoltate Beethoven, sperate forse di ricavarne un profitto economico? Certamente no! E tuttavia, quell’ascolto e quella contemplazione hanno un’intima risonanza che vi trasforma nel momento in cui ne fruite e – anche se non ve ne accorgete – diventa in voi forza generatrice di senso e pienezza di vita.

Carissimi amici, voi che avete la fortuna di vivere nell’era dei tablet e della rete, della tecnologia e del digitale, avete però ancora diritto ad una scuola in cui si continui ad insegnare, con competenza e passione, letteratura e arte, storia e filosofia, latino e greco, saperi capaci di tirar fuori il bene e il bello che c’è in voi e attorno a voi.

“Saperi inutili”? Che non servono a risolvere i problemi pratici? Forse! Niente, tuttavia, è più necessaria di questa “inutilità”. Perché è il nutrimento del vostro spirito. E voi, nella parte migliore di voi stessi, siete principalmente spirito. […]

Fonte: Giuseppe La Placa |  IlTimone.org

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