Papa Francesco ha affidato al cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, una missione di pace per tentare di mettere fine alla guerra tra Ucraina e Russia. L’unico in grado di poter svolgere una mediazione tra le parti in conflitto pare essere proprio Papa Francesco, rispolverando l’antica funzione arbitrale svolta dal Romano Pontefice.
L’articolo originale, di cui questa è la traduzione italiana, è stato pubblicato il 25 settembre sulla rivista online francese “Le Dialogue” , dove potete leggerlo nella sua versione originale in lingua francese.
Il 20 maggio 2023 la Sala stampa vaticana ha dato notizia che Papa Francesco ha affidato al cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e arcivescovo di Bologna, una missione di pace per tentare di mettere fine alla guerra tra Ucraina e Russia. «Posso confermare – ha detto nell’occasione il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, rispondendo alle domande dei giornalisti – che Papa Francesco ha affidato al cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’incarico di condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni del conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace». Il card. Zuppi, quando era un semplice sacerdote, aveva già svolto con successo il compito di mediatore nel processo di pacificazione che portò alla fine della guerra civile in Mozambico, nel 1992.
Nello svolgimento di questo incarico, il porporato si è recato a Kiev il 5 e il 6 giugno e a Mosca il 28 e il 29 giugno, accompagnato da un ufficiale della Segreteria di Stato vaticana. In questa prospettiva di pacificazione, al rientro, il 16 giugno scorso, dalla sua degenza al Policlinico Gemelli di Roma dopo l’intervento all’addome, Papa Francesco ha incontrato il metropolita Antonij di Volokolamsk, presidente del Dipartimento degli affari esterni del Patriarcato di Mosca, per pianificare la seconda tappa del viaggio del card. Zuppi, appunto quella moscovita, mentre parallelamente il Papa ha inviato per la sesta volta in Ucraina il card. Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il servizio della carità.
In una intervista concessa il 22 agosto a Il Sussidiario a margine del quarantaquattresimo Meeting per l’amicizia tra i popoli, che si svolge ogni anno a fine agosto a Rimini,ni grazie a Comunione e Liberazione, il card. Zuppi ha affermato: «Tutti quanti vogliono la pace, perché la guerra è terribile. Le ragioni degli uni e degli altri, invece, portano purtroppo a punti di vista molto diversi. Queste diversità non devono far perdere a noi la chiarezza della responsabilità, dell’aggressore e dell’aggredito. Dobbiamo credere che ci sia un modo per arrivare a una pace giusta e sicura non con le armi ma con il dialogo punto c’è la guerra perché l’uomo ha disobbedito al comandamento di Dio di non uccidere e in maniera diretta o indiretta si è reso complice del male».
Secondo il porporato, oltre alla disubbidienza a Dio, gli altri fattori che hanno causato questo conflitto, come gli altri conflitti di quella che, riprendendo le parole di Papa Francesco, sarebbe una “terza guerra mondiale a pezzi”, sono i nazionalismi esasperati e la poca incidenza politica dell’Unione Europea: «Dovremmo cercare una ripresa dello spirito europeo se vogliamo garantire ai figli un nostro futuro di pace. Il problema dei nazionalismi, qualunque essi siano,è che, se si collocano in un respiro ampio, universale, prima o poi diventano pericolosi perché contrappongono e dividono. Purtroppo l’Unione Europea fa troppo poco, dovrebbe fare molto di più. Deve cercare in tutti i modi di aiutare iniziative per la pace, seguendo l’invito di Papa Francesco a una pace creativa».
Nonostante questa iniziativa la guerra, purtroppo, continua, anche a causa della non volontà delle parti di rinunciare a qualcosa; eppure si iniziano, forse, a vedere i primi spiragli di pace. Ci sono segnali che gli Stati Uniti, di fronte agli scarsi successi della controffensiva ucraina, stiano facendo pressioni su Zelensky perché trovi un accordo, preoccupati, probabilmente, dal fatto che la continuazione della guerra, con un possibile sgretolamento della Russia, favorisca la Cina, principale loro competitor.
Recentemente si nota qualche segnale positivo. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha annunciato in questi giorni che il presidente della CEI, il card. Zuppi, tornerà «presto» a Mosca e alcuni ipotizzano, in questa occasione, un incontro diretto tra Zuppi e lo stesso ministro degli Esteri russo e non, come la volta scorsa, con personaggi di secondo ordine nella gerarchia russa, tanto da far titolare al Corriere della Sera del 18 settembre: «Vaticano-Russia. La tela possibile». Paolo Mieli (ex-direttore del quotidiano, personaggio assai importante e informato nell’ambiente della stampa italiana e non solo), autore dell’articolo, pubblicato in prima pagina, commenta che «(…) l’annuncio del ministro degli Esteri russo può essere un segnale di una qualche importanza. Un segnale per chi spera in una sorpresa positiva nella guerra d’Ucraina (…)». Un personaggio della caratura e della prudenza di Mieli non si sarebbe esposto in questa maniera se non avesse notizie certe.
Il coinvolgimento della Santa Sede nei processi di pace non è un’idea peregrina e rilancia un tema molto interessante, da anni caduto nel dimenticatoio: quello della funzione arbitrale del Papa e della Santa Sede nella risoluzione delle controversie internazionali. Nel Medioevo era una cosa comune, ma anche in tempi più recenti il Papa e la Santa Sede hanno risolto diversi conflitti tra Stati sovrani. Lo ha ricordato appena tre anni fa, il 6 novembre del 2020, mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati (una sorta di Ministro degli esteri della Santa Sede) nel suo discorso in occasione del quarantesimo anniversario dell’accordo tra Perù e Santa Sede, sottoscritto a Lima il 19 luglio 1980, citando due episodi non lontani nel tempo, uno risalente agli anni Ottanta del secolo scorso e un altro al 1885 (cfr. Stefano Nitoglia, Guerra Russia-Ucraina: Papa Francesco arbitro tra le parti?)
«Per facilitare il dialogo tra le parti occorre individuare strumenti e occasioni di incontro», ha detto mons. Gallagher, ricordando che «negli anni Ottanta presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato trovò collocazione un apposito Ufficio per la mediazione pontificia. In concreto, si trattava di sviluppare i contenuti giuridico-politici necessari per porre fine alla disputa territoriale tra l’Argentina e il Cile sul Canale di Beagle, all’estremo Sud del Continente americano. Obiettivo realmente raggiunto il 29 novembre 1984 con la conclusione del Trattato di Pace e di Amicizia, mediante il quale le parti davano effetti obbliganti alla soluzione del contenzioso così come proposta dalla Santa Sede».
«Un tale tipo di azione pacificatrice», proseguiva il prelato, «ha radici ben più antiche nelle mediazioni medievali pro pace reformanda inter gentes, ed era già stata esercitata in tempi più recenti, come ricorda l’arbitrato condotto da Papa Leone XIII nel 1885 per porre fine al conflitto che opponeva la Spagna e la Germania per la sovranità sulle Isole Caroline, e giunge fino al più recente coinvolgimento della Santa Sede nel facilitare un Accordo tra Cuba e gli Stati Uniti d’America, per avviare una nuova stagione di relazioni diplomatiche dopo decenni di sola contrapposizione. A chi volesse leggere questi fatti come accadimenti meramente politici e slegati da una dimensione più spirituale ed ecclesiale, basti ricordare che nei casi qui richiamati, sono stati proprio i Vescovi locali e, comunque, la presenza e il ruolo positivo svolto dalla Chiesa in quei Paesi, a ritenere essenziale un intervento diplomatico diretto della Santa Sede».
Gli strumenti giuridici, quindi, ci sono e non sono obsoleti. La figura di Papa Francesco, che pur condannando l’aggressione della Russia all’Ucraina non ha voluto attribuire tutte le responsabilità a una sola parte, sembra la più indicata ad esercitare questa operazione di mediazione o di arbitrato tra le parti in conflitto. L’ora è grave. La minaccia di una guerra nucleare incombe. Più volte il Papa lo ha ribadito.
Fonte: Stefano Nitoglia | AlleanzaCattolica.org